Torino. Dai Castellamonte a Guarini

Festa barocca, 1980-1982

Estratto dalla serie di Folco Quilici e Jean Antoine, Festa Barocca (L'uomo in rappresentazione, prima puntata, 1980-1982), il filmato introduce la Torino del Seicento e del primo Settecento, attraverso l'opera di geniali urbanisti e architetti 
Nel 1563, con Carlo Emanuele I (1580-1630), Torino diventava capitale del Ducato di Savoia e dall'antico castrum romano che la conformava, iniziava il suo primo ampliamento urbanistico, proseguito da tre generazioni di architetti: Ascanio Vittozzi (1539-1615), Carlo di Castellamonte (1560-1641), il figlio Amedeo (1613-1683), Guarino Guarini (1624-1683) e Filippo Juvarra (1678-1736).
Con i Castellamonte, il modello architettonico e urbanistico territoriale si avvicinava a quello delle maggiori capitali europee, caratterizzate da una spazialità monumentale, simbolica dell'assolutismo monarchico e di una corte colta ed evoluta nel gusto. 


Pianta tratta da, Theatrum Statuum Sabaudiae, 1682

Il lucido e ambizioso progetto dei Savoia, che coglieva fin da subito la rivoluzione del Barocco romano, nel 1682, prese forma nella pubblicazione dei due volumi del "Theatrum Statuum Sabaudiae", stampati ad Amsterdam e promossi vent'anni prima dal duca Carlo Emanuele II (1634-1675). L'ampia raccolta di immagini, in parte a colori, era costituita da carte geografiche, ritratti, dediche, vedute della capitale con piazze e strade, edifici civili e religiosi, ville e castelli, strutture di difesa dello Stato, certose, abbazie e tanto altro, una sorta di manifesto politico del duca di Savoia, per far conoscere alle corti europee la grandezza dai suoi possedimenti.

Come a Roma, anche il Barocco torinese appare, fin da subito, caratterizzato da un forte legame tra politica, architettura, urbanistica, arte e retorica di corte

Il primo ampliamento di Torino fu opera di Ascanio Vittozzi, architetto civile e militare, con una formazione culturale romana che importava, nel 1584, alla corte del giovane Carlo Emanuele I. Tra i suoi interventi maggiori, la sistemazione di Piazza Castello, attorno alla quale, si svilupparono i nuovi quartieri della città. 
I lavori di ampliamento, furono portati avanti dall'assistente di Vittozzi, il torinese Carlo di Castellamonte, geniale urbanista che, con il figlio che gli succedette, Amedeo, anche lui architetto, ingegnere civile e militare, cambiarono totalmente il volto di Torino trasformata, in meno di cinquant'anni, nella capitale del Barocco di confine, immagine che ancor oggi conserva.
Ai due Castellamonte, i duchi di Savoia avevano affidato gli ampliamenti verso Porta Nuova (1621) e verso il Po (1673). 


Torino, Piazza Reale, oggi Piazza San Carlo, Carlo di Castellamonte

A Carlo, si deve Piazza Reale (oggi, San Carlo) uno spazio ispirato sia al modello francese di Place Royale, per l'impianto rettangolare con al centro la statua equestre, sia a quello romano di Piazza del Popolo, con ai lati della direttrice principale, le due chiese gemelle.
Il figlio Amedeo, estendeva gli ampliamenti verso est con l'asse stradario di via Po, destinato a palazzi porticati dal disegno uniforme, in altezza e facciata. Verso il fiume, la via si chiudeva in uno spazio ad esedra, simbolo e riferimento all'apertura della città verso il territorio circostante.


Torino, Castello del Valentino, Carlo e Amedo di Castellamonte

Dal 1638, Carlo ed Amedeo, ristrutturarono anche il Castello del Valentino situato nell'omonimo Parco e affacciato sulle rive del Po. Di chiara ispirazione transalpina, il castello deve la sua forma a una grande mecenate di artisti, la Madama Reale Maria Cristina di Borbone (1606-1663), nata principessa di Francia, che lo ricevette in dono dallo sposo Vittorio Amedeo I (1587-1637). 


Torino, Palazzo Ducale, oggi Palazzo Reale, Amedeo di Castellamonte

Amedeo di Castellamonte, fu anche architetto di Palazzo Ducale (oggi Reale), cuore della corte sabauda e sede delle diverse strutture di gestione dello Stato. Iniziato nel 1646, per volere di Maria Cristina e completato nel 1660, con la reggenza del figlio Carlo Emanuele II, il Castellamonte realizzò la facciata con il corpo centrale fiancheggiato da due laterali più elevati, e il relativo collegamento a piazza Castello. 


Venaria Reale, Torino

Tuttavia, il capolavoro di Amedeo rimane la Reggia di Venaria Reale, iniziata nel 1658, per volere di Carlo Emanuele II e diventata, fin da subito, un grandioso modello per la francese Versailles (Piemonte. La Reggia di Venaria Reale).

Simbolo del potere dei Savoia, Venaria Reale, congiuntamente alle dimore della cintura torinese, quali il Castello del Valentino, quello di Rivoli e la settecentesca Palazzina di Caccia Stupinigi, sono oggi Patrimonio dell'Umanità

Guarino Guarini, architetto, teorico e trattatista, oggi ritenuto uno dei massimi esponenti del Barocco piemontese, fu una figura di stravolgente individualità e a tratti ancora misteriosa.
Nato a Modena, Guarini si formava a Roma, dal 1639 al '47. Qui, entrava nell'ordine dei Teatini, studiava matematica, filosofia e teologia, guardando alle suggestioni e alle sfide barocche di Bernini, Cortona e soprattutto Borromini, dal quale fu particolarmente conquistato (Francesco Borromini, una biografia). Gli studi profondi compiuti sull'architetto ticinese, portarono Guarini a teorizzare la relatività storica del giudizio estetico e la conseguente demolizione del mito classico di Vitruvio, a favore di un "eclettismo" formale che recuperava elementi significanti dell'architettura gotica (Borromini: eleganza, rigore e tormento), ed orientale, quest'ultima ancora molto discussa, ma forse maturata nel suo soggiorno in Sicilia.
Dopo viaggi a Messina, Lisbona e Parigi, Guarini arrivava a Torino nel 1666, abbandonando un cantiere francese per contrasti con un confratello sull'andamento economico dei lavori. 

Delle sue mirabili opere nel mondo, oggi in gran parte distrutte, quelle realizzate a Torino testimoniano tutt'oggi la grandezza di Guarini

Tra le sue realizzazioni, tre in particolare sono di straordinaria importanza: la Chiesa di San Lorenzo (1668-1687), Palazzo Carignano (1679), e la Cappella della Sacra Sindone in Duomo (1668), ritenuta il suo capolavoro.
Guarini, stabilì un'immediata intesa con i Savoia e nel 1668, fu investito "Ingegnere per la Fabbrica della Cappella del Santissimo Sudario", con onori e lauto stipendio annuale. 
Le lunghe e travagliate vicende storiche e architettoniche della Cappella della Sacra Sindone, coprirono un arco temporale di circa ottant’anni, dal 1611 al 1694. 
La Cappella era stata commissionata, al Vittozzi e a Carlo di Castellamonte, dal duca Carlo Emanuele I, per conservare il prezioso telo della Sindone che la famiglia ducale sabauda custodiva dal 1453. 
Inizialmente era prevista una pianta elissoidale, ma i lavori si interruppero nel 1624, quando erano state gettate solamente le fondamenta. Con il tempo, i progetti di Castellamonte vennero modificati dal figlio Amedeo, e poi dall'architetto e scultore svizzero Bernardino Quadri (1625–1695), al quale si deve la progettazione di un edificio a base quadrata, incastonato tra Palazzo Ducale e il retro dell’abside del Duomo.
Guarini, stravolse e portò a termine, fino all'anno di morte (1683), il progetto di Quadri. Scelse una pianta interna circolare, contenuta in una esterna quadrata e sopraelevò l'edificio di un piano, rispetto all'abside del Duomo, ponendolo in comunicazione diretta con le sale auliche di Palazzo Reale. 
Nasceva così una Cappella Palatina, una piccola chiesa indipendente concepita come un tramite tra il potere spirituale e quello temporale, tra la Chiesa del Papa e il Palazzo del Duca. 


Cappella della Sacra Sindone, tamburo e cupola, Guarino Guarini, Torino

Sopra la base della Cappella, si innalza un tamburo in mattoni, di pianta esagonale, con sei grandi finestroni ad arco, incorniciati da lesene e protetti da un tetto morbidamente adagiato sugli archi. La cupola conica, all'esterno, rimanda a quella di Sant'Ivo alla Sapienza di Borromini (Bruno Zevi e Sant'Ivo alla Sapienza di Borromini), concepita su archi sovrapposti le cui dimensioni diminuiscono via via che si sale, in un'illusione di ascensione continua. Una serie di costoloni, decorati da urne in pietra, tagliano di traverso le  linee arcuate della struttura sottostante. 


Cappella della Sacra Sindone, interno, Guarino Guarini, Torino

Alla Cappella, si accede dai lati dell'altare maggiore del Duomo, dove due portali in marmo nero, introducono a due scalinate semicircolari, cha aprono su due vestiboli delimitati da colonne scure. Il complesso, fu oggetto di un importante studio che prevedeva tre zone, con diverse fonti di luce simbolica: la scalinata di accesso in penombra, quella dei vestiboli con una mezza illuminazione ed infine, la cappella, zona della reliquia, in piena luce. 


Cappella della Sacra Sindone, interno, Guarino Guarini, Torino

L'interno della piccola Cappella, presenta un rivestimento di sobria cromia, fatto di marmo nero di Frabosa, bigio, e bianco, con eleganti e sobri ritocchi dorati: scure, le pareti e l'urna d'altare del Sudario posta al centro, chiari, i gruppi scultorei che si alternano tra gli archi e che riconducono lo sguardo verso l'alto, dove il tamburo e la cupola vivono nel biancore della luce. 
L'altare centrale, con l'urna della Sacra Sindone, fu commissionato dal duca Vittorio Amedeo II (1666-1732), all’ingegnere e matematico Antonio Bertola (1647–1719), tra il 1688 e il '94, dunque dopo la morte di Guarini. Molto probabilmente, dato che non si conoscono disegni del progetto, Bertola procedeva secondo l'ideazione scenografica di Guarini, adattando l'altare alla forma circolare della Cappella e presentandolo su due fronti, uno rivolto verso il Palazzo Reale e l’altro verso la Cattedrale. 

Il gigantesco reliquiario, in marmo nero di Frabosa, è arricchito da decorazioni e sculture in legno dorato che risplendono nella penombra dell’aula centrale

Anche il pavimento in marmo, che in un disegno nero e bianco sottolinea in fuga l'altare, si unisce alla luce della sommità attraverso grosse stelle di bronzo incastonate che riflettono la luce. 
Al marmo scuro che riveste la parte più bassa, Guarini alterna quello grigio nella parte superiore e salendo, usa la pietra bianca, accentuando così l'effetto di verticalismo.


Cappella della Sacra Sindone, interno del tampuro, Guarino Guarini, Torino

Sopra alla trabeazione interna, Guarini innalza un tamburo esagonale e in ognuno dei sei lati, pone un finestrone ad arco incorniciato da lesene. 


Cappella della Sacra Sindone, interno della cupola, Guarino Guarini, Torino

La Cappella culmina nella luminosa cupola di forma conica, tra le più alte creazioni del Barocco. Guarini concepisce una costruzione geometrica di sei esagoni, ruotati uno dentro l'altro che, nella loro tridimensionalità, appaiono come sei ordini di archi sovrapposti, con un traforo a stella nella parte terminale.


Cappella della Sacra Sindone, interno della cupola, Guarino Guarini, Torino

Una delle caratteristiche più affascinanti della Cappella della Sacra Sindone, è proprio la cupola, dove la complessa struttura architettonica restituisce l'illusione ottica di ascesa verso l'alto, come nelle grandi cattedrali gotiche. Evidente la somiglianza della cupola con alcune coperture, diffusissime in Oriente, di grandi ambienti come bazar o moschee.

La magia dei matematici mirabile rifulge in una meravigliosa architettura regale
Guarino Guarini

Per tutta la Cappella, il brillante matematico Guarini fa riferimento al numero tre e ai suoi multipli, simbolo trinitario e divino, che allude alla Passione. Sei, i finestroni, dodici gli archi esterni divisori, tre i gradini che sostengono la lanterna, mentre all'interno, il numero tre appare fin dallo schema planimetrico del triangolo equilatero e nei tre ambienti che costituiscono il tutto. 
La trasparente cupola del geniale ed innovativo architetto, stravolge le strutture barocche e omogenee di Borromini, per creare cesure, incongruenze e dissonanze, che sfidano l'infinito e aumentando l'impressione di inquietudine. 


Palazzo Carignano, Guarino Guarini, Torino

Le straordinarie invenzioni del Guarini, trovarono applicazione anche nell'architettura civile: Palazzo Carignano (1679-1685), edificato su una pianta a U, presenta una monumentale facciata convessa, sporgente su entrambi i lati dell'edificio, in memoria di Borromini.
Nella notte dell'undici aprile 1997, il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Torino apprendeva dell’incendio che si era sviluppato tra il Duomo e Palazzo Reale, avvolgendo nelle fiamme anche la Cappella della Sindone. Il restauro dell'edificio, seriamente compromesso dalla tragica vicenda, è durato circa vent'anni, riuscendo a restituire alla città e al mondo, un edificio unico e inimitabile (Torino. Il restauro della  Cappella della Sindone).

FOTO DI COPERTINA
Cupola di Guarino Guarini, Cappella della Sacra Sindone, Torino