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Federico Zeri e la fortuna di Guido Reni

L'Ideale classico del Barocco

Tratto dalla serie di Franco Simongini, A tu per tu con l'opera d'arte (1989), in questa puntata dedicata al pittore bolognese Guido Reni (1575-1642), lo storico dell'arte Federico Zeri mette in luce la grandezza di un artista promotore del gusto "classico" che caratterizza certa pittura barocca e tuttavia, dallo stile molto personale. 


Guido Reni, Autoritratto, 1602-'03, Galleria di Palazzo Barberini, Roma

Zeri racconta la grande fortuna critica di un artista apprezzato in vita dai suoi contemporanei, e guardato con interesse fino al primo Ottocento. 

Io sono pieno di ammirazione per Guido Reni. Lo trovo uno dei grandi pittori della pittura europea. Naturalmente può anche essere indigesto, può stancare, io riesco a vedere bene un Guido alla volta 
Federico Zeri

Nella Roma dei primo Seicento, Reni interpretava con forza espressiva l'armonia del "verbo classico" di Raffaello, filtrato dalla "nuova verità" del Caravaggio (Caravaggio e la sua "cerchia"). Tuttavia, Reni  maturava il sentimento del vero già negli anni bolognesi trascorsi a diretto contatto con il "naturalismo" dei Carracci e in particolare di Ludovico (Esordio di Ludovico, Annibale e Agostino Carracci). 
La fortuna critica del pittore, ebbe un arresto  a metà Ottocento con la netta stroncatura del critico e poeta inglese John Ruskin (1819-1900), capace di provare un vero disprezzo per la tutta quella pittura classica e devozionale, fatta "alla Reni", che inondava le chiese.
Il giudizio negativo sull'artista, si protrarrà fino alla prima metà del Novecento con l'avvento delle avanguardie storiche e solo dopo la seconda guerra mondiale, sarà rivisto. 

La grande 'Immacolata Concezione' che oggi si trova al Metropolitan Museum, fu venduta nel 1946 e fece poche migliaia di lire perché allora questa pittura valeva pochissimo. E' vero che il quadro era affumicato, ma non era danneggiato 
Federico Zeri

Figlio di un musicista, inizialmente il giovane Reni seguì le orme paterne, ma presto lasciò gli studi musicali preferendo la pittura di cui imparò i primi rudimenti nella bottega del fiammingo Denijs Calvaert (1540-1619), dove studiavano anche i coetanei Domenico Zampieri, noto come il Domenichino (1581-1641) e Francesco Albani (1578-1660)

Tuttavia, Reni fu tra i primi a entrare nell’Accademia bolognese dei Carracci, già nel 1582, quando era ancora l'Accademia del dei Desiderosi

A fine Cinquecento, Reni era già un pittore formato e capace di realizzare pale d'altare (Incoronazione della Vergine e Santi, 1598, Bologna, Pinacoteca Nazionale) per le chiese di Bologna e vincere la gara per gli affreschi allegorici della facciata del Palazzo del Reggimento (oggi Palazzo Comunale), realizzati in onore della venuta in città di Clemente VIII e perduti nell’Ottocento.

Se uno fa attenzione, troverà nei quadri, soprattutto quelli eseguiti a Roma da Guido Reni, una quantità di citazioni dalla scultura greco romana, un repertorio della scultura classica dalla quale lui ha desunto moltissimo
Federico Zeri 

Reni giunse a Roma nel 1601. Fin da subito, prendono vita opere celeberrime, come le pale del Martirio di Santa Cecilia (1601), per la Basilica di Santa Cecilia in Trastevere (Museo della Certosa di Pavia), la Crocifissione di San Pietro (1604-'05), per l’Abbazia delle Tre Fontane (Pinacoteca Vaticana), la Strage degli innocenti (1611) per la Cappella Berò, nella chiesa di San Domenico e il Sansone Vittorioso (1614-'16; Bologna, Pinacoteca Nazionale), l'espressione più alta di ideale classico ispirato all’Apollo del Belvedere (Musei Vaticani), tutto equilibrio, bellezza e armonia. 
A Roma, la fama di Reni crebbe e si consolidò con una lunga serie di affreschi. Il cardinale Borgherini gli commissionava il Martirio di Sant’Andrea e Eterno in gloria (1608), per la Chiesa di San Gregorio al Celio e nel 1609, papa Paolo V (1552-ò1621) gli affidava la decorazione di due sale dei Palazzi Vaticani, quella delle Nozze Aldobrandine e quella delle Dame (Palazzo Apostolico Vaticano). Lo stesso anno, fu pagato il primo acconto per gli affreschi della Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore, lavoro che Reni interruppe alla fine del 1610, forse per contrasti con l'amministrazione papale. 
Reni tornava definitivamente a Bologna dopo il 1614, anno in cui terminava l'affresco dell'Aurora per il Casino Rospigliosi di Roma (Guido Reni e la scuola dei Carracci a Roma), al tempo di proprietà di Scipione Borghese.
Da allora, l'artista alternava soggiorni a Bologna, Roma e Napoli, dipingendo opere importanti, come le due versioni di l’Atalanta e Ippomene, dipinte tra il 1618 e il '25 (Napoli, Museo di Capodimonte, Museo del Prado).

Negli anni Trenta del Seicento, Reni opera una pulizia compositiva estrema a cui segue anche una riduzione ulteriore della tavolozza

I corpi luminosi emergono da sfondi scuri di un grigio impenetrabile e le immagini appaiono come depurate: nei suoi Crocifissi infatti, Cristo non presenta ne sangue, ne piaghe.

I quadri di Guido Reni, cominciano con l'essere dipinti a corpo, con una materia densa, la quale progressivamente si rarefa, fino a diventare quasi un soffio, mentre anche i colori si restringono, in una gamma molto limitata
Federico Zeri

Con queste opere, Reni raggiunge la maturità. Lo spazio dei soggetti diventa ideale e la severa astrazione, carica le scene religiose di significati metafisici e divini.

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FOTO DI COPERTINA
Guido Reni, Autoritratto, 1602-'03, olio su tela, Galleria di Palazzo Barberini, Roma