Palazzo Barberini: il manifesto del Barocco

Palazzo Barberini: il manifesto del Barocco

Da Maderno a Bernini, Borromini e Cortona

Palazzo Barberini: il manifesto del Barocco
Nel filmato, Flaminia Gennari Santori, direttrice delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, illustra la storia del sontuoso Palazzo Barberini che, con quello dei Corsini, costituisce una delle più preziose collezioni romane del Sei e Settecento (Gallerie Nazionali di Arte Antica: Palazzo Barberini).

Palazzo Barberini fu concepito quale coronamento dell’ascesa al soglio pontificio del fiorentino Maffeo Barberini, incoronato il 5 agosto del 1623, con il nome di Urbano VIII

Già insignito cardinale nel 1606 dal re di Francia Enrico IV, Maffeo Barberini (1568–1644), umanista e grande amatore delle arti, dava prova della sua passione nei successivi ventuno anni di pontificato. Con un mecenatismo lungimirante, Urbano VIII (1623-1644) trasformava Roma nel grande spettacolo artistico del Barocco.
La costante preoccupazione di Urbano VIII, fu quella di creare per la sua potente famiglia uno stato di privilegio, distribuendo titoli, incarichi e onorificenze e non solo, perché a coronamento di questa immagine, l'edificazione di una dimora degna della sua corte, poteva innalzarlo alla pari delle grandi casate romane.


Pietro da Cortona, Ritratto di Urbano VIII, 1624-'27, olio su tela, 199x128cm., Musei Capitolini, Roma

Sorto vicino alla residenza papale del Quirinale, Palazzo Barberini è concepito come un complesso a metà fra residenza cittadina di rappresentanza e villa suburbana dedicata agli svaghi, con annessi immensi giardini. L'innovazione tipologica dell'edificio, è considerata tra le più straordinarie nella storia dell'architettura italiana. 

Lo schema del palazzo cittadino codificato a Firenze nel Cinquecento e costituito da un blocco quadrangolare con il cortile al centro, con il Barocco romano subisce significativi cambiamenti, non solo nelle molteplici decorazioni, ma soprattutto nella concezione di una spazialità fatta di rimandi e visioni infinite che mettono in relazione l'edificio con il paesaggio circostante

I progetti di costruzione di Palazzo Barberini partirono dal riuso di una fabbrica della famiglia Sforza che, per un improvviso rovescio finanziario, nel 1625 vendeva l’immobile alla famiglia. Questa, si assicurava così tutta l’area tra via Quattro Fontane e via Pia (l’attuale via XX Settembre), uno spazio immenso per ospitare il grandioso progetto del palazzo-villa.


Palazzo Barberini, facciata principale, via delle Quattro Fontane, 13, Roma

Sorto tra il 1625 e il 1633, i Barberini misero all'opera i più giovani e talentuosi artisti emergenti nella Roma dell'epoca, sotto la direzione del prestigioso Carlo Maderno (1556–1629), architetto ticinese, da tempo a capo della Fabbrica di San Pietro, che già aveva al suo fianco come assistente Francesco Borromini (1599-1667). 
Il primo progetto di Maderno, prevedeva lo schema classico rinascimentale del fabbricato quadrangolare che inglobava, da un lato, lo stesso Palazzo Sforza. 
Solo dal 1628, l'architetto elabora un progetto ad ali aperte che affiancano il corpo centrale a formare una acca (H). Ancor oggi parte della critica vuole attribuire a Bernini questa nuova pianta dell'edificio, ma è certo che Maderno poteva rielaborare lo schema dalla villa suburbana della Farnesina (1506) di Baldassarre Peruzzi (1481-1536), articolando il complesso con il gusto "grandioso" del barocco. È vero inoltre, che sia Maffeo Barberini, sia il nipote Francesco, nei loro lunghi soggiorni in Francia avevano potuto ammirare edifici come il Castello di Blérancourt (1612-'18) e il Palazzo Lussemburgo (dal 1615) di Salomon de Brosse (1571-1626), strutture che presentavano la medesima corte d'onore aperta tra corpi sporgenti ai lati.

Maderno infatti, operò su precise direttive della famiglia committente seguendo le linee essenziali del progetto, dalla pianta, agli ornati

Alla morte del ticinese, era già definito il corpo centrale, a due piani, con le due ali sporgenti ai lati e nella facciata principale, al piano terra, un grande porticato dal quale, passando attraverso una sorta di arco di trionfo, si accedeva al giardino retrostante.


Palazzo Barberini, facciata sul giardino con rampa di accesso

Nel 1629, Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), pupillo di Urbano VIII, subentrava nella direzione dei lavori e riconfermava la figura di Borromini, del quale aveva già intuito le straordinarie doti nella loro prima collaborazione al Baldacchino di San Pietro (1624-'35). 


Francesco Borromini, Scala elicoidale, 1633-'34, Palazzo Barberini, Roma 

Qui, Borromini manifestava per la prima volta e in piena autonomia il suo linguaggio decorativo e architettonico profondamente originale, cosa che Bernini accettò in pieno affidandogli lo sviluppo di alcune parti con il tema iconico dell'ovale traverso. Borromini realizzò così il vano al piano terra, situato dopo il porticato, prima del giardino, utile ad ospitare le carrozze e la straordinaria scala elicoidale a colonne binate, una scultura circolare di grandissimo effetto. Di Borromini, anche i portali del salone centrale e le finestre strombate del nuovo terzo piano della facciata, progettato da Bernini.  


Palazzo Barberini, dettaglio facciata 

Il corpo centrale arretrato del palazzo, dona alla facciata una singolare profondità e un movimento ulteriormente potenziato da Bernini, sia con la loggia vetrata su due piani sopra il porticato, sia con le brevi campate di collegamento tra il centro e le ali. 
La facciata, costituita da sette campate che si ripetono su tre piani di arcate, presenta le colonne sui tre stili classici, a scalare, di dorico, ionico e corinzio. 


Gian Lorenzo Bernini, Scala a pozzo quadrato, 1630 ca., Palazzo Barberini, Roma

Opera del Bernini, l'esemplare Scala a pozzo quadrato, con rampe sostenute da colonne doriche binate fino al primo piano, che dà accesso al piano nobile e che si contrappone alla Scala elicoidale di Borromini. I due scaloni, rispettivamente posti a nord e a sud, partono dall'ampio atrio ellittico e portano al piano dei giardini collocati in alto rispetto alle fondamenta del corpo centrale. 
Nelle scale di Bernini e Borromini, si consuma il noto episodio della rivalità tra i due artisti che inventano due strutture completamente diverse (Borromini: eleganza, rigore e tormento). 

Dal 1633, con la fine dei lavori, le strade di Bernini e Borromini si dividono. A detta di quest'ultimo, Bernini sottopagava le sue capacità di architetto e scalpellino, senza riconoscerne i meriti 

Opera di Bernini, anche l’ideazione del grande salone centrale che occupa, in altezza, i due piani del palazzo, così come dell’attigua sala ovale, dalle armoniose proporzioni classiche, che riprende il tema berniniano della pianta ellittica. 


Palazzo Barberini, vista dal giardino 

Palazzo Barberini venne abitato, a nord, dal ramo secolare della famiglia, in origine da Taddeo nipote di Urbano VIII e dalla sposa Anna Colonna, e a sud, dagli ecclesiastici, ossia i cardinali Barberini. Qui, all’ultimo piano, il Cardinal Francesco aveva impiantato anche la sua grande biblioteca. 


Pietro da Cortona, Trionfo della Divina Provvidenza, 1632-'39, affresco, 14x24m., Salone piano nobile, Palazzo Barberini, Roma

All’interno del palazzo, gli affreschi di Andrea Camassei (1602–1649), Baldassarre Croce (1558-1628), Andrea Sacchi (1599-1661) e soprattutto gli interventi di Pietro Berrettini (1597–1669), noto come Pietro da Cortona, che qui operò con la sua scuola, a partire  dalla piccola Cappella realizzata con Giovanni Francesco Romanelli (1610-1662), per finire al grande salone d'onore. 


Pietro da Cortona, Trionfo della Divina Provvidenza, 1632-'39, dettaglio affresco

All'epoca, Cortona era un valido artista dedito soprattutto a temi tratti dall'antico, ma non ancora protagonista della scena romana. Il toscano si faceva notare negli affreschi della chiesa di Santa Bibiana, appena restaurata da Bernini, un successo che convinse Urbano VIII ad assegnare al pittore la commissione più ambiziosa del palazzo, la decorazione del salone centrale, l'ambiente di rappresentanza più importante per la famiglia. 
Eseguito tra 1633 e il 1639, il grandioso affresco della volta, con una superficie di 530 metri quadri, secondo solo alla Cappella Sistina, presenta il tema allegorico del Trionfo della Divina Provvidenza, un'esaltazione della gloria della famiglia papale, elaborata dal poeta ed erudito toscano Francesco Bracciolini (1566-1645).
Diviso in uno schema fluido, senza le nette cesure schematiche tipiche del Cinquecento e proposte dallo stesso Annibale Carracci (Annibale Carracci e Palazzo Farnese a Roma), qui le figure dialogano e si richiamano l'un l'altra, culminando nella scena centrale. Cinque le zone, quattro laterali e una centrale, con una finta cornice monocroma, interrotta agli angoli da medaglioni ottagonali con scene della storia romana riferite alle Virtù.


Pietro da Cortona, Trionfo della Divina Provvidenza, 1632-'39, dettaglio affresco

Al centro, circondata da allegorie, la Divina Provvidenza dotata di scettro e circondata da un alone luminoso che allude alla sua emanazione divina, trionfa sul Tempo e ordina alla figura dell'Immortalità di incoronare lo stemma Barberini delle tre api  sorretto dalle tre Virtù. 

Le finte trabeazioni, rotte dal fluire di figure, incorniciano un cielo aperto, animato da scene che simboleggiano il buon governo, le virtù di Urbano VIII e della sua famiglia

Minerva abbatte i titani, a simboleggiare l’impegno del papa contro le eresie; la Pace trionfa assisa in trono e il Furore giace incatenato, mentre la fucina di Vulcano foggia badili anziché spade; Ercole, la giustizia, abbatte le arpie, mentre Abbondanza e Magnanimità offrono doni al popolo; la Religione e la Saggezza trionfano sul Vizio, Sileno, e Venere, vede l’Amor profano cacciato dalla Castità. 
Oltre al movimento interno delle brulicanti figure, la posizione dell'affresco sul soffitto è calibrata da un'eccellente padronanza della prospettiva "da sott'in su", che genera l'effetto sospeso, come se le figure stessero per cadere sullo spettatore, ma con la duplice sensazione di spinta verso l'alto.


Andrea Sacchi, Allegoria della Divina Sapienza, 1628-'33, dettaglio affresco, Palazzo Barberini, Roma

Le novità dell'affresco di Cortona, fu evidente fin dai subito ai contemporanei che, in un dibattito sorto all'Accademia di San Luca, dove l'artista fu principe (1634-1638), contrapponevano questo stile di molte figure a quello più sobrio e statico di Andrea Sacchi che, sempre a palazzo Barberini, aveva realizzato l'Allegoria della Divina Sapienza (1628-'33).
Paragonando la pittura alla letteratura, per Cortona le figure compongono un "poema epico", ricco di episodi, mentre per Sacchi, esse partecipano ad una sorta di "tragedia", dove unità e semplicità sono requisiti fondamentali
Come architetto, Cortona ebbe un ruolo decisivo anche nell’ideazione del teatro posto nel cortile interno al Palazzo; inaugurato nel 1632, con il Sant’Alessio di Stefano Landi, il teatro fu distrutto nel 1926 con l’apertura di via Barberini.

Sul finire del Seicento, la gloria e le ricchezze della famiglia Barberini decaddero lentamente e dopo l’Unità d’Italia, l’area del Palazzo fu coinvolta nelle speculazioni edilizie e nelle trasformazioni di Roma capitale

Il grande giardino Barberini fu risucchiato nello sviluppo urbanistico che allineava i ministeri lungo  Via XX Settembre.


Caravaggio, Narciso, 1597-'99, olio su tela, 110x92cm., Palazzo Barberini, Roma

Oggi Palazzo Barberini ospita un allestimento rappresentativo delle principali scuole pittoriche dal Duecento al Settecento, grazie al principe Tommaso Corsini che, nel 1893, decise di lasciare la preziosa collezione, incentrata soprattutto su opere seicentesche e settecentesche della famiglia Corsini, in dono al Regno d’Italia. 

Nel 1883, lo Stato italiano acquistava Palazzo Corsini e due anni dopo, inaugurava la prima Galleria Nazionale italiana (Gallerie Nazionali di Arte Antica: Galleria Corsini). Divenuto lo spazio insufficiente a contenere la collezione, nel 1951 lo Stato prendeva in consegna anche Palazzo Barberini che diventava così la nuova sede della Galleria Nazionale d’Arte Antica. 
Solo nel 1984, la Soprintendenza ripristinava la raccolta Corsini nel palazzo di appartenenza, dividendo così le due collezioni, unite con la dicitura di Gallerie Nazionali di Arte Antica.

INFO
Gallerie Nazionali di Arte Antica