Pietro Greco. Le cellule immortali di Carrel
Se solo fosse vero...
«La cellula è immortale, se ben nutrita e pulita».
Sì, Alexis Carrel, chirurgo e biologo francese, ricercatore del Rockefeller Institute di New York, premio Nobel per la medicina nel 1912, ne è convinto: ha trovato la fonte dell’eterna giovinezza.
Intanto è il primo ad aver messo a punto una tecnica per far crescere le cellule animali fuori dal corpo, in un’apposita coltura che le nutre. Ma quando riesce alcune cellule, chiamate fibroblasti, ricavate dal cuore di un embrione di pollo e a farle crescere e riprodurre per 34 anni.
Ebbene, Carrel ritiene che queste cellule, ben nutrite e pulite, siano letteralmente immortali. E riesce a convincere per più di quarant’anni un’intera comunità scientifica.
Per la verità il 17 gennaio 1912, l’anno del Nobel, prepara 16 diverso colture per cellule prelevate dal cuore di embrioni di pollo. 11 muoiono subito. Altre 4 nei mesi successivi. Una sola sopravvive.
Tanto gli basta per scrivere un articolo sul Journal of Experimental Medicine intitolato Sulla vita permanente di tessuti fuori dall’organismo. Dove è quell’aggettivo, permanente, che cattura l’attenzione e le critiche dei lettori.
D’altra parte lui teorizza: «Poca osservazione e molto ragionamento conducono all'errore; molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità».
Di anno in anno, appaiono articoli sulle riviste specializzate che parlano di un numero incredibile di produzione di nuove cellule da quelle iniziali. Con un numero di riproduzioni cellulari che ammontano a 1390 nel 1919 e a 1860 nel 1922.
La stampa e persino lo Scientific American, la più importante rivista di divulgazione scientifica, annunciano la scoperta delle cellule immortali.
Nessuno riesce a ripetere l’esperimento. Ma ciò non toglie che Carrel sia riconosciuti nelle più alte assisi scientifiche come il “genio che ha scoperto l’immortalità”.
Questa fama dura fino al 1956, quando Leonard Hayflick dimostra che le cellule umane possono andare oggetto a un massimo compreso tra 40 e 60 divisioni cellulari. Poi il cumulo di errori diventa ingestibile e arriva la morte. Solo le cellule tumorali sembrano essere immortali.
Cosa era successo nella coltura di Carrel? Non lo sappiamo. Il biologo francese era morto nel 1944, portandosi, ironia della sorte, nella tomba il segreto di quella immortalità impossibile.