Sandro Carniel. Come si misura il mare?

Gli oceani sono in gran parte ancora sconosciuti

Producono il 50% dell’ossigeno che respiriamo, assorbono il 30% dei gas serra attualmente emessi dall’uomo, immagazzinano così bene il calore che bastano i primi 2 metri e mezzo per trattenere l’intero calore che si trova al di sopra nell’atmosfera. Allo stesso tempo sono abitati dalle forme di vita più grandi e più piccole al mondo, forniscono proteine a 2 miliardi di persone e permettono lo spostamento del 90% delle merci di tutto il mondo… Sto parlando ovviamente degli oceani, fondamentali per la vita del pianeta, ma ancora in gran parte sconosciuti. Sappiamo di più del suolo lunare e addirittura di quello marziano che non di cosa si nasconde nei nostri mari di cui ad oggi sono stati mappati soltanto il 10/15% dei fondali, e con una risoluzione dieci volte più bassa a quella usata per la Luna. E ciò non vale solo per i fondali, ma anche per quello che accade lungo la colonna d’acqua.

Ma come si misura quindi l’acqua del mare? Quando ci si pone questa domanda dobbiamo ricordare sempre che l’oceano non è una pellicola, ma ha una terza dimensione, la sua profondità.
Utilizzando delle boe galleggianti, in superficie quindi, riusciamo a ricavare solo alcune variabili meteo, indicazioni sulle maree, correnti, temperature o onde superficiali. 

Per esplorare la terza dimensione del mare, serve invece almeno un palo strumentato piantato sul fondale, lungo il quale, grazie a strumenti posizionati a varie profondità, possiamo seguire quello che accade alla colona d’acqua. Per arrivare a questo risultato, ma in aree più profonde, esistono poi gli osservatori costieri fissi, come le piattaforme oceanografiche. Consentono di effettuare misure per periodi considerevoli (creando delle “serie temporali lunghe”) e con maggior agio, ma sono pur sempre vincolate ad un punto fisso, non sono mobili.

Per muoverci in mare nello spazio e nel tempo, serve invece salire su una nave oceanografica, con cui le possibilità aumentano, anche perché vi si possono imbarcare strumentazioni più ingombranti e pesanti. Ma si tratta comunque di un’operazione lenta e difficile; anche le campagne di misura in mare con una nave, quindi, non riescono a fornire un’idea complessiva e veloce dello stato degli oceani per vaste regioni. In questo caso possono aiutare le misure da remoto, come quelle ottenute dai satelliti, che coprono vaste aree dei mari fornendo informazioni sulla temperatura, le onde, il vento che soffia sul mare, le concentrazioni di alcune sostanze come la clorofilla o i sedimenti sospesi, e altro ancora. Ma le difficoltà non sono finite qui, perchè purtroppo le acque del mare sono opache alla radiazioni elettromagnetiche e quindi anche con il satellite non è possibile conoscere direttamente quello che accade sotto i primi centimetri d’acqua. Insomma, misurare il mare è difficile e servono una serie di approcci diversi e complementari.

Ma serve soprattutto la convinzione che sia essenziale conoscerne i segreti anche nelle profondità più remote.