Concilio Ecumenico Vaticano II

Le parole del nuovo millennio

Nel 1870 il Concilio Vaticano I viene sospeso perché i vescovi scappano da Roma in occasione della guerra franco-prussiana e non vi torneranno più perché dopo la presa di Porta Pia far venire i vescovi ad un concilio vorrebbe dire per la Chiesa cattolica ammettere che la questione romana non esiste. Però l’idea di fare un’assemblea per finire il Vaticano I percorre l’inizio del Novecento, come quegli anni sono percorsi dall’idea di fare un concilio ancora diverso, ancora più grande, un concilio di tutte le chiese, si dice a Costantinopoli o un concilio nel quale si possano radunare i rappresentanti delle grandi confessioni come farà il movimento ecumenico. E’ una grande sorpresa quando il 25 gennaio 1959 papa Giovanni annuncia che farà lui un concilio, un concilio generale al quale invitare tutte le chiese, come ad un convito di grazia. L’annuncio apre una stagione di grandi speranze; nessuno si accorgerà che la curia romana è stata incaricata di preparare del materiale per il concilio (preparerà settanta schemi di cui sessantanove verranno cassati fondamentalmente il primo giorno di concilio). E nonostante fosse molto anziano papa Giovanni riesce ad avviare quel concilio l’11 ottobre 1962, dandogli due obiettivi: quello di rappresentare un balzo innanzi, cioè non semplicemente una ripetizione di antiche dottrine, tanto meno la ripetizione di condanne o definizioni che espressamente esclude dalla agenda del concilio, e in secondo luogo dare a questo concilio un tratto nuovo, quello che lui chiama pastorale, dove pastorale non vuole dire qualcosa di minore rispetto alla definizione dogmatica delle verità, ma un modo di dire le verità coerenti con la verità che è Gesù stesso. Il concilio inizierà sotto la convinzione di molti che sarebbe stato un breve disastro, nel quale i vescovi avrebbero approvato, senza colpo ferire, quello che la curia aveva preparato. In realtà sarà esattamente il contrario. Il concilio rappresenterà per tutte le generazioni di vescovi che prendono parte nelle sue quattro sessioni, fondamentalmente ogni autunno dal ’62 al ’65, una grande esperienza di rinnovamento del proprio bagaglio spirituale e teologico. E la convinzione che quel cambiamento non deve essere fatto per venire incontro a qualche istanza di modernità, ma deve essere fatto per venire incontro al vangelo, per essere più aderenti al vangelo. Vaticano II elaborerà una serie di documenti, costituzioni, dichiarazioni, decreti, messaggi, un atto di levata della scomunica fra Roma e Costantinopoli, e si porrà al centro del Cattolicesimo romano come l’organo con il quale la chiesa cattolica ha riguadagnato credibilità ecumenica. Al Vaticano II partecipano anche cristiani di altre confessioni, oltre ai vescovi di tutto il mondo, e questo fa del concilio l’unica assemblea di pari mai convocata sul pianeta terra. Rappresenterà anche un’eredità controversa perché una piccolissima minoranza, che si opponeva a molte decisioni durante il concilio, aprirà un microscopico scisma nella Chiesa, quello cosiddetto lefebvriano, ma come dirà Giovanni Paolo II nel 2000 il Vaticano II continuerà ad essere la bussola e l’orientamento della chiesa cattolica. Nella sua ricezione, cioè nel processo di attuazione del concilio, si impegneranno non solo i vescovi, le conferenze episcopali, i papi, che si sono succeduti sulla sede romana, ma anche grandi assemblee, come l’assemblea di Medellin e di Puebla dell’episcopato latinoamericano, che costituiranno in qualche modo una forma di prosecuzione dentro la storia latinoamericana del Vaticano II. Altri continenti non faranno lo stesso tipo di scelta ma a cinquanta anni dal concilio è evidente che quel patrimonio di intuizioni rimane ancora il punto di unità fondamentale del Cattolicesimo romano e non solo.