La nascita della Croce Rossa

1863

L'esigenza di avere un corpo di volontari che aiutasse a sopravvivere i feriti di guerre sanguinose e terribili trova la sua più dolorosa testimonianza nella battaglia di San Martino e Solferino del 1859 e nel libro di Henry Dunant, “Un Souvenir de Solférino”, pubblicato nel 1862, dove troviamo tutto il valore profetico dell’umanitarismo laico mondiale.

Dalle idee contenute in questo libro, dal “Comitato internazionale di soccorso ai feriti in guerra” (poi “Comitato Internazionale della Croce Rossa”) e dal Convegno di Ginevra del 1863 (26-29 ottobre) nascono le Società Nazionali di Croce Rossa il cui scopo principale sarà inizialmente l’attivazione di corpi di infermieri volontari al seguito degli eserciti in guerra, preparati e addestrati in tempo di pace.

Il 15 giugno 1864 nasce ufficialmente il Comitato milanese dell’“Associazione italiana di soccorso per i militari feriti e malati in tempo di guerra (poi nominata Croce Rossa Italiana). Il Presidente è Cesare Castiglioni. In Italia nessuno più di Castiglioni è stato in grado di coniugare le istanze di medicina sociale professate dall'associazionismo medico della seconda metà dell'Ottocento e la filosofia umanitaria di Henry Dunant.

Con la Conferenza diplomatica e la firma della Prima Convenzione di Ginevra (8-22 agosto 1864), viene sancita la neutralità dei servizi igienico-sanitari degli eserciti e dei corpi di infermieri volontari al seguito degli stessi, con il riconoscimento di una bandiera e di un bracciale distintivi uguali per tutti: una Croce Rossa su fondo bianco.

Alla fine dell’Ottocento troviamo le prime infermiere volontarie della Croce Rossa Americana e della Croce Rossa Svedese pronte a curare i malati negli ospedali militari. Nella Croce Rossa Giapponese la prima scuola per le infermiere viene istituita nel 1890. Nel 1903 anche in Russia sono due le scuole già presenti. La guerra russo-giapponese del 1904-1905 può essere considerata il trampolino di lancio per la donna infermiera.

Ufficialmente la fondazione del Corpo si fa risalire a quando il sottocomitato romano della Croce Rossa Italiana, il 9 febbraio 1908, avvia la Scuola delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana, ospitata a Roma presso l’Ospedale Militare del Celio.

Già nel dicembre del 1908, in occasione del devastante terremoto calabro-siculo, 120 infermiere volontarie, provenienti da tutta Italia, partecipano ai soccorsi alla popolazione. Dall’ottobre del 1911 al marzo del 1912, in occasione della Guerra Italo-Turca, circa 60 Infermiere Volontarie si alternano sulla Nave Ospedale Menfi; tra loro la duchessa Elena d’Aosta. Questo fu il primo intervento di donne italiane, in ambito sanitario, all’interno di un’operazione di guerra.

Ma la prova più importante - di cui parla anche Ernest Hemingway nel suo romanzo autobiografico Addio alle armi - è stata senza dubbio la Prima Guerra Mondiale (1914-1918). In quell'occasione, il cosiddetto "esercito bianco" viene spedito al fronte in tutta Europa per prestare le prime cure ai soldati. La duchessa Elena d'Aosta nel 1915 viene nominata Ispettrice Generale delle Infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana.

Tra i precursori dell’idea di Croce Rossa, va ricordata Florence Nightingale, un'infermiera britannica che, insieme a decine di infermiere volontarie, partì per la Guerra di Crimea. Nell'indifferenza di medici e infermieri, Nightingale constata che non la guerra ma le spaventose condizioni igieniche dell'ospedale costituiscono la prima causa di morte dei feriti e individua le condizioni necessarie perché un ospedale militare possa operare con qualche efficienza: presenza della massima igiene possibile, di acqua e aria pulite e di un sistema fognario efficiente.

In Italia già dalla seconda metà dell'Ottocento sono diverse le donne che si fanno promotrici di una serie di azioni filantropiche. Ad esempio, Cristina Trivulzio di Belgioioso (1808 - 1871), famosissima in vita anche fuori dai confini nazionali per l'apporto che diede alla causa dell'Unità d'Italia. E poi “le donne di Castiglione” che durante la battaglia di San Martino e Solferino si spendono nell’assistenza ai feriti di ogni nazione ed esercito senza alcuna distinzione.