Licenziamento illeggittimo

Le parole del nuovo millennio

Il nostro ordinamento, già a partire da una legge del 1966, ha previsto che la possibilità del datore di lavoro di disporre il licenziamento del lavoratore dipendente non possa avvenire liberamente e discrezionalmente, ma sia subordinata alla dimostrazione, da parte dello stesso datore di lavoro, che sussista una giusta causa o un giustificato motivo per procedere al licenziamento del lavoratore dipendente.

Si parla di giusta causa quando il motivo addotto dal datore di lavoro per procedere al licenziamento sia integrato da circostanze sopravvenute che impediscono al lavoratore dipendente di svolgere in maniera adeguata le mansioni per le quali è stato assunto. Si parla, invece, di giustificato motivo oggettivo quando l’esigenza di procedere al licenziamento del lavoratore dipendente nasca da ragioni legate al buon funzionamento del lavoro o a ragioni di tipo organizzativo.

I concetti di giusta causa egiustificato motivo utilizzati dal legislatore per limitare il potere di licenziamento del datore di lavoro sono concetti indeterminati. Da qui nasce, evidentemente, la possibilità che il lavoratore licenziato possa ottenere dal giudice di verificare, da un lato, l’esigenza effettiva della giusta causa e del giustificato motivo, addotti dal datore di lavoro; dall’altro, di verificarne la validità in riferimento all’esercizio del licenziamento.

Particolarmente rilevante, rispetto alla possibilità di intervento del giudice nella materia dei licenziamenti individuali, è l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, cioè della legge 300 del 1970.

Le novità introdotte nell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori dalla legge di riforma del 2012 attenuano la tutela effettiva del lavoratore illegittimamente licenziato. Ed infatti alla luce della riforma del 2012 l’art. 18 ammette la possibilità che il lavoratore illegittimamente licenziato possa ottenere dal giudice l’ordine di reintegrazione nel posto di lavoro solo nel caso in cui il giudice accerti che il licenziamento risulti nullo e, quindi, risulti o giustificato da ragioni discriminatorie, o combinato dal datore di lavoro nel periodo di maternità della lavoratrice madre o di malattia.

Parimenti, la possibilità di avere la reintegrazione nel posto di lavoro viene garantita dall’art. 18 laddove il giudice accerti l’inesistenza del giustificato motivo oggettivo. In tutti gli altri casi, invece - sia laddove il giudice dovesse accertare l’inesistenza della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo addotti dal datore di lavoro, o accerti la non validità ai fini del licenziamento della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo - il lavoratore illegittimamente licenziato non potrà più contare sulla possibilità di reintegrazione, perché attualmente l’art. 18 prevede che il giudice possa molto più semplicemente condannare il datore di lavoro a corrispondere al lavoratore illegittimamente licenziato un’indennità onnicomprensiva,che varierà da un minimo di dodici mensilità ad un massimo di ventiquattro.