Forme e origini del Barocco

Volute, riccioli e spirali

In questa puntata di Passepartout (Genesi del barocco, 2003), Philippe Daverio racconta la nascita e l'evoluzione dello stile Barocco, attraverso l'analisi storica, filosofica e formale di una manifestazione che nel Seicento investì la cultura italiana ed Europea. 

A partire dagli elementi geometrici ricorrenti del Barocco, sia nella concezione di strutture complesse, sia nei dettagli di queste, la forma della "voluta" ampiamente usata nelle arti plastiche del Cinquecento, un secolo dopo conquista lo spazio ed evolve in riccioli, boccoli e spirali infinite

Dal latino volvo, ossia "girare", "arrotolare", la voluta deriva dal motivo greco del capitello ionico, ripreso nel Quattro Cinquecento, sia come ordine del piano intermedio in edifici a più piani, sia da solo, per caratterizzare strutture sobrie ed eleganti. 


Michelangelo Buonarroti, Studio di capitello ionico, 1526 ca., matita nera, 63x77mm., Casa Buonarroti, Firenze

Ripresa nel "Quarto libro" (1537) dell'architetto e teorico Sebastiano Serlio (1475–1554), che ripropone nuove proporzioni dell'ordine ionico su indicazioni di Vitruvio, nel 1552 anche un pittore, il veneziano Giuseppe Salviati, pubblicava un opuscolo in cui illustrava una sua regola per il disegno della voluta. Nel Cinquecento, con la ripresa degli ordini classici, il capitello ionico abbonda nelle opere di Michelangelo (1475-1564), Jacopo Sansovino (1486-1570) e Andrea Palladio (1508–1580). 

Il termine "barocco", di origini addirittura medioevali, è stato introdotto solo nel Settecento da parte di illuministi e  neoclassici, per definire un'epoca di stravaganze ed eccessi nelle arti e nello stile di vita di signori e monarchi

Daverio, entra alla mostra dedicata a tre grandi protagonisti del barocco (Le corti del Barocco. Bernini, Velazquez, Luca Giordano, Scuderie del Quirinale, 2004), per introdurre lo stile sfarzoso delle grandi corti europee; in primis, quella francese che inventa la moda attraverso la figura di Re Sole, abbigliato con pizzi fin sopra l'armatura e con parrucca. 

Il barocco è uno stile romano che invade l'Europa? Troppo facile. Iniziamo una ricerca alternativa, non solo stilistica, ma legata all'evoluzione dei pensieri e dei manufatti
Philippe Daverio

Per introdurre i primi segni del Barocco, Daverio mette a confronto due chiese, quella milanese di Sant'Alessandro (1601-1626), eretta su progetto del padre barnabita Lorenzo Binago (1554–1629), e quella romana di Sant'Agnese (1652-1672) di Francesco Borromini (1653-1657). Daverio fa notare che Borromini si ispirava alla chiesa milanese, nell'evocare gli andamenti ricurvi del fastigio in facciata. 
Queste similitudini, nascono nel medesimo clima culturale, quello della Controriforma cattolica che, nella Milano dei primissimi anni del Seicento, aveva il suo paladino nel vescovo Federico Borromeo (1564-1631).   
Per Daverio, quattro sono gli anni che hanno interamente cambiato il modo di vedere il mondo spalancando le porte all'epoca moderna del Barocco: dal 1564, con la fine del Concilio di Trento, al 1567, con la nascita, a Cremona, del padre dell'opera, Carlo Monteverdi (1567-1643). 

Violino fabbricato dai maestri liutai di Cremona

L'arte della musica aveva una funzione centrale nella liturgia di controriforma e Cremona, nel 1565, dava il suo contributo importante con la nascita del primo violino realizzato da Andrea Amati (1505-1577). Caposquadra di una folta generazione di liutai, tutt'oggi in loco, Amati compiva un balzo verso la modernità, facendo evolvere la teoria musicale in tutta Europa. Infatti, a partire dal 1566, Amati consegnava i prototipi del violino a Carlo IX di Francia, che li introdusse nell'orchestra di corte. Il nuovo linguaggio musicale penetrava così nel teatro, dispiegava trame drammatiche e accompagnava melodrammi. 


Particolare della facciata del Duomo di Cremona, noto come cattedrale di Santa Maria Assunta

Le due effe presenti nel violino, fori di risonanza della tavola armonica di diversi strumenti musicali, sono in molti a supporre derivino dalle due volute presenti in facciata nella parte alta del Duomo di Cremona, a fianco delle statue dei quattro profeti. 
A fine Cinquecento, il moderno strumento musicale veniva riprodotto da Caravaggio nel suo Suonatore di liuto (1597), un ragazzo che suona un liuto tradizionale, ma sul tavolo, tra spartiti e fiori, esibisce il violino.


Caravaggio, Suonatore di liuto, 1597, olio su tela, 94×119cm., Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo

Nel suo "Discorso intorno alle immagini sacre e profane" (1582), pubblicato a Bologna a fine Cinquecento, Cardinal Paleotti dettava una serie di accortezze a cui i pittori dovevano attenersi per motivi di "decoro". Tuttavia, la dottrina tridentina di questi non era così rigorosa come quella del milanese Borromeo (Esordio di Ludovico, Annibale e Agostino Carracci). Infatti, i maggiori interpreti di questa cultura furono i tre Carracci che, a Palazzo Sampieri di Bologna, cospargevano di nudi gli affreschi di soffitti e sopracamini. Le scene, contenute da cornici con riccioli e volute, sono realizzate in trompe-l'œil, ossia stuccate sul muro e parzialmente dorate a fingere la tela (I Carracci e Palazzo Sampieri a Bologna). 
Ancora volute e riccioli, Daverio li ritraccia nelle galee medicee, tardo cinquecentesche, conservate nella stanza della nautica, al Museo dell'Università di Palazzo Poggi a Bologna. 

Il commercio marino, che nel Seicento avrà uno sviluppo notevole grazie ai moderni sistemi di navigazione, già dal Cinquecento incrementava la crescita economica, sociale e culturale di Genova 

Anche nella "Superba", lo stile Barocco si insinua anticipatamente nella Chiesa del Gesù: dai dettagli lignei arrotondati dei confessionali, ai segni della vivace pittura pre-barocca che Rubens aveva introdotto, durante il suo viaggio in Italia, nella Circoncisione del 1605, grande pala d'altare commissionata da Marcello Pallavicino, fabbriciere della chiesa (La Chiesa della Compagnia di Gesù). 
Il Manierismo evolve nello stile seicentesco anche a Palazzo Lomellino, situato nell'arteria principale di via Garibaldi, dove un affresco di Bernardo Strozzi mostra un disegno già barocco nelle torsioni e nelle contorsioni delle figure. 


Antoon van Dyck, Il principe Tommaso Francesco di Savoia, Principe di Carignano, 1634, olio su tela, 315×236cm., Galleria sabauda, Torino

Nel 1621, Antoon van Dyck (1599–1641) partiva da Anversa, alla volta di Genova, dove prendeva alloggio, per circa un anno, nella dimora dei pittori e collezionisti d'arte fiamminghi Lucas e Cornelis de Wael. All'epoca, il fiammingo arrivava in Italia già affermato, a differenza del maestro Rubens che, quando approdò nella penisola, non aveva ancora avuto occasioni importanti. Presentato alla migliore aristocrazia cittadina, van Dyck ebbe modo di ritrarre alcuni esponenti delle più facoltose famiglie del patriziato locale, i Spinola, i Durazzo, i Lomellini, i Doria, i Brignole, e tanti altri (I Rolli di Genova). L'immediato successo del pittore fiammingo, fu dovuto anche alla fama di Rubens che lo aveva preceduto e del quale van Dyck, era visto come il continuatore. 
Diversi anni dopo, nel 1634, a Bruxelles, van Dyck incontrava Tommaso Francesco di Savoia, primo principe di Carignano e comandante generale delle forze spagnole nei Paesi Bassi. Grande ritrattista della moda del tempo, il fiammingo eseguì un enorme ritratto equestre, in cui il principe, in tutta la sua maestà, appare mentre tiene con fermezza uno splendido cavallo bianco che si impenna.
Secondo Daverio, il dipinto, mostra un passaggio fondamentale per giungere al "grande barocco":

L'assoluto potere del riccio. Il riccio nella criniera del cavallo, il riccio nella sciarpa tenuta a mantello che diventa la prima distinzione dell'uniforme militare. E soprattutto, per il cavaliere, il ricciolo nel capello
Philippe Daverio 

Siamo al 1634, Daverio si chiede quando e dove nell'Italia delle provincie, fuori dal centro di Roma, la torsione Tardo Manierista diventava "svolazzo" Barocco. 


Francesco Mochi, Angelo annunciante, 1605, Opera del Duomo, Orvieto 

Al Museo dell'Opera del Duomo di Orvieto, spiccano due statue dello scultore toscano Francesco Mochi (1580–1654), realizzate per la cattedrale della città, dove oggi sono tornate. Mochi fu segnalato all'Opera del Duomo da Mario Farnese, duca di Latera e suo protettore, per la commissione di un gruppo marmoreo dedicato all'Annunciazione, purtroppo mai completata. Data 1605, la statua dell’Angelo annunciante e 1608, quella della Vergine annunciata.


Francesco Mochi, La vergine annunciata, 1608, Opera del Duomo, Orvieto 

Oggi considerate due capolavori dello scultore, le due statue esibiscono torsioni nello spazio che, per la prima volta, superano quelle tardo manieriste per l'ampio sviluppo a spirale tipico del barocco maturo. 

Mentre Bernini ha poco più di dieci anni, Mochi interpreta lo spirito di un tempo prossimo a venire e propone sculture realistiche e soprattutto fruibili a tutto tondo, come non si era mai visto prima

Due monumentali statue equestri in bronzo, dette i "Cavalli del Mochi", sono ubicate nella piazza centrale di Piacenza. Le due opere furono commissionate da Ranuccio I Farnese, signore di Parma e Piacenza, che desiderava omaggiare la memoria del genitore defunto, Alessandro, nonché assicurarsi la futura reggenza della città.


Francesco Mochi, Monumento equestre ad Alessandro Farnese, 1625, Piacenza

I due monumenti, uno dedicato a Ranuccio e l'altro ad Alessandro, vennero fusi nel bronzo in date diverse, dal 1612, al 1625 circa, pertanto è visibile uno scarto nello stile dei due.  

Il risultato creativo ottenuto da Mochi con la Statua equestre di Alessandro Farnese, fu senz'altro un segno preciso del Barocco già maturo, scaturito in una piccola provincia della Pianura Padana

Alessandro, guerriero valoroso e audace, a differenza di Ranuccio, appare avvolto in un mantello ampio e dinamico che ruota attorno al busto, una creazione di genere equestre ripresa da tutti i pittori a venire, almeno fino all'Ottocento. Al cavallo poi, Mochi donava un aspetto furioso, con una criniera disordinata e uno sguardo acceso, oltre ad una muscolatura vigorosa e plastica.

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