Pietro Greco. Polywater

Anni di ricerca senza risposta

L’acqua può polimerizzare. Le sue molecole possono legarsi le une alle altre per formare lunghe catene. Con un difetto. Drammatico. L’acqua polimerica non può che essere solida. Se l’acqua di tutti gli oceani, di tutti i laghi e di tutte i fiumi polimerizzasse, se nel cielo non vi fossero più nuvole, se l’acqua all’interno delle piante, degli animali, di noi stessi divenisse solida, la Terra diventerebbe un grande deserto privo di vita.
 
Può sembrare fantascienza, ma la prospettiva divenne uno scenario plausibile per centinaia di chimici prima in Unione Sovietica, poi in tutto il mondo dopo che uno di loro, Nikolaj Fedjakin, presso l’Istituto Tecnologico di Kostroma, nell’Alto Volga, scoprì nel 1962 un comportamento anomalo dell’acqua pura in capillari molto sottili.

Fedjakin scrive un articolo su una rivista russa e sottopone il problema a Boris Deryaguin, il potente direttore dell’Istituto di Chimica Fisica dei Mosca, che avoca a sé la ricerca. Deryaguin sottopone l’acqua in capillari sottili alle più diverse prove. Ma niente da fare. L’anomalia resta. Come testimonia in 16 diversi articoli pubblicati in svariate riviste scientifiche sovietiche.

L’idea è che in capillari sottili l’acqua pura possa polimerizzare e formare lunghe catene solide.
Nel 1966 Deryaguin si reca in Inghilterra e descrive l’incredibile scoperta. Gli esperimenti vengono ripetuti dai colleghi occidentali. I risultati sembrano gli stessi.  Se è vero, è una scoperta clamorosa. Forse la più grande scoperta scientifica di ogni tempo. 
Per due anni, tra il 1968 e il 1970, tutti coloro che si occupano della chimica dell’acqua negli Stati Uniti e in Europa occidentale si buttano come un sol uomo sull’”acqua anomala”. Producendo, quasi fosse un’epidemia, centinaia di articoli. Tutti in maniera indipendente cercano la gloria. Ma anche il brevetto che ti avrebbe cambiato la vita.

In URSS, invece, le ricerche continuano come nei tempi normali. Tutto è centralizzato. Tutto passa per le mani di Deryaguin, ma con un ritmo decisamente più basso che in occidente. Anche a Mosca cercano la gloria, ma nessuno può ambire a un brevetto.

Nessuno trova nulla. L’acqua nei capillari sottili continua a dimostrare proprietà anomale. Ma nessuno riesce a dimostrare che in quelle venuzze piccolissime di vetro si trasformi davvero in lunghe catene solide. Qualcuno avanza l’ipotesi: e se si trattasse semplicemente di acqua sporca? Se nei capillari l’acqua pura assumesse sostanze in grado di modificarne le proprietà?
Per quanto strano possa sembrare, nessuno ha mai dato una risposta a queste domande.
Passati due anni e non avendo cavato un ragno dal buco, i chimici occidentali cessano di cercare. Mentre in Unione Sovietica la ricerca continua col solito tran tran per almeno altri dieci anni.