I Caravaggio di Sir Denis Mahon

Un'intervista del 2003

Sir John Denis Mahon (1910–2011), londinese, collezionista e grande specialista di storia dell’arte, ha dato un contributo enorme agli studi sulla pittura Barocca italiana di ambito bolognese. In particolare, Mahon si è dedicato tutta la sua vita alla riscoperta dell’opera di Francesco Barbieri, detto il Guercino (1591-1666), di cui è considerato il massimo conoscitore, dei tre Carracci (Ludovico, 1555-1619; Agostino, 1557-1602; Annibale, 1560-1609;), e di Guido Reni (1575-1642); in questo contesto, ha approfondito con studi importanti anche due grandi figure di artisti antitetici del Seicento, Nicolas Poussin (1594-1665) e Caravaggio (1571-1610) a cui è dedicata quest’intervista.

Nato da una ricca famiglia di banchieri di origine irlandese, Mahon poté dedicarsi sin da giovane agli studi di storia dell'arte e al collezionismo in un periodo in cui, tra gli anni Trenta e Cinquanta del Novecento, non ebbe grandi difficoltà a formare la sua straordinaria collezione di pittura Barocca italiana

All’epoca, infatti, il mercato offriva molti dipinti di altissima qualità e a prezzi abbordabili, essendo gli studi in questo campo ancora agli albori, dopo il drastico rifiuto della critica ottocentesca e le stroncature di personalità indiscutibili come lo storico dell'arte Bernard Berenson (1868-1959).
Oggi considerate pietre miliari, le sue prime mostre allestite a Bologna furono dedicate ai “Carracci” (1956) e a “l'ideale classico del Seicento in Italia” (1962), quest’ultima, qui riproposta in un servizio di Emilio Garroni (L'ideale classico del Seicento in Italia). 
Scomparso ultracentenario, nel 2010, per mezzo secolo Denis Mahon ha continuato a lavorare tra Londra e Bologna a fianco di studiosi come Francesco Arcangeli e Andrea Emiliani, proponente della Laurea Honoris Causa conferita allo studioso britannico dall'Ateneo bolognese nel 2002.


Caravaggio, I bari, 1594, olio su tela, 94×131cm, Kimbell Art Museum, Fort Worth

In questa intervista del 2003, Mahon mette in evidenza il successo di pubblico delle recenti esposizioni dedicate a Caravaggio a Londra e a Roma (Caravaggio e il genio di Roma, Royal Accademy of Arts, Londra; Palazzo Venezia, Roma, 2000-2001), vette degli studi iniziati oltre cinquant’anni prima da Roberto Longhi (1890-1970), sfociati nella storica mostra milanese del 1951: “Caravaggio e i caravaggeschi” (Longhi e Caravaggio, artista moderno e "popolare").
Fu dalla mostra longhiana che si iniziarono a delineare le diverse personalità di artisti gravitanti, per almeno un ventennio dopo la morte del Merisi, intorno alla sua opera. Nei primi anni del Novecento, infatti, era ancora difficile individuare la mano originale di Caravaggio dai suoi tantissimi seguaci; era il caso di Bartolomeo Manfredi (1582-1622), grande divulgatore del verbo caravaggesco nel nord Europa, come pure di stranieri in visita a Roma, quali Simon Vouet (1590-1649) e Valentin de Boulogne (1591-1632), le cui opere, avevano sempre creato “grande confusione”. 
La grande novità introdotta dall’artista lombardo, ribadisce Mahon, è data dal fatto che Caravaggio iniziava a usare modelli dal vero, mentre figure come Giuseppe Cesari (1568-1640), detto il Cavalier d’Arpino, pittore manierista suo coetaneo, lavoravano in base a disegni e per puro “esercizio accademico”.  

Con la scoperta di Caravaggio e i caravaggeschi, inaugurata con la mostra del 1951, si cominciò a fare sul serio, a mettere ordine e più si faceva ordine, più emergeva l’imponente figura di Caravaggio … Questo lavoro ha richiesto mezzo secolo e anch’io ho potuto dare il mio contributo a questa operazione di scavo
Denis Mahon

Tra le sue pioneristiche scoperte, l’ultima risale al 2006, tre anni dopo questa intervista, quando Mahon comperava, per oltre cinquantamila sterline, un dipinto considerato di “scuola caravaggesca” scelto dallo studioso sfogliando un catalogo d'asta mentre, seduto a un ristorante di Londra, lo incuriosiva la storia del quadro che catturava il suo infallibile “colpo d'occhio”. 
Un anno dopo, la tela veniva riconosciuta autentica dai più importanti studiosi di Caravaggio. Si tratta del dipinto giovanile I Bari (olio su tela, 94,2×130,9cm., Museum of the Order of St. John, Clerkenwell, Londra) che, sottoposto a restauro, si rivelò un Caravaggio originale e probabilmente, dipinto prima di una stessa versione, con qualche variante, identificabile nell’opera appartenuta al cardinal Francesco Maria Del Monte, oggi conservata al Kimbell Art Museum di Fort Worth.
Al suo arrivo a Roma, il giovane Caravaggio lavorava per conoscitori d’arte e collezionisti, personaggi influenti, tra cui il Cardinal del Monte, residente a Palazzo Madama e il Marchese Vincenzo Giustiniani che gli abitava di fronte.

Mahon ricostruisce con precisione il contesto in cui operava il giovane Caravaggio per evidenziare il “modus operandi” dell’artista, in merito alle repliche, o varianti, per nulla sconosciute al pittore 

Cardinal Del Monte, infatti, scopriva Caravaggio proprio attraverso I Bari, una scena di genere “quotidiana” per la quale il collezionista offriva al pittore i suoi locali per allestire un atelier. Subito dopo, attratto dalla novità, il cardinale comprava nel mercato una scena simile, La buona ventura (1593), dove una bella zingarella leggeva la mano a un giovane di passaggio.
Trasferito a Palazzo Madama, il primo quadro che Caravaggio dipinse per Del Monte fu Concerto di giovani (1593-’94; Metropolitan Museum of Art, New York), un'altra tela che Mahon trovò in Inghilterra e il grande museo americano acquistò prontamente. 


Caravaggio, Suonatore di liuto, olio su tela, Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo

Nei primi anni romani, Caravaggio dipinse per Giustiniani il Suonatore di liuto (1594-’95; Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo), ritratto con accanto una natura morta di fiori e frutta sul tavolo, opera subito replicata su precisa richiesta di Del Monte, ma con una piccola variante (Metropolitan Museum, New York). Mahon sottolinea che, da recenti studi d’archivio, è certo come il cardinale non volesse la natura morta perché già presente nella sua collezione e dunque, chiese all’artista di dipingere uno strumento musicale, una piccola spinetta a tastiera.

Nel 1990, Denis Mahon donava la sua intera e prestigiosa collezione d'opere d'arte, composta di ben cinquantasette opere, a vari musei, tra cui la Pinacoteca Nazionale di Bologna e la National Gallery of Ireland di Dublino.


FOTO DI COPERTINA
Sir John Denis Mahon, settembre 1998