Udine città dei Tiepolo

TgR Bellitalia, 1996

Udine, una vivace ed elegante città di impronta veneziana, antica sede del Patriarcato di Aquileia, ospita i primi grandi affreschi realizzati da un giovane promettente, Giambattista Tiepolo (1696-1770) che qui operò in diversi anni della sua lunga carriera (Tiepolo pittore profano), anche con il figlio Giandomenico (1727-1804). 

In terra friulana, Tiepolo compie il mirabolante passaggio dal Barocco al Rococò europeo in cicli decorativi ed opere che consegnano per sempre a Udine l’appellativo di “Città del Tiepolo”

Il Palazzo Patriarcale con il Museo Diocesano e le Gallerie del Tiepolo, il Duomo, l’Oratorio della Purità e i Civici Musei con le Gallerie d’Arte Antica, costituiscono un unicum incomparabile per la maestosità delle opere realizzate dal maestro.
Il giovane pittore arriva a Udine nel 1726, chiamato dal committente Dionisio Dolfin, Patriarca di Aquileia che, a coronamento della complessa riqualificazione architettonica dell’antico Palazzo dei Patriarchi, gli commissiona la decorazione interna. Oggi, questo scrigno di tesori vanta una collezione di ben settecento opere dell’artista.


Giambattista Tiepolo, Caduta degli angeli ribelli, 1726, Scalone centrale, Palazzo dei Patriarchi, Udine

Primo affresco udinese di Tiepolo, la “Caduta degli Angeli ribelli” (1726), situato a coronamento dello scalone centrale del palazzo. Tiepolo opera in completa autonomia e libertà di linguaggio e valorizza l’altezza della struttura in un ardito gioco prospettico di luce.
Nella scena, racchiusa entro una ricca cornice in stucco, realizzata della bottega del lombardo Giovanni Maria Andreoli, San Michele Arcangelo emerge da nubi rosee mentre, brandita la spada, allontana dal Paradiso gli Angeli ribelli (Il giovane Tiepolo e il Patriarca di Udine). 

Tre corpi aggrovigliati ai serpenti, precipitano in basso verso Lucifero che, con il braccio sinistro realizzato in stucco dipinto, spezza la cornice ed accentua l’illusione prospettica della caduta 

L’impasto cromatico è denso, tenuto su toni bruno rossastri. Solo l’Arcangelo Michele si libra in un cielo pastello e trasparente.
Tutt’intorno, Tiepolo affresca a monocromo otto “Storie” di Adamo ed Eva prese dalla Genesi: si tratta di modernissimi monocromi, tinti in violetto lumeggiato di bianco, che proiettano su un fondo dorato figure umane ed elementi paesaggistici. 
Con la “Caduta degli Angeli ribelli”, iniziava un complesso discorso teologico che sarà di base alla decorazione pittorica dell’intero palazzo, un programma suggerito al patriarca Dolfin dai suoi colti consiglieri: la storia è quella del peccato all’origine dell’umanità.

Giambattista Tiepolo, Il sacrificio di Isacco, Galleria degli ospiti, 1727-29, Palazzo dei Patriarchi, Udine

Tra 1727 e ‘29, in collaborazione con il quadraturista Gerolamo Mengozzi Colonna (1686–1774), Tiepolo affrescò soffitto e pareti della Galleria degli ospiti, uno spazio lungo e stretto. La narrazione comprende alcuni passi tra i più significativi per Dolfin, sulle tre maggiori figure bibliche: i patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe. Al centro del soffitto, il “Sacrificio di Isacco” è inserito dentro le ricche cornici del Colonna, e ai lati, nei due medaglioni, il “Sogno di Giacobbe” e “Agar nel deserto”. 
Malgrado qualche eco del tenebrismo giovanile del pittore, la spinta verso una più matura visione prospettica fa sì che le figure sembrino uscire dalle cornici. 
Il riquadro centrale della parete, ospita "Rachele che nasconde gli idoli", un'opera ricca di suggestioni nel quale si vuole identificare il ritratto di Tiepolo e forse anche quello del figlio Giandomenico e della bellissima moglie Cecilia.

Giambattista Tiepolo, Rachele nasconde gli idoli, Galleria degli ospiti, 1727-29, Palazzo dei Patriarchi, Udine

Nel 1728 Tiepolo affrescò la Sala rossa, un’aula destinata alle sedute solenni del Tribunale del Foro Ecclesiastico, istituzione riconosciuta anche in sede civile fino alla Rivoluzione Francese. 
Al centro del soffitto “Il giudizio di Salomone” e nei riquadri angolari, quattro scene riferite ai profeti Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele. La scena centrale è autografata in basso a destra “GIO. BATTA. TIEPOLO F.”.
Il soggetto biblico proposto dal patriarca al giovane Tiepolo ben si adatta al luogo e conclude felicemente il programma iconografico prefissato: Dio concede a Israele, con il re Salomone, il promesso regno di giustizia e di pace.
Entro una cornice mistilinea in stucco bianco, Tiepolo dipinge una gradinata fortemente scorciata affollata di figure, arditamente colte di sott’in su per accentuare il senso di profondità spaziale.

Giambattista Tiepolo, Il giudizio di Salomone, Sala Rossa, 1728, Palazzo dei Patriarchi, Udine

A destra, assiso sul trono, Salomone pronuncia la sua sentenza. Intorno la corte di consiglieri, cortigiani, fanciulli, un nano buffone e un elegante cane levriero.
A sinistra, il gruppo formato dal boia, nell’atto di tagliare in due il bambino oggetto della contesa tra le due donne, la vera madre che alza il braccio per fermare la crudele esecuzione e quella falsa e orrenda nelle sembianze. In basso, sul gradino, il corpicino di un bimbo morto.

L’impaginazione scenografica, la ricchezza dei colori caldi ed intensi, la resa teatrale dell’evento, l’abbondanza di elementi decorativi, dalla sontuosa parata di broccati e bandiere, fino al nano e al cane, rendono l’affresco quanto mai suggestivo

Nel 1729, Tiepolo da avvio nella Sala del trono alla serie dei ritratti dei patriarchi, purtroppo, all’epoca del servizio Rai, assai rovinati e ridipinti. È l’ultimo lavoro di questo primo periodo udinese eseguito dall’artista nel palazzo.
Oltre agli affreschi di ampio respiro, nel palazzo si conservano due piccoli tondi su tela con “Sant’Antonio da Padova” e “San Carlo Borromeo”, realizzati dal pittore intorno 1732-‘33 e inseriti nelle soprapporte della Cappella Palatina, dove è stata collocata anche la coeva pala raffigurante “Cristo crocifisso con la Madonna, san Giovanni, la Maddalena e san Biagio”, proveniente dalla cappella fatta edificare da Biagio Masolino nel Duomo cittadino.
Il primo grande successo di Tiepolo dentro Palazzo dei Patriarchi, lo portava ad intervenire nel Salone del Parlamento del Castello su commissione del luogotenente veneto in Udine, che voleva restaurare alcuni vecchi intonaci.

Giambattista Tiepolo, Gli Angeli Cantori, Cappella del Santissimo Sacramento, 1726, Duomo di Udine

Nel 1726, Tiepolo si accingeva ad affrescare anche la Cappella del Santissimo Sacramento nel Duomo di Udine, la più fastosa della cattedrale cittadina, complici gli affreschi che sormontano il lussuoso altare con i simboli dell’Eucarestia.
Dai monocromi ai lati dell’altare, “Il sacrificio d’Isacco” a sinistra e “L’apparizione dell’angelo ad Abramo”, a destra, lo sguardo sale fino al bagliore della volta celeste dove gli “Angeli Cantori” si stagliano eleganti, vestiti di ampie e vaporose stoffe. Il suggestivo illusionismo spaziale viene accentuato da alcune parti di corpi aggettanti, in stucco, che fuoriescono dalla parete.
Nel 1736, chiamato nuovamente dal Patriarca Daniele Dolfin, Tiepolo torna ad eseguire due pale per il Duomo cittadino, la “Trinità”, e i “Santi Ermacora e Fortunato”, per le cappelle omonime.


Giambattista Tiepolo, Madonna Assunta, soffitto dell’Oratorio della Purità, 1759, Udine

Nel 1759, Tiepolo torna a Udine per decorare l’Oratorio della Purità, edificio sorto a destra del Duomo e commissionato dal Patriarca Dolfin. L’artista è accompagnato al figlio Giandomenico.
“L’Assunta” affrescata nel soffitto, rappresenta il capolavoro del secondo periodo udinese del Tiepolo che, nello stesso tempo, dipinge anche la pala dell’“Immacolata”, per l'unico altare dell’Oratorio.
Lungo le pareti dello spazio, gli affreschi di otto scene di carattere biblico, eseguiti a chiaroscuro su sfondo oro da Giandomenico.

Giambattista e Giandomenico Tiepolo, Consilium in arena, 125×193cm., olio su tavola, 1750 circa, Civici musei e Gallerie di storia e arte, Udine

“Consilium in arena” è la chiara e viva testimonianza in ampia scala di una società in mutamento, un ritratto di gruppo che i Tiepolo restituiscono con sguardo realistico e vivace, un genere di pittura abbastanza anomalo per i due esperti frescanti, qualcosa per cui si è fatto anche il nome di Goya.
Le origini dell’opera risalgono al 1740, quando il conte udinese Filippo Florio aveva richiesto l'ammissione all'Ordine di Malta come cavaliere di giustizia, ottenendo un netto rifiuto dal Priorato di Venezia, poiché la nobiltà udinese era ritenuta non avere i requisiti necessari all'iscrizione. Il Florio fece ricorso all'autorità di papa Benedetto XIV, il quale decise che la questione fosse dibattuta direttamente a Malta dal Gran Consiglio dell'Ordine. 
Nel 1748, fu inviato a Malta il conte Antonio di Montegnacco per perorare la causa del Florio e vi riuscì talmente bene, che non solo il Florio, ma anche tutta la nobiltà friulana ottenne il diritto di essere iscritta all'Ordine di Malta.
Al suo ritorno in città il conte di Montegnacco fu salutato come un vero e proprio eroe del Friuli e per mantenere memoria di questo avvenimento, lo stesso conte commissionò a Tiepolo la realizzazione di un dipinto che raffigurasse il momento più emozionate della sua esposizione. 

Montegnacco forniva così al Tiepolo una descrizione precisa e minuziosa di come si erano svolti gli accadimenti 

Il quadro decisamente nuovo, moderno e realistico, mostra un fluire di personaggi trattati con naturalezza dentro un palcoscenico teatrale disposto per quinte e fondali. Il canonico Montegnacco grandeggia sulla scena fisicamente, sia per la brillante difesa giuridica, sia per la stima che si era guadagnato dal Gran maestro di Malta.

Tratto da TGR Bellitalia (1996), il servizio è stato realizzato in occasione di due mostre allestite a Udine e dedicate ai Tiepolo: Giambattista e Giandomenico. Un padre e un figlio, due pittori che plasmarono l'immagine di un'aristocrazia colta, ma ormai prossima alla fine.
Il filmato, vede l'intervento dallo storico dell’arte Giuseppe Bergamini e dall’archeologo Giancarlo Menis.

FOTO DI COPERTINA
Giambattista Tiepolo, Rachele che nasconde gli idoli, Galleria degli ospiti, 1727-29, Palazzo dei Patriarchi, Udine