I poteri del Gran Consiglio del Fascismo

Con Giovanni Sabbatucci

Con la Regia Legge n. 2693, il Gran Consiglio del Fascismo diventa organo costituzionale del Regno d’Italia, con la funzione di “coordinare e integrare tutte le attività” del regime fascista.

Il Gran Consiglio del fascismo è noto ai più per la sua ultima seduta: quella della notte del 25 luglio 1943 in cui venne presentato l’ordine del giorno "Grandi" che di fatto sfiduciava Mussolini e dava al re Vittorio Emanuele III il pretesto per licenziare e arrestare il duce: l’ultimo atto del Gran Consiglio e anche del regime fascista. In realtà il Gran Consiglio fu un organo fondamentale nell’architettura del regime: non solo perché attraverso di esso passarono molte decisioni importanti, ma perché riassume in sé un carattere tipico di quel regime, ovvero la commistione, la sovrapposizione fra Stato e Partito.

Il Gran consiglio del Fascismo nasce nel dicembre del 1922, poche settimane dopo la marcia su Roma, come organo di partito, ma investito subito di poteri che vanno ben al di là delle competenze di un partito (ne fanno parte, ad esempio, i ministri fascisti in quanto ministri, e il capo della polizia).

Quando, con la legge del 9 diembre 1928, diventa un organo costituzionale, un organo dello Stato italiano, non cessa di essere organo di partito e di occuparsi anche di questioni tipicamente partitiche.

E’ la stessa ambiguità che troviamo nella Milizia volontaria di sicurezza nazionale, organo di partito inquadrata nello Stato e nella stessa figura di Mussolini, capo del governo di sua maestà e duce del fascismo. Il Gran Consiglio è al centro di questo sistema: non è un caso che sia stato scelto come la sede per farlo saltare.