Don Fabio Attard: l'educatore come pellegrino
La conoscenza come opportunità
La conoscenza non è solo informazione, ma un’opportunità di formazione e crescita anche umana, intellettuale e spirituale. L’educatore, quindi, è un “privilegiato”, un “pellegrino” che ha il difficile e meraviglioso compito di accompagnare, condurre i ragazzi da uno stato all’altro della loro vita.
È questa la missione e insieme la sfida che ha raccolto Don Fabio Attard (del Consiglio generale Pastorale giovanile Salesiani Don Bosco), che inserisce il tema dell’educazione giovanile in quello più ampio della crisi di valori nell’odierna società occidentale: “In una società in cui il sapere diventa anche oggetto di mercato, noi rischiamo – se non stiamo attenti – di educare verso una prospettiva di uso del sapere, di acquisto dei risultati.” Una prospettiva, questa, che se da un lato è utile, dall’altro rischia di riempire i giovani di una gran quantità di informazioni, senza dare loro una bussola che consenta di cogliere il senso d’insieme, di “vedere la grande prospettiva della vita”.
L’emergenza educativa non è comunque un discorso nuovo, sottolinea don Attard, ma era anche presente nella Torino ottocentesca di Don Bosco: “Servono luoghi di convergenza umana, al cui interno offrire nuove prospettive di insegnamento, di educazione e di vita”, come “spinta verso un futuro più umano”. La nostra società, infatti, starebbe vivendo una crisi delle istituzioni (comprese la chiesa e la famiglia), una crisi riconducibile al radicamento di un ideale egoistico di libertà individuale che ha portato la gente a staccarsi da quei valori che un tempo erano incarnati dalle istituzioni.
Una delle sfide maggiori che ci attendono, secondo Don Attard, è quella dei giovani tra i 16 e i 25 anni che escono dal sistema educativo restando al di fuori sia del sistema scolastico che di quello lavorativo col conseguente rischio di cadere nelle mani della malavita. Una sfida che la chiesa raccoglie e porta avanti anche in Africa e in paesi emergenti come l’India cercando di collaborare con i governi nella scelta e determinazione delle linee formative dei giovani e dando vita a scuole tecniche e professionali in grado di garantire un’educazione integrale e integrativa al tessuto sociale e lavorativo.
Ma la domanda di fondo sulla quale Don Attard invita a interrogarsi è: “Che mondo stiamo offrendo ai nostri giovani? Una realtà che ha o non ha prospettive?” Perché è proprio il tema delle prospettive a costituire la vera, drammatica spaccatura fra le nuove e le vecchie generazioni. “Si parla di giovani e futuro. Ma i giovani non parlano di futuro, i giovani stanno chiedendo che presente hanno. Forse la nostra generazione vedeva la propria storia in dialogo con il futuro. La tragedia oggi è che i giovani non hanno presente.”
È questa la missione e insieme la sfida che ha raccolto Don Fabio Attard (del Consiglio generale Pastorale giovanile Salesiani Don Bosco), che inserisce il tema dell’educazione giovanile in quello più ampio della crisi di valori nell’odierna società occidentale: “In una società in cui il sapere diventa anche oggetto di mercato, noi rischiamo – se non stiamo attenti – di educare verso una prospettiva di uso del sapere, di acquisto dei risultati.” Una prospettiva, questa, che se da un lato è utile, dall’altro rischia di riempire i giovani di una gran quantità di informazioni, senza dare loro una bussola che consenta di cogliere il senso d’insieme, di “vedere la grande prospettiva della vita”.
L’emergenza educativa non è comunque un discorso nuovo, sottolinea don Attard, ma era anche presente nella Torino ottocentesca di Don Bosco: “Servono luoghi di convergenza umana, al cui interno offrire nuove prospettive di insegnamento, di educazione e di vita”, come “spinta verso un futuro più umano”. La nostra società, infatti, starebbe vivendo una crisi delle istituzioni (comprese la chiesa e la famiglia), una crisi riconducibile al radicamento di un ideale egoistico di libertà individuale che ha portato la gente a staccarsi da quei valori che un tempo erano incarnati dalle istituzioni.
Una delle sfide maggiori che ci attendono, secondo Don Attard, è quella dei giovani tra i 16 e i 25 anni che escono dal sistema educativo restando al di fuori sia del sistema scolastico che di quello lavorativo col conseguente rischio di cadere nelle mani della malavita. Una sfida che la chiesa raccoglie e porta avanti anche in Africa e in paesi emergenti come l’India cercando di collaborare con i governi nella scelta e determinazione delle linee formative dei giovani e dando vita a scuole tecniche e professionali in grado di garantire un’educazione integrale e integrativa al tessuto sociale e lavorativo.
Ma la domanda di fondo sulla quale Don Attard invita a interrogarsi è: “Che mondo stiamo offrendo ai nostri giovani? Una realtà che ha o non ha prospettive?” Perché è proprio il tema delle prospettive a costituire la vera, drammatica spaccatura fra le nuove e le vecchie generazioni. “Si parla di giovani e futuro. Ma i giovani non parlano di futuro, i giovani stanno chiedendo che presente hanno. Forse la nostra generazione vedeva la propria storia in dialogo con il futuro. La tragedia oggi è che i giovani non hanno presente.”
La nostra generazione vedeva la propria storia in dialogo con il futuro. La tragedia oggi è che i giovani non hanno presente.
Contribuiscono alla puntata anche David Riondino (attore), Antonello Fassari (attore) e Roberto Vecchioni (cantautore).