Bruno Zevi e Sant'Ivo alla Sapienza di Borromini

Dalla serie, Io e, 1973

Dall'originale programma culturale Rai, Io e (1972-'74), ideato da Anna Zanoli, con la regia delle prime quattordici puntate di Luciano Emmer, l'episodio che vede protagonista Bruno Zevi, fu girato da Stefano Roncoroni, già documentarista di Borromini negli anni Sessanta.


Bruno Zevi nello studio di casa

Bruno Zevi (1918-2000) architetto, urbanista, storico e critico dell’architettura, nasce a Roma da un'agiata famiglia di confessione ebrea, consegue la maturità classica al Tasso e nel 1938, a seguito delle leggi razziali, lascia l'Italia per Londra prima, e gli Stati Uniti poi. A Boston, nel 1942, si laurea in architettura alla Graduate School of Design della Harvard University, all'epoca diretta da Walter Gropius (1883-1969).

Zevi fu capace di muoversi disinvolto su svariati terreni, dalla progettazione architettonica e urbanistica, alla critica, fino alla politica

Durante il fascismo, fu membro del movimento clandestino Giustizia e Libertà e diresse i Quaderni Italiani. Tornato in Italia, dopo la guerra, militò nel Partito d'Azione e infine nel Partito Radicale (1988-1999). 

Zerì sposava Tullia Calabi, musicista a New York di Leonard Bernstein e Sinatra, poi corrispondente da Israele per la cronaca dal processo di Norimberga e infine, presidente delle Comunità ebraiche italiane

Fondamentale nella visione storico critica di Zevi, soprattutto nella spinta al coinvolgimento politico, fu il pensiero finissimo di Benedetto Croce (1866-1952). Alcune importanti opere del filosofo, hanno accompagnato l'attività di Zevi critico e architetto che, nell'atto di costruire, concepiva la netta distinzione tra "prosa" e "poesia".
Come riportato nel suo libro Architettura in nuce (1960), omaggio alla filosofia crociana, Zeri applicava le due categorie distinguendo la figura dell'ingegnere, che misura e calcola in spazi e tempi definiti, da quella dell’architetto, capace di mettere nell'opera l’arbitrio, la libera scelta, in una parola, la creazione.
Tra i tanti "poeti" e idoli di Zevi spiccano alcune figure che meritano menzione. In primis, Frank Lloyd Wright (1867-1959), oppositore del "razionale" movimento modernista, a favore di  un'"architettura organica", fondata sui rapporti tra individuo, spazio e paesaggio naturale. Con lui, il viennese, naturalizzato americano, Richard Neutra (1892-1970), allievo di Wright ed esponente nel dopoguerra dell'International style. Infine, l'italiano Giuseppe Terragni (1904-1943), maestro indiscusso di un Razionalismo architettonico di matrice "organica". 
Oltre ai "poeti" contemporanei, per Zevi a fare la storia dell'architettura furono fondamentalmente due grandi maestri, Michelangelo (1475-1564) e Francesco Borromini (1599-1667) al quale è dedicata questa puntata. 

Sant'Ivo alla Sapienza è un unicum, nel panorama della città e perfino nell'itinerario del Borromini. Forse è il solo atto di eresia marcato nel volto di Roma
Bruno Zeri

Davanti a un panorama romano, Zevi fa notare la moltitudine di cupole tondeggianti che sovrastano la città con il loro peso e tra queste, l'unica che svetta nella direzione opposta verso l'alto, è quella di Sant'Ivo alla Sapienza. 
Tutto l'opera del Borromini, per Zevi, era emblematica espressione di irrazionalità, disordine ed estraneità al contesto, manifestazioni di uno spirito romantico, ribelle e irrequieto che visse nel disagio e l'incomprensione dei suoi contemporanei, fino a giungere al suicidio (Francesco Borromini, una biografia). 

Vittorioso nella storia dell'arte, ma sempre sconfitto nella cronaca professionale … Amo Sant'Ivo fin da quando, studente, ne compresi il messaggio eretico
Bruno Zevi

Con queste parole, Zevi introduce un Borromini con il quale condivide qualcosa che lo riguarda molto e da vicino, una riflessione sui valori universali dell'essere uomo e artista interprete del suo tempo. 

Appartengo ad una comunità di perseguitati che vive a Roma da oltre duemila anni, certo prima di Cristo. Infondo siamo "i più romani de Roma". Eppure formiamo una minoranza per secoli ostracizzata, repressa e soffocata nel ghetto. Ebbene in quale altro monumento dovrei riconoscermi ?
Bruno Zevi

Vent'anni dopo questo filmato, nel suo piccolo libro dal titolo emblematico di "Ebraismo e architettura" (1993), Zevi raccoglieva una serie di suoi saggi dove faceva emergere questo lato identitario, costitutivo e fondamentale, rimasto a lungo in secondo piano nelle sue invettive pubbliche infiammate da battaglie civili, politiche e culturali. 
Nel filmato, l'autore Anna Zanoli restituiva il ritratto coerente del critico italiano per il quale, l’essenza stessa dell’arte e dell’architettura ebraica, convergeva in un’unica direzione, quella dell’eresia, capace di  respingere la staticità della cose e delle idee. 

Zevi odiava l’accademia, il classicismo, la simmetria, i rapporti proporzionali, le cadenze armoniche, gli effetti scenografici e monumentali, la retorica e lo spreco degli "ordini" 

In tutte le sue manifestazioni pratiche e teoriche, Zevi aveva il suo feticcio, l’asimmetria, gli piacevano le architetture fatte per esser viste di sbieco, considerava il simmetrico sospetto e "piccolo borghese".
Qui, Zevi muove le sue considerazioni critiche dentro gli spazi della chiesa e in uno studio televisivo dove inscena una vera e propria lezione universitaria, con schermi di proiezione e diapositive inerenti la concezione estetica di Borromini (Borromini: eleganza, rigore e tormento).

Dal basso, verso l'alto! Architettura organica, permanente, fatta per l'uomo, non per simboli ultraterreni
Bruno Zevi

In una serie di scene alternate dallo studio, agli interni del monumento, Zevi spiega la modernità di Borromini a Sant'Ivo. Anzitutto, l'architetto ticinese mette in discussione tutta l'architettura classica, dal Quattrocento al Seicento Barocco, anticipando la modernità novecentesca. Infatti, Borromini concepisce un edificio "organico", la cui pianta, viene ripetuta nella trabeazione interna subito connessa alla cupola, un elemento che s'innesta senza nessuna cesura, come invece richiesto nella tradizione, e che a Sant'Ivo si spinge in altezza verso la luce. 


Francesco Borromini, Interno della Cupola di Sant'Ivo alla Sapienza, 1643-'62, Roma

L"eresia" di Borromini, secondo Zevi, ha origine nel coraggio dell'architetto di proporre una chiesa a pianta centrale. Infatti, con la Controriforma cattolica, dalla metà del Cinquecento tutti gli edifici di culto dovevano essere a pianta longitudinale, per necessità funzionali ad accogliere un maggior numero di fedeli. Borromini però, a Sant'Ivo faceva un esplicito omaggio al suo amato Michelangelo, quasi vendicando il torto subito a San Pietro, dove la sua pianta centrale sormontata dall'enorme cupola, venne in seguito sfalsata con l'allungamento del transetto ad opera di Carlo Maderno (1556-1629), che qui dovette eseguire gli ordini papali.  

Borromini, anziché rendere la struttura statica come di tradizione la pianta centrale, riusciva a conferire alla chiesa una "tremenda dinamicità", grazie a quel movimento continuo di spazi alternati che si contraggono e dilatano, in forme concave e convesse

Le "dissonanze" e le "inversioni di tendenza" tipiche di Borromini, non lo esulano di certo dal dialogo con l'architettura del passato. Per questo, Zevi sale sul tetto di Sant'Ivo e fa vedere la contiguità della chiesa con il Pantheon. Lo sviluppo dell'enorme cupola del monumento antico, inizia da una serie di gradoni, elementi ripresi da Borromini che però, a detta di Zevi, a Sant’Ivo crea la tipica "dissonanza", perché dopo di questi, lancia un altro tamburo e sopra ancora, una lanterna a spirale.

Bruno Zevi ha pubblicato molti saggi tra cui con Einaudi due classici, “Saper vedere l’architettura” (1948) e “Storia dell’architettura moderna” (1950). Penna fissa in una rubrica dedicata de "L'espresso", Zevi ha fondato due riviste di architettura e urbanistica: “Metron” (1945-1954), dove scrissero studiosi importanti, anche di area angloamericana e “L’architettura cronache e storia” (1955-2005), mensile che Zevi diresse fino alla morte, sostituito poi da Furio Colombo.
Dal dopoguerra, Zevi insegnava, divenendo prima professore ordinario alla Facoltà di Architettura di Venezia e poi, alla "Sapienza" di Roma.  Nel 1959, fu uno dei fondatori dell'Istituto Nazionale di Architettura; rivestì la carica di segretario generale dell'Istituto Nazionale di Urbanistica e divenne accademico di San Luca. Nel 1979, viene eletto presidente emerito del Comitato Internazionale dei Critici di Architettura.
Dopo le contestazioni del '68, Zevi dichiarava la sua delusione per la mancata riforma universitaria, che manteneva un grave stato di degrado culturale e dagli anni Ottanta, lasciava gli incarichi accademici.
Sul fronte politico, dopo aver militato nel Partito d'Azione, e di Unità Popolare, approdava al gruppo dei Radicali. Negli anni Ottanta, ha fatto parte anche dell'Assemblea nazionale del Partito Socialista Italiano, aggiungendosi ai tanti esponenti della sinistra laica che avevano la "doppia tessera" socialista e radicale.
Dal 1988 al 1999, fu Presidente onorario del Partito Radicale. Deputato, dal 1987 al 1992, si dimise dall'incarico di Presidente in segno di protesta per l'adesione dei deputati radicali al Parlamento europeo, al gruppo in cui sedevano anche gli eletti del Fronte Nazionale di Jean-Marie Le Pen. 
Nel 1998 fu tra i fondatori del Partito d'Azione Liberalsocialista.