Tsunami

Le parole del nuovo millennio

Diventata ormai di uso comune in molte lingue, italiano compreso, tsunami è una parola giapponese che alla lettera in lingua giapponese indica onda contro il porto, e viene utilizzata fin da tempi molto antichi per indicare, appunto, un’onda anomala molto alta, molto forte, che dal mare arriva a colpire le coste.

Ha perfettamente senso che questa parola esista solo in giapponese. Si tratta di un fenomeno estremamente raro che per verificarsi richiede due cose: un terremoto estremamente forte, che si verifica in mezzo al mare, e quindi è comprensibile che la parola sia stata introdotta in Giappone, che si trova in una delle zone più fortemente sismiche del pianeta, ma che è, al tempo stesso un paese insulare costruito su un arcipelago di isole.

Quando un terremoto estremamente forte ha il suo epicentro in mezzo al mare lo spostamento della superficie terrestre, di un blocco di crosta terrestre, libera una grande quantità di energie che provoca un’onda che si propaga sul mare. In realtà può essere poco visibile mentre si sposta sul mare, perché l’altezza dell’onda può essere relativamente limitata, ma una volta che raggiunge la terraferma e quindi i fondali più bassi quell’onda si alza fino a raggiungere la terraferma con effetti catastrofici provocando grandi devastazioni, un fenomeno appunto molto raro ma che nella storia giapponese si è ripetuto alcune volte al punto da meritarsi una parola per sé.

Tutti noi abbiamo avuto familiarità con questa parola la prima volta in occasione del terremoto che ha colpito il Sud Est Asiatico, in particolare l’Indonesia e le zone di Giava e Sumatra nel dicembre del 2004. Quel terremoto, che fu uno dei più potenti mai registrati da quando esistono i moderni sismografi, fece in realtà ancora più danni per il potente tsunami che causò, che fece oltre 230 mila morti in diversi paesi del Sud Est Asiatico e che, dalla zona di Giava e Sumatra dov’era partito, fu percepito addirittura fino alle coste dell’Africa.

Un altro tsunami di cui abbiamo visto tragicamente gli effetti fu quello causato invece proprio in Giappone dal terremoto nella primavera del 2011, terremoto estremamente forte che però provocò relativamente pochi danni in quel paese molto ben attrezzato per resistere agli eventi sismici. Lo tsunami che passò, invece, fu così forte al punto da provocare un grave e preoccupante incidente alla centrale nucleare di Fukushima che fu investita proprio dall’ondata d’acqua. Da notare che anche in quel caso le onde causate da quello tsunami arrivarono addirittura dall’altra parte dell’Oceano Pacifico e si fecero sentire fino alle coste della California.

Oggi la maggior parte dei paesi sismici e collocati su coste stanno mettendo in piedi dei sistemi di allerta per essere in qualche modo allertati e preparati con qualche ora di anticipo all’arrivo dello tsunami nel caso di un forte terremoto, qualcosa di cui forse ci sarebbe bisogno anche in Italia, dove in particolare la zona di Messina e Reggio Calabria, già teatro di un fortissimo terremoto nel 1908, è esposta proprio a questo tipo di rischio, e infatti nel 1908 al terremoto di Messina fu associato anche un forte tsunami.

Da notare, per chiudere, come negli ultimi anni, in senso metaforico, la parola tsunami sia venuta a indicare ogni fenomeno che possa essere descritto come un’onda improvvisa, estremamente violenta, imprevista e sostanzialmente inarrestabile.