Cardinale

Le parole del nuovo millennio

Nella tradizione della chiesa di Roma ci sono alcune figure che esistono ancora oggi che portano un nome – cardinale – che un tempo era un aggettivo. Indicava quella parte eletta del clero di Roma che nella sua caratteristica di vescovo, di prete o di diacono era più essenziale al funzionamento della Chiesa romana. E nel corso del secolo XI i riformatori gregoriani fanno di questi preti-cardinali, vescovi-cardinali, diaconi-cardinali, un collegio a sé stante al quale viene dato un potere particolare, quello di eleggere il vescovo di Roma al posto del popolo e dell’assemblea del clero che in precedenza aveva questo tipo di incarico. Questa caratteristica, questa dignità, diventerà sempre più importante nel corso del Medioevo. Saranno piccoli i numeri dei cardinali, una dozzina, o poco più, fino alla fine del Trecento, e questo piccolo numero di cardinali diventerà anche l’organo con il quale il Papa prende le decisioni, la struttura nella quale vengono delibate le questioni, ma è all’inizio dell’età moderna che il cardinalato fa un salto di qualità, diventa una dignità ambita dalle famiglie potenti, cresce a dismisura il loro numero, il potere del Papa di creare i cardinali, come si dice in gergo mettendo su di loro una berretta rossa, diventa un privilegio che il papato rinascimentale usa anche per i propri nipoti, anche per i propri familiari, anche piccolissimi, con l’idea di rafforzare il proprio partito all’interno di una struttura, la Chiesa di Roma, che come potere temporale è anche un grande attore globale della politica internazionale. Sarà alla fine del Cinquecento che verrà messo un limite a tutto questo, fissando in 70 il numero dei cardinali che il Papa può creare. Ma questo non cambierà il fatto che dentro il collegio siano soprattutto le dinamiche familiari quelle dominanti e poi le dinamiche internazionali quando la piccola presenza dei cardinali non residenti in Roma diventa la cosa più caratteristica. Dopo il Concilio di Trento, con l’obbligo di residenza dei vescovi, i cardinali che non risiedono a Roma devono effettivamente stare nelle loro diocesi e questo progressivamente muta la fisionomia del collegio cardinalizio che diventa anche uno strumento di rappresentanza della Chiesa universale e che nelle sue riunioni, i concistori, delibera insieme al Papa alcune cose, sia in modo cerimoniale, più raramente in modo sostanziale. Nel secolo XX, dopo il Vaticano II, papa Paolo VI decide che il numero dei cardinali debba essere fissato in 120, aumentando la platea che elegge il Papa, ma al tempo stesso creando una categoria nuova, cioè i cardinali ultraottantenni, che perdono potere elettorale ma che conservano la dignità e il rango di cardinali e che partecipano ai concistori. E in questo modo il collegio cardinalizio prende una fisionomia ancora diversa e con il codice di Diritto Canonico del 1983 il suo scopo si riduce alla elezione del nuovo Papa, compito che il collegio cardinalizio esercita dal Duecento attraverso l’elezione riservata, il conclave, a porte chiuse.