La vera natura di Caravaggio

Un racconto in serie di Tomaso Montanari

Nessun artista della nostra storia ha saputo dire la verità con la forza e la coerenza di Caravaggio, la verità sulla fragilità del nostro corpo, ma anche quella sulla potenza del nostro sguardo

In una serie originale di dodici puntate, lo storico dell'arte Tomaso Montanari segue minuziosamente le orme di Caravaggio, anno per anno, rivelando la vera natura del grande  pittore lombardo.

Chi è stato e cosa è stato, Michelangelo Merisi da Caravaggio? 
In cosa fu rivoluzionario? Perché lo sentiamo ancora tanto vicino e urgente? Perché ci sconvolge ancora? 
E cosa si può dire oggi di un artista trasformato in icona pop da un mercato dell’arte che antepone il consumo alla conoscenza, il vorace sensazionalismo allo studio approfondito e alla comprensione vera dell’arte e della storia?

Montanari affronta la vicenda biografica e artistica di Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610), con un approccio scientifico che attinge notizie e fatti dalle fonti dell’epoca e dagli scritti di attenti studiosi. Il risultato è quello di una biografia e di un’interpretazione artistica del pittore veramente originale, nuova e suggestiva, non priva di sorprendenti scoperte. In un racconto empatico ed appassionante, lo storico dell'arte fa luce sulla verità di vecchi documenti, intrecciando il racconto con gli sguardi inediti di chi vedeva i quadri di Caravaggio per la prima volta e sentiva il bisogno di scriverne.

Montanari penetra "la vera natura di Caravaggio", anche perché entra nelle tele e da esperto, segue i tratti del pennello, legge i nessi con il contesto, sia esistente, sia ormai perduto 

Lo storico dell'arte racconta e analizza i diversi personaggi dipinti da Caravaggio in situazioni, apparenze e gesti veramente inuovi per la pittura dell'epoca: le braccia di San Paolo tese al cielo, i piedi sporchi dei pellegrini, la mano levata del Cristo che chiama a sé Matteo, le labbra livide del Bacco malaticcio, le gambe gonfie della Vergine morta, le dita di Tommaso che entrano nel costato di Cristo, la bocca orrenda della Medusa, quella terrorizzata di Isacco. Modelli, vecchi e giovani che tornano nei suoi quadri come presenze amiche e vivissime, da Abramo, Pietro e Matteo, all’Amore vincitore e al San Giovannino, fino ai tratti inconfondibili di Annuccia la Rossa, Fillide Melandroni, della Lena e le tante “bagasce” con cui Caravaggio dava volto alle sue Maddalene e Madonne. E ancora, la luce dello studio del pittore che penetra nella tela, la frutta bacata della Canestra, i riflessi sulle brocche d'acqua, la bava dei cavalli, i drappi di velluto rosso, le vere ali degli angeli, le vesti strappate dei poveri e tanto altro tra i molti oggetti di scena. 
Molti anche gli Autoritratti di Caravaggio in cui appare ai margini della tela, testimone di scene drammatiche, o con il volto, in primissimo piano. Emblematiche le tre versioni di Davide con la testa di Golia, dove il gigante appena decapitato, è testimone di quel “coraggio della verità” a cui il pittore non ha mai rinunciato, pur vivendo, dal 1606, ossessionato per la decapitazione in seguito alla pena capitale inflittagli per omicidio. L'ultimo, quello più drammatico e scuro, è un Caravaggio fuggitivo, che peregrina tra Napoli, la Sicilia e poi Malta, fino a morire, solo, sulla spiaggia di Porto Ercole, ad appena 38 anni.
Montanari racconta la rivoluzione pittorica di Caravaggio; il suo naturalismo e l’aderenza al vero, la formazione fatta sugli artisti lombardi che lo hanno preceduto, il rapporto con il mondo della committenza romana, l’epoca storica in cui viveva, gli uomini e le donne di cui si circondava, i nemici e coloro che lo hanno protetto. 

Perché non si possa più parlare di ‘capolavori assoluti’, ma solo di capolavori relativi, cioè connessi tra loro e connessi al mondo, Montanari tesse una fitta rete di relazioni figurative e culturali

Una ricerca che conduce ad ascoltare le flebili ma decisive voci delle carte d’archivio: l’atto di battesimo del Merisi nella Diocesi di Milano; il contratto che lo vede, giovanissimo e tirocinante, nella bottega milanese di Simone Peterzano, un allievo di Tiziano; le note papali dell’Archivio Segreto Vaticano e i manoscritti della Biblioteca Nazionale di Malta con la sua ammissione all’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni e la successiva cacciata, quale “membro putrido e fetido”. 
Accompagnano, scandiscono e nutrono il racconto, le molte fonti storiografiche magistralmente gestite e lette da Montanari, a partire dal Seicento, fino al Novecento. Le Considerazioni sulla pittura che il medico, pittore e collezionista Giulio Mancini (1559–1630), scrisse e aggiornò in più fasi, a partire dal 1617 fino al 1628. Le Vite del pittore Giovanni Baglione (1573–1643) e di Giovan Pietro Bellori (1613-1696), pubblicate, rispettivamente, nel 1642 e nel 1672. E ancora, le biografie settecentesche dei pittori e scrittori d'arte, Bernardo De Dominici (1683-1759), per quanto riguarda il soggiorno napoletano di Caravaggio, e Francesco Susinno (1670-1730), per il periodo siciliano. 
Nel Novecento, infine, fondamentale su tutte, la voce altissima del critico e anche collezionista dell'artista, Roberto Longhi (1890-1970), attraverso il quale Caravaggio esce in tutta la sua grandezza di artista e di uomo tormentato, che porta nel quadro la realtà in un percorso pittorico che arriva al Novecento (Longhi e Caravaggio, artista moderno e 'popolare').   
Tra le carte e le testimonianze, non mancano gli atti giudiziari, le inchieste e le sentenze dei tribunali che hanno visto Caravaggio protagonista di risse, aggressioni e duelli, fino all’omicidio, nel 1606, di Ranuccio Tommasoni. 

Ma soprattutto, Montanari analizza i quadri centimetro per centimetro, nella forma e nella sostanza, un esame della pittura come in video si era visto raramente 

Montanari, come Caronte, accompagna lo spettatore nei luoghi di Caravaggio, nella Roma notturna della sua bohème e davanti alle sue opere d’arte, nei musei, nelle chiese e nei palazzi, in un viaggio che, in giro per il mondo, parte da Milano fino alla città eterna, per giungere poi a Napoli, Siracusa, Malta e ancora, le molte opere oggi sparse tra Parigi, New York, Madrid e Kansas City, luoghi che conservano quadri fondamentali del Merisi. 
Dalle grandi pale d’altare romane di San Luigi dei Francesi, di Santa Maria del Popolo, di Sant’Agostino, fino alle mezze figure dipinte per la committenza privata e le opere che il nipote di papa Paolo V, Scipione Borghese (1577-1633), ha commissionato all’artista, o si è procurato, in modo più o meno lecito, quando Caravaggio ha lasciato Roma per scampare alla condanna a morte. Dalle navate delle chiese di Roma, il viaggio prosegue in quelle di Napoli, Siracusa, fino alla Concattedrale de La Valletta, a Malta.
Di volta in volta, le opere di Caravaggio appaiono dove sono  ancora oggi collocate, ma anche dove quelle tele non ci sono più, purtroppo perdute per sempre: Cristo sul Monte degli Ulivi (1605) e San Matteo e l'Angelo (1602), furono distrutte nel 1945, a seguito dell'esplosione del Flakturm Friedrichshain, deposito di sicurezza di Berlino, mentre la Natività di Palermo (1600), dell’Oratorio di San Lorenzo, fu rubata nell'ottobre del 1969 e mai più ritrovata (Il Caravaggio rubato dalla mafia. Una storia senza nome).
Montanari, introduce anche l’unica pittura murale di Caravaggio, realizzata in una grande villa suburbana della Roma del Seicento, il Casino Ludovisi. E non mancano i palazzi di collezionisti e committenti dell'artista: le grandi sale del piano nobile di Palazzo Madama e Palazzo Giustiniani, oggi sedi del Senato della Repubblica, un tempo residenza dei grandi stimatori e protettori romani di Caravaggio, il cardinale Francesco Maria Del Monte (1549-1626) e il marchese Vincenzo Giustiniani (1564-1637). Montanari si sofferma di di fronte alle pareti su cui erano appesi, tra gli altri, I bari (Texas), il Suonatore di liuto (San Pietroburgo), l’Amore vincitore (Berlino). A Palazzo Mattei, lo studioso racconta la Cattura di Cristo (Dublino) e in Santa Maria della Scala, a Trastevere, mostra la cappella in cui la Morte della Vergine (Louvre) non fu mai stata collocata. 
Infine, il viaggio alla scoperta della vera natura di Caravaggio, conduce lo spettatore dentro ai più grandi musei del mondo: gli Uffizi, la Pinacoteca di Brera, la Galleria Borghese, la Galleria Doria Pamphili, il Louvre, l’Ermitage, il Metropolitan, il Prado, la Gemaeldegalerie, il Thyssen Bornemisza, il Kunsthistorisches Museum, il Palazzo Reale di Madrid, fino al laboratorio di restauro della National Gallery di Londra.

1 puntata 
Le vie dei Campi 
Nella prima puntata, qui proposta, Montanari introduce le origini di Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610), i luoghi tra la Lombardia e la terraferma veneta, le suggestioni familiari, le radici della sua arte. Un approccio critico all’opera del Caravaggio che parte dai documenti d’archivio, dove sappiamo della sua nascita e dai luoghi in cui è cresciuto, delle immagini che ha visto da bambino, rimaste per sempre impresse nella sua memoria.
Con Caravaggio, incrociamo la grande tradizione artistica del Cinquecento veneto e lombardo, che riaffiora continuamente nella sua opera. La pittura che da GiorgioneTiziano arriva a Simone Peterzano (1535-1599), artista presso il quale Caravaggio, appena tredicenne, compie il suo apprendistato. In questo contesto, scopre “l’umile pittura della realtà” degli artisti lombardi del secondo Cinquecento: Lorenzo Lotto (1480-1557), Moretto (1498-1554), Savoldo (1480-1548), Moroni (1520-1578), e i fratelli Giulio (1502-1572), Vincenzo (1536-1591) e Antonio Campi (1524-1587).
Queste suggestioni, Caravaggio le porterà sempre con sé e presto, le farà esplodere a Roma in un contesto culturale completamente diverso. Perché la sua rivoluzione pittorica affonda le radici nelle strade del Nord Italia, per poi muovere i primi passi, profondamente imbevuto di cultura lombarda, verso Roma.

2 puntata
Senza recapito e senza provvedimento
Montanari indaga il primissimo periodo di Caravaggio a Roma, dall’estate del 1592, quando arriva nella capitale, al 1593, quando il Cardinale Francesco Maria Del Monte (1549-1626) acquista la sua prima opera. Un anno di stenti, in cui il pittore dipinge molto per se stesso e poco per il mercato, realizzando mezze figure, ritratti di osti e di garzoni di bottega. 
Sull'arrivo di Caravaggio a Roma, ancor oggi sono in corso accesi dibattiti; alcuni critici, ritengono che l'artista sia giunto nel 1596, riferendosi a un documento d'epoca che lo dice nell'Urbe nel 1597 (Dentro Caravaggio). Altra tesi molto affascinante, quella di Claudio Strinati che lo ritiene si a Roma attorno al 1592-'93, ma "inattivo come pittore", almeno fino al 1596 (Claudio Strinati racconta Caravaggio).  
Ragazzo che monda un frutto (1592-'93), lo si conosce solo attraverso numerose copie, almeno dodici; il Bacchino malato (1593-'94), della Galleria Borghese, probabilmente è un suo autoritratto allo specchio; il Ragazzo con la canestra di frutta (1593-'94), anch’esso alla Borghese, e il Ragazzo morso da un ramarro (1595-'96), che conosciamo in due versioni autografe, la prima conservata alla Fondazione Longhi di Firenze, la seconda e successiva, della National Gallery di Londra.
L’opera che segnerà una svolta, perché comprata dal cardinal Del Monte per la sua residenza a palazzo Madama, dove presto Caravaggio stesso sarà ospite, è I bari (1594-'95), oggi nel Museo di Fort Worth, in Texas. Le "Tre mezze figure a un gioco di carte”, come scriveva Pietro Bellori (1613-1696), uno dei biografi più importanti degli artisti seicenteschi, è la prima opera in cui Caravaggio dipinge delle figure in azione, il primo quadro in cui la strada e la vita quotidiana entrano in una tela.

3 puntata
Servizio e libertà 
Dopo l’acquisto de I bari e della Buona Ventura (1595-'97), il cardinal Del Monte chiama Caravaggio a Palazzo Madama. Qui, l'artista dipinge il Concerto (1597) e conosce Vincenzo Giustiniani (1564-1637), banchiere genovese, forse il suo grande committente, per cui realizza Il suonatore di liuto (1597). 
Da ora in poi, a Caravaggio arriveranno solo commissioni importanti e soprattutto, molta protezione da parte di importanti personaggi, Del Monte in primis. Accanto alle commissioni pubbliche, tuttavia, Caravaggio continua, per sé stesso, la sua personalissima ricerca artistica. Nascono così la Maddalena pentita (1595) e il Riposo durante la fuga in Egitto (1595), opere in cui si può leggere il gioco sottile tra realtà e finzione e dove la “strada”, che irrompe ancora sulla tela, ora accoglie il soggetto sacro. 
E’ il mondo che circonda Caravaggio, il suo modo di vedere la realtà e la vita quotidiana, il vero soggetto di queste opere, così come i modelli sono le persone che lo circondano. Si veda la seconda versione della Buona Ventura, dove Caravaggio affina lo studio dei volti, le espressioni e i sentimenti dei suoi personaggi. Stessa cosa, nel San Francesco in estasi (1594-'95), il primo notturno di Caravaggio, dove il corpo in posa dipinto nello studio, viene poi ambientato in uno strepitoso paesaggio naturale.

4 puntata
Il corpo delle cose
Caravaggio comincia a rompere gli schemi. 
“Tanta manifattura gli è a fare un quadro buono di fiori come di figura”, riferisce il marchese Giustiniani. Per Caravaggio la pittura sacra, quella di storia e quella di oggetti, stanno sullo stesso piano, come di evince dalla spettacolare natura morta, la Canestra di frutta (1595) dell’Ambrosiana, che apre le porte all’arte moderna. 
Anche il Bacco (1595) degli Uffizi è un’opera che precorre la storia dell’arte, perché questo “torpido e assonnato garzone da osteria”, come scrisse Roberto Longhi, dialoga direttamente con lo spettatore e si rivolge a chi lo guarda. Un’opera “transitiva”, si è detto, che porta la sua azione verso chi sta fuori della tela. 
Accanto a Bacco, nella stessa sala degli Uffizi, una delle immagini di Caravaggio che con forza è penetrata nel nostro immaginario, la Medusa (1598 ca.), una figura che restituisce l'immagine di un artista ossessionato dalle teste mozzate con cui dovrà presto imparare a fare i conti. 
Di questo periodo, è anche l’unica pittura murale di Caravaggio: il Giove, Nettuno e Plutone (1597) di Villa Ludovisi, dove l’artista immagina, in un’improbabile scorcio, gli dei dell’Olimpo, nudi e sul cornicione di un palazzo, in posizione funambolica.

5 puntata    
Storie senza azione
Sullo scorcio del secolo, Caravaggio allarga la sua committenza. Oltre a cardinal Del Monte e a Vincenzo Giustiniani, per i quali Caravaggio continua a lavorare, arrivano commesse anche dal banchiere genovese Ottavio Costa, per cui dipinge Marta e Maria Maddalena (1598) di Detroit e la Giuditta che decapita Oloferne (1599) di Palazzo Barberini (I Caravaggio di Scipione Borghese). Nelle due opere, si riconoscono una delle sue modelle, Fillide Melandroni, una cortigiana senese che aveva già prestato il volto alla Santa Caterina d’Alessandria (1598-'99) del Museo Thyssen di Madrid. Di questi anni, anche il Davide e Golia (1598) del Prado.
Accanto alla committenza privata, Caravaggio si misura con le prime e grandi opere pubbliche. Un vero e proprio salto di qualità, che comincia con le grandi tele di San Luigi dei Francesi, dove dipinge, nei laterali della Cappella Contarelli, la Vocazione e il Martirio di San Matteo (1599-1600), e prosegue con le tele di Santa Maria del Popolo, la Conversione di Saulo e la Crocifissione di Pietro (1600-1601). “Storie senza azione”, secondo la definizione del Bellori, in cui Caravaggio tocca il vertice della sua arte, segnando un punto di non ritorno nella storia dell’arte moderna.

6 puntata
Amor sacro e amor profano
Caravaggio torna a dipingere per San Luigi dei Francesi una pala d’altare con San Matteo e l’angelo (1599-1600), opera che andrà distrutta nel bombardamento di Berlino del 1945. Il quadro, che non piace perché privo di “decoro”, finiva tra le opere di Vincenzo Giustiniani. Caravaggio ne dipinge un altro nel 1602, ed è un successo tra aristocratici, cardinali e prelati che, da ora in poi, chiedono opere per le proprie collezioni. Nascono così una serie di "quadri da stanza", costruiti con mezze figure, di soggetto sacro: Il sacrificio di Isacco (1603) degli Uffizi, dipinto per Maffeo Barberini, la Cattura di Cristo (1602) di Dublino, per Ciriaco e Gerolamo Mattei e l’Incoronazione di spine (1603) di Vienna, per Vincenzo Giustiniani. 
Fu il marchese Giustiniani a chiedere a Caravaggio altre tele, poi passate nelle mani del re di Prussia, finite a Berlino e andate distrutte nel 1945, come il Cristo sul monte degli ulivi.
In Germania invece, sono conservate altre due tele del Giustiniani, dove il pittore mette al centro della sua arte il corpo umano: quello ferito di Cristo, nell’Incredulità di Tommaso (1600-'01; Bildergalerie, Potsdam) e quello giovane e provocante di Amore vincitore (1602-'03; Gemäldegalerie, Berlino), un amore profano e beffardo, ritratto nell’atto di sconfiggere ogni cosa. Anche questa allegoria è tratta da forme vere, realmente esistite, come il corpo di Cecco del Caravaggio, amico, forse amante e modello del Merisi, per cui ha posato altre volte, ad esempio, nel San Giovannino (1602-'03), oggi conservato ai Musei Capitolini.

7 puntata
Sugli altari
Nei primi anni del Seicento, Caravaggio è uno dei pittori più richiesti, le sue opere sono destinate ai privati e agli altari delle chiese. 
Il San Giovanni Battista (1602-'03; Kansas City), era stato dipinto per il banchiere genovese Ottavio Costa; la Cena in Emmaus (1601-'02), di Londra era in origine dei Mattei; mentre la Deposizione di Cristo (1602-'04), oggi ai Musei Vaticani, stava sull’altare della chiesa dei Filippini, Santa Maria in Vallicella. Questa tela, ha avuto uno straordinario successo, contribuendo a far crescere la fama del pittore. 
Misteriosa, invece, la genesi della Madonna del Rosario (1605), comprata da un gruppo di artisti guidato da Rubens per una chiesa di Anversa, è poi finita a Vienna (Kunsthistorisches Museum). 
Tutta romana è la Madonna dei Pellegrini (1604-'06), ancora oggi sull’altare per cui venne dipinta, nella chiesa di Sant'Agostino. La Madonna, dal volto inconfondibile di Lena Tognetti, era una prostituta, un'amica che Caravaggio ritrae come una donna del popolo con in braccio il bambino, di fronte a due viandanti inginocchiati, con i piedi sporchi e i vestiti rattoppati. Un quadro del quale “dai popolani ne fu fatto estremo schiamazzo”, forse perché, come scrisse Giulio Mancini, le Madonne di Caravaggio erano sempre ritratti di qualche sua "bagascia”.

8 puntata    
Nella polvere
La notte del 28 maggio 1606, Caravaggio uccide Ranuccio Tommasoni e fugge da Roma per non tornarci più. Questo evento cambiava il corso della sua vita, ma anche la storia della pittura moderna. Prima della fuga, in un periodo molto fecondo, Caravaggio realizzava quadri memorabili, che a volte, ma non sempre, incontrano ostilità da parte dei committenti. 
Per Santa Maria della Scala, a Trastevere, dipingeva una Morte della Vergine (1604-'06) che i carmelitani rifiutavano, forse, come fu scritto, perché la Madonna appare priva di “decoro”, sia nel corpo gonfio e violaceo, sia nel ritratto dove si riconosce quello di una cortigiana dell'epoca. 
Accanto alle grandi pale, Caravaggio dipingeva anche quadri di devozione, sacri, ma da galleria: San Girolamo nello studio (1605-'06), forse dipinto per Scipione Borghese; San Girolamo penitente (1605), oggi a Monserrat, in Catalogna; San Francesco in meditazione (1605), di cui circolano diverse versioni e il San Giovannino (1604-'06) della collezione di Palazzo Corsini.
Nei primi mesi del 1606, Caravaggio  finisce una delle sue opere più belle, la Madonna dei Palafrenieri (1606; Galleria Borghese, Roma), una grande pala che doveva decorare un altare della nuova San Pietro, ma che resta in basilica un solo giorno. Incrociando le fonti con la lettura del quadro, Montanari prova a far luce sulle ragioni di questo rifiuto.

9 puntata
La dignità dei corpi
Dopo l’omicidio di Ranuccio Tommasoni, mentre è in fuga da Roma con una condanna a morte, Caravaggio dipinge la Cena in Emmaus (1606), conservata a Brera e il San Francesco (1606) del Museo Civico di Cremona; probabilmente l'artista li realizza tra Zagarolo e Palestrina, dov’è ospite della famiglia Colonna. 
Nell'ottobre del 1606, Caravaggio arriva a Napoli, la città più popolosa d’Italia; qui trova subito lavoro, riuscendo a passare inosservato. Vi soggiorna otto mesi e realizza alcune grandi tele, a cominciare dalle Sette opere di misericordia (1606-'07), in cui porta nel quadro il sapore dei vicoli napoletani. 
La sua pittura si fa più cupa, la materia pittorica si disfa, si moltiplicano le teste tagliate: nascono la Salomè con la testa del Battista (1607-'10) di Londra, e il Davide con la testa di Golia (1607) di Vienna. 
Stessa temperatura di rivoluzione estrema, nella Crocifissione di Sant'Andrea (1607), oggi a Cleveland, ma un tempo a Palazzo Reale, dipinta per don Juan Pimentel y Herrera, conte di Benavente e viceré di Napoli. Sempre nel periodo partenopeo,  il Cristo alla colonna (1606-'07) di Rouen, dove la fisionomia dell'aguzzino in primo piano, torna in uno dei suoi quadri migliori del periodo napoletano, la Flagellazione di Cristo (1607-'08), oggi a Capodimonte, dipinta per la chiesa di San Domenico. Ancora una volta, Caravaggio moltiplica i suoi soggetti e senza dimenticare le opere di qualche anno prima, interpreta, come sempre, in modo profondamente innovativo.

10 puntata
Sorvegliare e punire
Nel luglio del 1607, Caravaggio arriva a Malta su una galea di Fabrizio Sforza Colonna, figlio della marchesa di Caravaggio. Lascia Napoli nella speranza che, con l’ammissione all’Ordine dei Cavalieri, possa ottenere il perdono del papa e tornare a Roma. 
Poco sappiamo delle opere maltesi di Caravaggio. Nella Concattedrale di San Giovanni, è conservato il San Girolamo scrivente (1608); al Louvre, il Ritratto di Alof de Wignacourt (1607-'08), Gran Maestro dell’Ordine di San Giovanni; il cupo Amorino dormiente (1608-'09) di Palazzo Pitti.
Montanari, con documenti d'epoca alla mano, mostra quanto il pittore fosse apprezzato nell’isola, ed è per questo che, nel luglio 1608, Caravaggio viene ammesso all’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni.
L’enorme tela del 1608, la Decollazione di San Giovanni Battista, è forse un’offerta per la ratifica della nomina. Il quadro, uno dei più belli tra quelli dell'ultimo Caravaggio, fece grande impressione, ma il successo fu di breve durata. Caravaggio, infatti, partecipava a una rissa, per cui veniva messo sotto inchiesta e chiuso nel Forte Sant’Angelo in attesa di giudizio. 
Il pittore ha paura, teme di essere condannato e così, dopo 40 giorni, il 6 ottobre del 1608, fugge dal carcere e fa rotta verso la Sicilia. Un passo che gli sarà fatale.

11 puntata
La vita messa a nudo
Fuggito da Malta, Caravaggio arriva a Siracusa nell’autunno del 1608. Montanari racconta che, ossessionato dall’idea della condanna capitale e della reclusione, l'artista visitava le Latomie, antiche carceri greche. 
Forse sono proprio queste carceri a fare da sfondo nella sua prima opera siciliana, Il seppellimento di Santa Lucia (1608; Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, Siracusa), la martire cristiana del III secolo, patrona della città. L’opera è senza speranza, priva di qualsiasi idea di trascendenza, con un gruppo di personaggi in primo piano e uno sfondo di muro calcinoso che occupa più della metà della tela.
Lasciata Siracusa, Caravaggio viaggia a Messina, dove forse è protetto da Antonio Martelli, Priore, in città dell’Ordine del Cavalieri di Malta; l'artista lo ritrae (Ritratto di Antonio Martelli, Cavaliere di Malta, 1608-'09) su una tela oggi conservata nelle Gallerie di Palazzo Pitti a Firenze. 
Delle opere messinesi, due sono conservate al Museo regionale: la Resurrezione di Lazzaro (1609), altra tela di sviluppo verticale con un ampio muro, in cui il protagonista sembra opporsi al ritorno alla vita, e un’Adorazione dei pastori (1609) in cui la Madonna, vinta dalla fatica del parto, mostra tutta la sua umanità. Non diversamente, la Maria della Natività di Palermo, città in cui forse Caravaggio non è mai stato, ma anche luogo dove oggi non c’è neppure la tela, trafugata dall’Oratorio di San Lorenzo in una notte del 1969.

12 puntata
Lo scandalo della verità
Alla fine del 1609, Caravaggio torna a Napoli, dove viene aggredito e sfigurato. Il suo umore è sempre più nero, ma la speranza di tornare a Roma lo aiuta a continuare nel lavoro. In questo frangente, dipinge una Salomé con la testa del Battista (1609) che finisce nelle mani del Viceré per approdare poi a  Madrid e un’Annunciazione (1609), oggi a Nancy. 
Montanari fa notare come la materia pittorica dell'ultimo Caravaggio sembra sfaldarsi, prevale il nero e toni cupi delle terre, come nel Martirio di Sant'Orsola (1610) di Palazzo Zevallos, o nella Negazione di Pietro (1609-'10), del Metropolitan Museum di New York. 
Questi quadri tragici, questi notturni senza speranza, lasceranno un’eredità profonda nella pittura europea degli anni successivi.
Nella primavera del 1610, Caravaggio si imbarca per Roma. Arriva a Palo Laziale, dove viene arrestato e poi liberato. Solo e malato, giunge a Porto Ercole e qui muore il 18 luglio del 1610. 
Le opere che doveva donare al papa tornano a Napoli. Tra queste una Maddalena penitente, che conosciamo in copia, un San Giovanni Battista (1610) e un Davide con la testa di Golia (1609-'10), entrambi della Galleria Borghese. Nel Davide, il pittore presta il suo volto al gigante, la cui testa, appena tagliata, pende nelle mani di un carnefice giovane e triste. E’ questo l’ultimo autoritratto di Caravaggio, l’artista che aveva fatto dell’aderenza al dato naturale la sua cifra stilistica e che, contro ogni convenzione, aveva avuto il coraggio di dire sempre la verità, a qualunque costo.  

La vera natura di Caravaggio, 2016
di Tomaso Montanari

12 puntate da 52min ca., formato 4K
Prodotto da Land Comunicazioni, messa in onda su Rai 5, disponibili su Rai Play
Regia: Luca Criscenti
Fotografia: Francesco Lo Gullo
Montaggio: Massimiliano Cecchini
Musiche: Giorgio Giampà
Produzione: Valeria Adilardi, Emanuela Tomassetti