Rosa Parks e la lotta contro la segregazione razziale

Con Gherardo Colombo

Il 1º dicembre 1955, a Montgomery, capitale dello stato americano dell'Alabama, Rosa Parks stava tornando a casa in autobus e, non trovando altri posti liberi, occupò il primo posto dietro alla fila riservata ai soli bianchi. Dopo alcune fermate l'autista le chiese di alzarsi e spostarsi in fondo all'automezzo per cedere il posto a un passeggero bianco salito dopo di lei. Rosa Parks si rifiutò di lasciare il suo posto. Il conducente ferma così il veicolo e chiama due agenti di polizia per risolvere la questione: Rosa Parks fu arrestata e incarcerata per condotta impropria e per aver violato le norme cittadine che obbligavano le persone di colore a cedere il proprio posto ai bianchi nel settore comune, quando in quello a loro riservato non ve n'erano più disponibili.

Lo stesso Martin Luther King descrisse l’episodio come “l’espressione individuale di una bramosia infinita di dignità umana e libertà”, aggiungendo che Rosa “rimase seduta a quel posto in nome dei soprusi accumulati giorno dopo giorno e della sconfinata aspirazione delle generazioni future”.

Nel 1956 il processo arrivò alla Corte Suprema: pronunciandosi sul caso Parks, la Corte decretò che la segregazione dei neri sui pullman dell’Alabama era incostituzionale.

Da allora Rosa Parks è chiamata anche “The Mother of the Civil Rights movement”, la donna che, come disse Bill Clinton consegnandole un’onorificenza nel 1999, “mettendosi a sedere, si alzò per difendere i diritti di tutti e la dignità dell'America”.