La collezione di Scipione Borghese

"Bella di notte" un film di Luciano Emmer

Emmer si è reso conto che il documentario di certi anni non ha più senso e dunque in “Bella di notte” ha spostato l’attenzione su “chi guarda” e non più sulla “cosa guardata”. 
Massimo Ferretti, 2004

In "Bella di notte" (1997), il regista e pioniere del film sull’arte Luciano Emmer ("Bella di notte" di Luciano Emmer) pone l’accento sul fenomeno del collezionismo, un tema molto caro alla storiografia degli ultimi cinquant’anni, trattato in testi che oggi sono dei classici della letteratura artistica: in primis, quello di Francis Haskell, Mecenati e pittori (1963, traduzione italiana 1967, poi ancora aggiornato), dove lo studioso fa rivivere lo splendore del Barocco italiano nato e alimentato da amatori e collezionisti, anche privati, della Roma Seicentesca. 
Nel film, Emmer entra di notte a Villa Borghese, palazzina sorta “fuori Porta Pinciana", all'interno della quale è situata la Galleria. Sorta all'inizio del Seicento intorno a un iniziale possedimento della famiglia di origine senese, la villa fu progressivamente circondata da altri terreni che oggi costituiscono l’immenso parco. 
La rapida ascesa dei Borghese nel contesto romano culminava nell'elezione a pontefice di Camillo (1605-1621) che, con il nome di Paolo V, avviò la grande stagione di interventi urbanistici e architettonici, nonché di collezionismo.

Lasciati guardare Scipione Borghese. Voglio capire chi eri e cosa volevi nella vita. La piega ironica del sorriso nelle tue labbra rivela il vero istinto, a differenza di tuo zio tu ricercavi il piacere nella vita. Il piacere era anche quello di fare tue le opere d’arte che desideravi possedere
Luciano Emmer, Bella di notte

Con queste parole Emmer inquadra i busti di Bernini realizzati per Scipione Caffarelli Borghese (1577-1633), il “cardinal nepote” che, dopo l'ascesa al soglio pontificio dello zio Paolo V, intraprese un intenso lavorio di committenze unito ad una sistematica opera di acquisizioni di opere d'arte che avrebbero reso la sua collezione una delle più grandi dell'epoca.


Gian Lorenzo Bernini, Il Cardinal Scipione, 1632

Scipione era dotato di un infallibile intuito in materia di qualità artistica. Spinto da una passione senza remore nei metodi per l’acquisto delle opere più pregiate, il cardinal nepote suscitò l’attenzione generale per le sue azioni spregiudicate. Ma Scipione fu anche un oculato mecenate, uno scopritore di talenti come Bernini, Caravaggio, Domenichino, Reni e Rubens stesso, in Italia nei primi anni del Seicento. 

Emblematica l’azione del 1607 quando, attraverso il sequestro dei dipinti dello studio del Cavalier d'Arpino ordinato da Paolo V, il nipote entra in possesso di circa cento dipinti, tra cui alcune opere giovanili di Caravaggio 

L’anno dopo, segue l’acquisto di settantuno dipinti straordinari appartenenti al cardinale Emilio Sfondrato, tra i quali è probabile la presenza di “Amor Sacro e Amor Profano” di Tiziano, nonché del “Ritratto di Giulio II” (Londra, National Gallery) e della “Madonna del velo” (Chantilly, Musée Condé) di Raffaello.
A riprova della sua indiscussa eccellenza, nella raccolta Borghese erano presenti altre opere di Raffaello, poi vendute dalla famiglia durante gli anni della Rivoluzione francese (le “Tre Grazie”; Chantilly, Musée Condé; il “Sogno del Cavaliere” e la “Santa Caterina” Londra, National Gallery).
Interessante anche la vicenda dell'acquisto, nel 1605, della “Madonna dei Palafrenieri” di Caravaggio, rifiutata dalla Confraternita poco tempo prima dell'esposizione nella cappella in San Pietro per cui, si ipotizza, fosse stato lo stesso pontefice a favorire così il nipote. 
Rocambolesco e quasi incredibile, il trafugamento della “Deposizione Baglioni” di Raffaello, prelevata per volere di Scipione dal convento perugino di “San Francesco” a Prato, facendola calare dalle mura della città nella notte tra il 18 e il 19 marzo del 1608 e in seguito, dichiarata "cosa privata del cardinale" da Paolo V.

E ancora, nel 1616, Domenichino passò alcuni giorni in prigione per aver opposto resistenza a Scipione, nella consegna della sua “Caccia di Diana”, dipinto commissionato all’artista dal cardinale Pietro Aldrobrandini

Altro fondamentale elemento capace di conferire un'aura di ideale universalità alla collezione in via di costante arricchimento, furono le sculture antiche. Nel 1607, Scipione acquista le raccolte Della Porta e Ceuli a cui si aggiungono, grazie a straordinari rinvenimenti occasionali, il celeberrimo “Gladiatore” (oggi al Louvre) trovato nei pressi di Anzio, e “l'Ermafrodito”, scoperto durante gli scavi vicini alla Chiesa di Santa Maria della Vittoria.
Allo splendore dei marmi archeologici, fa eco la straordinaria novità della statuaria "moderna", in costante competizione con i modelli classici. Dal 1615 al ’23, il giovane Bernini esegue per il cardinale i celeberrimi gruppi scultorei, ancora oggi conservati nel Museo (“Capra Amaltea”, “Enea e Anchise”, “Ratto di Proserpina”, “David”, “Apollo e Dafne”).
Un quadro abbastanza attendibile della collezione di opere d'arte di Scipione Borghese, in assenza di un preciso inventario di riferimento, venne fornito a metà Seicento nella descrizione della Villa e dei suoi giardini ad opera di Giacomo Manilli (Villa Borghese fuori di Porta Pinciana, 1650). 

Alla sua morte, per volere del cardinale Scipione, tutti i beni mobili e immobili furono sottoposti a uno strettissimo vincolo fidecommissario, istituzione giuridica che preservò l'integrità della collezione fino a tutto Settecento

Alla fine del Seicento, i Borghese potevano contare su una raccolta di circa ottocento dipinti e su una delle più celebrate collezioni di antichità romane, oltre a uno sterminato patrimonio immobiliare. Tuttavia, fu la raccolta archeologica a sollevare l'interesse di Napoleone Bonaparte, la cui sorella Paolina (1780-1825), nel 1803, era andata in sposa al principe Camillo Borghese (1775-1832). In seguito alla vendita forzosamente imposta dall'imperatore, tra la fine del 1807 e il 1808, molte sculture furono smontate dalla loro sede originaria e trasportate al Museo del Louvre, di cui oggi costituiscono uno dei nuclei fondamentali della collezione archeologica.
Negli anni successivi, attraverso le reintegrazioni operate con il recupero di statue e nuovi scavi promossi dall'incaricato di affari del principe, Evasio Gozzani di San Giorgio, l’originaria Palazzina Pinciana assunse l'aspetto attuale. 
Grazie a Camillo, entrano nella collezione due celebri capolavori della Villa: la statua di Paolina Bonaparte come “Venere Vincitrice” (1805-‘08) di Antonio Canova e la “Danae” (1531) di Correggio, acquistata nel 1827. 
Nel 1833, Camillo Borghese rinnovava l'istituzione del vincolo fidecommissario, preservando l'integrità della collezione fino all'acquisto, nel 1902, del Museo e della Galleria da parte dello Stato Italiano.

FOTO DI COPERTINA
Johann Wilhelm Baur, prospetto di Villa Borghese, 1636

APPROFONDIMENTO
Galleria Borghese