Un ambulatorio multietnico

Immigrazione e integrazione

Una giornata in un ambulatorio milanese in compagnia di un medico africano. La doppia valenza del rapporto professionale e culturale tra pazienti italiani e dottori stranieri. Anche questa è una forma di intercultura. "Ma lei - chiede l`intervistatrice ad alcune persone persone che attendono di essere visitate - si farebbe mai curare da un medico nero?" "Io non guardo il colore della pelle - risponde - un ragazzo ma la sua capacità". La storia e il profilo di Kossi Komla Ebri, medico del Togo che ha studiato, vive e lavora in Italia dal 1982. Scherza il dottor Ebri, quando racconta che i bambini hanno nei suoi confronti una doppia paura: "la prima perchè sono il dottore che fa le punture; la seconda perchè sono l`uomo nero". "Il camice bianco in realtà - afferma il dottore Ebri - da un certo potere. Ti concede un ruolo sociale, in quanto medico,che ti fa diventare quasi...bianco". Il dottor Ebri ha lavorato anche in Africa, per circa due anni, con bambini malati di poliomelite ma, alla fine, è tornato in Italia perchè si è sposato con un`italiana e perchè , "come primo figlio di una famiglia di dodici fratelli, devo mantenere la mia famiglia". Ma che tipo di rapporto si instaura tra un paziente italiano e un medico di origine africana? "La mia cultura - dice - il dottore - vede il paziente nella sua globalità. E` importante sapere tutto di lui, non solo se gli fa male il fegato o il cuore. Bisogna conoscere la sua vita: il mio modo di essere medico da un qualcosa in più al rapporto tradizionale. E di questo si rende conto anche il paziente".