Il lato tenebroso di Piranesi

Il lato tenebroso di Piranesi

"Le Carceri" in un film d'arte di Grègoire Dupond

Il lato tenebroso di Piranesi
L'oscura serie di incisioni di Giambattista Piranesi (Giovanni Battista Piranesi 1720-1778), “Le Carceri d'Invenzione”, sono state oggetto di un film d'arte in 3D realizzato nel 2010 dal francese Grégoire Dupond per la storica mostra sull’artista veneto proposta dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia e “Factum Arte” (Le arti di Piranesi. Architetto, incisore, antiquario, vedutista, designer, 2010). Grazie al laboratorio sperimentale di “Factum”, Dupond ha condotto il pubblico della mostra in un'immersione virtuale dentro l'universo più nero di un Piranesi  quasi Romantico; attraverso la ricreazione in 3D di oggetti d'antiquariato d'epoca disegnati dall’artista, inoltre, ha restituito anche l'idea della progettualità del grande veneziano. 
Ideata dall'architetto Michele De Lucchi e realizzata per i novant’anni di nascita dell'artista, la spettacolare esposizione esplorava a tutto tondo la proteiforme e affascinante attività creativa di Piranesi nel panorama del Settecento veneziano ed europeo. 

Le incisioni possono essere considerate un mezzo per svelare le inquietudini psicologiche della vita e della mente di Piranesi al momento della loro creazione
Grégoire Dupond

Le sedici tavole delle "Carceri" concepite nella Roma di metà Settecento, realizzate e ritoccate a più riprese nell'arco di venticinque anni, testimoniano la maturità dell'artista, incisore, vedutista, architetto di un'unica chiesa e poi archeologo, collezionista e anche designer ante litteram

Per il forte impatto visionario, “Le Carceri” hanno mantenuto nel tempo un fascino inalterato, fin dagli anni della loro gestazione

Nell'Ottocento la loro potenza evocativa ha suggestionato l'entourage artistico e letterario fin dai primi anni del Romanticismo, per giungere al Simbolismo di fine secolo ed entrate poi nell'immaginario collettivo grazie alla “Settima Arte”: pensiamo alle intricate prospettive bianco e nero del cinema di Sergej Ejzenštein e Fritz Lang, coeve alle opere grafiche di Escher. 

Quali significati evocano queste poderose architetture delle Carceri? 

Sono la rievocazione storica di un'architettura monumentale elaborata fra memoria e immaginazione da un Piranesi propugnatore della grandezza dell'antica Roma? Oppure, queste evocazioni delle segrete di Castel Sant'Angelo e del Carcere Mamertino, viste in un intrico di scale, frammenti di antichità, grate, strumenti di tortura e figure larvali che vagano di pietra in pietra vogliono evocare vertigini esistenziali e angosce di decadenza civile, morale e umana? 
Da allora, “Le Carceri d'invenzione” hanno riempito pagine di studiosi incuriositi dal geniale architetto e vedutista trapiantato nella Roma Neoclassica per vendere le sue incisioni ai tantissimi viaggiatori in Grand Tour nella culla dell’Antico

Il film evoca la complessità di un artista al confine tra cultura Illuminista Neoclassica e quel Sublime sentimentale o oscuro di impronta già Romantica

La storia delle “Carceri” e loro fortuna critica inizia con l'arrivo a Roma di Piranesi, tra il 1745 e il '47, quando l'artista realizza i primi quattordici rami, subito editi da Bouchard (Invenzioni capricciose di Carceri all’acquaforte, 1749-'50). Il titolo della raccolta si ricollegava alla tradizione del Capriccio, "vedute d'invenzione" giunte alla massima espressione nella Venezia del Settecento con Tiepolo, Canaletto e Marco Ricci. “Le Carceri”, tuttavia, rispetto a questi precedenti, segnano un enorme salto qualitativo, sia da un punto di vista tecnico e incisorio, sia da quello compositivo e spaziale; già nella prima stesura, appare la straordinaria costruzione prospettica di architetture illusionistiche e disorientanti.

In un piano sequenza unico, Dupond conduce lo spettatore dentro le stanze di Piranesi che si aprono attraverso porte, grate e finestre, o ancora, lungo le tante scale disseminate nel volume di tavole 

Il regista ha realizzato questo film utilizzando la seconda edizione delle “Carceri d’invenzione”, pubblicata nel 1761 (una terza è del 1770). Questa raccolta, che coincide con la maturità dell'artista, mostra una trasformazione sostanziale: non solo è arricchita di due nuovi rami, ma da un punto di vista stilistico il tratteggio più intenso dona alla serie un più deciso chiaroscuro che esalta i maestosi muri in pietra rendendoli incombenti sulle piccole figure umane. 

Inoltre, solo qui Piranesi ha introdotto le terribili macchine per la tortura la cui sola presenza suscita il tormento fisico di qualche suppliziato 

La sensazione di trovarci all’interno di una prigione e il senso soffocante di angoscia che ne deriva, viene accentuato dalla mancanza di confini delle vedute piranesiane, stanze prive di elementi scenici che le incorniciano dentro le quali lo spettatore non ha più nessun appiglio visivo. 

Grégoire Dupond, nato in Francia, vive in Canada dal 2018. Dopo la formazione scientifica, nei primi anni Novanta del Novecento ha studiato presso una scuola di Industrial Design a Parigi e successivamente, trasferito a Londra, ha progettato tessuti fatti a mano per collezioni di alta moda. Da fine anni Novanta ha prodotto opere in video, illustrazioni 3D, animazioni, installazioni interattive, sculture, registrazioni ed elaborazione 2D/3D per il patrimonio culturale e la produzione artistica. Nel suo iter, ha lavorato con istituzioni e artisti di fama mondiale e da oltre dieci anni, collabora con “Factum Arte” di Madrid e Bologna, un laboratorio di altissima progettazione tecnologica che ha aperto molte strade e ampliato la ricerca per nuovi e diversificati tipi di mediazione digitale. 
Oggi il suo principale campo di ricerca è la “realtà estesa”, in linea con la produzione e lo sviluppo di contenuti per performances, animazioni live e registrate. 

Piranesi. Le Carceri d'Invenzione, diretto e prodotto da Grégoire Dupond per Factum Arte, musiche di Johann Sebastian Bach e Pablo Casals, 2010, 12min.

FOTO DI COPERTINA
Fotogrammi in lavorazione del film