Giusto processo

Le parole del nuovo millennio

Con l’espressione giusto processo ci si riferisce all’insieme dei principi processuali che vengono affermati dalla nostra Carta costituzionale. L’espressione giusto processo, in realtà, trova sede propriamente nell’art. 111 della nostra Carta costituzionale, come modificato da una legge costituzionale nel 1999 e, per effetto di questa modifica, oggi noi troviamo, appunto nel 1° comma dell’art. 111, l’affermazione che l’esercizio della giurisdizione deve avvenire nel rispetto dei principi del giusto processo regolato dalla legge.

Va anche detto che i principi del giusto processo, in realtà, non entrano in scena nella nostra Carta costituzionale solo nel 1999, perché anche in precedenza si riteneva pacificamente che questi principi fossero ricavabili da tutta una serie di altre disposizioni della Carta costituzionale, in particolare dall’art. 24 che, da un lato, afferma il diritto di ciascuno di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi e, dall’altro lato, nel secondo comma, afferma l’inviolabilità del diritto di difesa in qualsiasi stato e grado del procedimento.

Ma quali sono i principi che comunemente vengono definiti come principi del giusto processo? Come dicevamo, in realtà questi principi sono ricavabili da un insieme di disposizioni.

Va anche detto però che l’art. 111, modificato nel 1999, sicuramente individua alcuni principi che possono definirsi come caratterizzanti dell’attività processuale. E in particolare l’art. 111 si sofferma su alcune specifiche regole processuali che necessariamente devono essere assicurate dal legislatore ordinario tutte le volte in cui intenda legiferare in materia processuale.

In particolare, l’art. 111 sottolinea l’importanza che assume nel contesto processuale il principio del contraddittorio, cioè la necessità che le parti tra le quali è sorta la controversia, e che chiedono al giudice la risoluzione di questa controversia, possano interloquire fra di loro e con il giudice, prima che lo stesso possa arrivare ad emettere la sua decisione.

Un secondo fondamentale principio, che lo stesso art. 111 afferma con chiarezza, è il principio cosiddetto della terzietà e imparzialità del giudice, cioè l’esigenza che l’organo chiamato a decidere debba essere equidistante dalle parti e soprattutto non avere interessi nella causa che è chiamato a risolvere.

Aggiunge ancora l’art. 111 la necessità che nel legiferare in materia processuale il legislatore ordinario assicuri la cosiddetta ragionevole durata del processo, cioè assicuri una durata dell’attività processuale limitata nel tempo. È importante sottolineare, rispetto a questa affermazione costituzionale del principio della ragionevole durata, l’importanza dell’aggettivo ragionevole, perché l’esigenza che il legislatore costituzionale pone è quella di assicurare all’attività processuale una durata che sia evidentemente compatibile con il rispetto delle altre garanzie costituzionali. Ed in questo senso va inteso il riferimento alla sua ragionevolezza.

Va infine sottolineata la presenza, sempre nell’art. 111, di due ulteriori principi costituzionali in materia processuale: da un lato, l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali;dall’altro, il diritto delle parti di avere il controllo di legittimità sulle decisioni dei giudici attraverso la possibilità di ricorso davanti alla Corte di cassazione.