Quando, nel 1929, il cinema cessò di essere muto, alcuni registi, tra cui Ejzenstejn, ritennero che il sonoro fosse un inutile eccesso di realismo, e continuarono a non utilizzarlo nei loro film. Questo atteggiamento sembrava contraddire l’originaria vocazione del cinema al sonoro, un’aspirazione implicita nella persistente presenza, in tutto il cinema muto, delle didascalie e dall’accompagnamento al pianoforte nelle sale cinematografiche. Il primo film sonoro, di Alan Crosland, nel titolo già annunciava, e quasi sembrava festeggiare, le nuove possibilità offerte dal suono: si chiamava Il cantante jazz (1929), e mostrava un cantante di colore che si esibiva davanti a un pubblico in estasi.
I critici cinematografici Giacomo Gambetti e Giuseppe Ferrara mostrano gli strumenti utili al lavoro di registrazione dei suoni di un film: le trasmittenti e le riceventi collegate ai registratori, i microfoni e le giraffe. Avvalendosi di immagini di repertorio, tratte da film come Giovanna d`Arco, film muto del 1928 di Carl Theodor Dreyer, e di interviste a registi e tecnici del suono, l’unità audiovisiva ricostruisce la storia del film sonoro e descrive le tecniche di registrazione del suono.
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