L'affresco Barocco: da Guercino a Cortona

Festa barocca, 1980-1982

Tratto dalla serie di Folco Quilici e Jean Antoine, Festa Barocca (Speciale. Festa Barocca, 1980-'82), l'estratto apre su un importante affresco romano del 1621, opera di Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino (1591-1666), pittore emiliano della cerchia dei Carracci e autore dell'Aurora, un'immagine che anticipa i cieli infiniti del Barocco.


Guercino, L'Aurora, 1621, affresco a tempera, Casino Ludovisi, Roma

Quasi trent'anni prima, tra il 1598 e il 1600, il bolognese Annibale Carracci (1560-1609) aveva affrescato la volta della Galleria del Palazzo del cardinale Odoardo Farnese (Annibale Carracci e Palazzo Farnese a Roma). A diretto contatto con le collezioni di "archeologia antiquaria" offerta dei nobili romani, e vicino agli affreschi di Michelangelo e Raffaello, il Carracci elaborava una versione coltissima del proprio stile, ravvivato dallo studio dal vero praticato nell'Accademia bolognese fondata dal cugino Ludovico (Esordio di Ludovico, Annibale e Agostino Carracci). 

Annibale Carracci, Volta della Galleria Farnese, dettaglio, 1597-1607, affresco, Palazza Farnese, Roma

Annibale riusciva a fondere le forme scultoree e potenti di corpi mitologici, con un vitalismo naturalistico inedito, da cui avrà origine il "classicismo barocco" seicentesco degli allievi, da Domenico Zampieri, detto il Domenichino (1581–1641), a Guido Reni (1575-42), fino a Guercino, pittore originario di Cento (Ferrara).
Più giovane di tutti i suoi conterranei, Giovanni Francesco Barbieri (1591–1666), noto come Guercino, per lo strabismo all’occhio destro, fu senza dubbio il più moderno, in termini di stile, scelte iconografiche e modus operandi. Il suo maestro Ludovico Carracci (1555-1619), lo presentava con queste parole:

Gran disegnatore, e felicissimo coloritore … mostro di natura e miracolo da far stupir chi vede le sue opere 

A Venezia nel 1618, dove studia Tiziano, Tintoretto e Bassano, presenta il suo libro, "Primi elementi per introdurre i giovani al disegno", un testo concepito nel clima culturale dell'Accademia Carracci, che conferiva al giovane anche la qualifica di teorico d'arte. 
Nel 1621, Guercino arrivò nella Città Eterna chiamato dal suo grande ammiratore bolognese Alessandro Ludovisi, appena divenuto papa col nome di Gregorio XV (1621-1623). 


Guercino, Ritratto di Gregorio XV, 1622, olio su tela, 133,7x98,4cm., Getty Museum, Los Angeles

A Roma rimase due anni, poco rispetto agli altri pittori di scuola bolognese, tuttavia lasciò il segno nello sviluppo del Barocco romano.

Guercino poté conoscere Michelangelo, Raffaello e Annibale Carracci, con l’esempio dei quali il suo stile dal tratto rapido e volutamente tremolante, acquistò maggiore eloquenza e monumentalità 

Nella sua prima fase, già prima di giungere a Roma, Guercino fu attratto dalle straordinarie innovazioni di luce e "verità" del Caravaggio (1571-1610). Ma la ripresa del tenebrismo e l’attenzione al vero, acquistano valenze diverse rispetto a quelle del pittore lombardo. Caravaggio modellava con forza plastica e costruiva immagini con luci nette e precise, Guercino invece, usava le ombre per conferire trasparenza ariosa e vibrante alle scene, cosparse di chiarori diffusi.


Caravaggio, Giove, Nettuno e Plutone, 1597, olio su soffitto intonacato, 300×180cm., Villa Ludovisi, Roma

Del Caravaggio, Guercino ebbe modo di osservare da vicino un’opera che costituisce un unicum all’interno della vasta produzione dell'artista lombardo: l'affresco, realizzato a olio su muro, per il soffitto del camerino alchemico del cardinale Francesco Maria Del Monte, al piano nobile della sua villa suburbana, il Casino, acquistato ed ampliato proprio dai Ludovisi nel 1621.

Giove, Nettuno e Plutone, allegoria della triade alchemica di Paracelso, personificazioni di aria, acqua e terra, nonché dei tre stati della materia, si stagliano, seminudi e possenti nel modellato, su un cielo temporalesco, con al centro la sfera luminosa dei segni zodiacali

La visione dei nudi virili da "sotto in su", all'epoca ancora eludeva al "decoro" richiesto dai dettami della Controriforma, ma si trattava comunque di un ambiente privato, dedito alla pratica empirica dell’alchimia.
Fu il nipote di Alessandro, Ludovico Ludovisi, ad affidare al Guercino l'Aurora, decorazione della sala contigua al camerino alchemico, assieme a quelle sottostanti situate al piano terreno.


Guercino, L'Aurora, 1621, dettaglio, affresco a tempera, Casino Ludovisi, Roma

Il soffitto della volta, incorniciata da architetture illusionistiche di Agostino Tassi (1580-1644), appare “sfondato”. Oltre la finta quinta, vista da "sotto in su", un cielo reso dinamico da nubi striate, richiama e accompagna le pezzature bianco-nere del mantello dei cavalli. 

Guercino applica la sua tecnica di "pittura a macchia" e crea un effetto modernissimo

Il carro dell’Aurora percorre il cielo e attraverso un “passaggio” reso possibile dall’architrave parzialmente rotta, introduce ad un antro, appena rischiarato dal lume di una lucerna.
Qui appare appisolata La Notte, romantica figura femminile e modello per tanta arte barocca. L'allegoria della fine, ha un libro aperto sulle gambe e davanti a lei, due figli dormienti a terra, Il Sonno e La Morte. Nel cielo scuro, volteggiano anche i simboli sinistri della Civetta e del Pipistrello


Guercino, La Notte, dettaglio de L'Aurora, 1621, affresco a tempera, Casino Ludovisi, Roma

Nella lunetta opposta, appare Il Giorno, un giovane alato, portatore di luce, che precede il carro dell’Aurora
La soluzione adottata da Guercino per l’Aurora, si discosta moltissimo dal medesimo soggetto dipinto da Guido Reni, qualche anno prima, nel soffitto del Casino di Palazzo Pallavicini Rospigliosi (1613-'14), proprietà di Scipione Borghese (Guido Reni e la scuola dei Carracci a Roma). 


Guido Reni, L'aurora, 1613-'14, affresco su muro, Casino di Palazzo Pallavicini Rospigliosi, Roma

Reni, senza tener conto del fatto che l'immagine andasse vista da "sotto in su", concepì l'Aurora dentro una finta cornice di "quadro riportato", in una composizione piuttosto statica che vuole evocare il fregio antico. Raffinato ed elegante, Reni opera sui registri del classico, una soluzione lontana dalla potenza suggestiva prossima al gusto Barocco qui anticipato da Guercino, capace di infondere vigore anche alla fredda tempera richiesta dall'affresco.


Guercino, Fama, Onore e Virtù, 1621, affresco a tempera, Casino Ludovisi, Roma

Nella stanza accanto a quella dell'Aurora, la Sala del Camino,o dei Paesi, Guercino con Domenichino e il fiammingo Paul Bril (1554–1626), dipinsero con grande vivacità e naturalezza una serie di vedute di paesaggi. Quelli di Guercino, con scherzi d'acqua e dame che si bagnano, anticipano gli esiti dei paesisti romani e francesi, attivi a Roma verso il 1630, tra cui lo stesso Nicolas Poussin (1594-1665). 
Dalla Sala dell’Aurora, una scala a chiocciola conduce alla Sala della Fama, dove Guercino sfonda nuovamente i cieli con una florida figura femminile che spicca il volo trionfante al suono della tromba, con al seguito le allegorie dell’Onore e della Virtù

Il rosso cremisi e il giallo oro delle vesti sono riconducibili ai colori del simbolo araldico della famiglia papale Ludovisi, qui consacrata in eterno 

Guercino muove verso una direzione molto più dinamica e complessa, sicuramente più moderna, nella misura in cui anticipa alcune conquiste spaziali e compositive degli anni Trenta del Seicento, adottate da Pietro da Cortona (1597-1669) nei suoi scenari ad affresco, culminati nel simbolo del barocco romano: Il trionfo della Divina Provvidenza (1632-38), per Palazzo Barberini (Palazzo Barberini: il manifesto del Barocco).
Le finte colonne tortili che reggono la trabeazione della Sala della Fama, infine, saranno guardate da Bernini, un decennio più tardi, per il Baldacchino di San Pietro (1624-'35), una delle opere fondanti lo Barocco.  


Guercino, Santa Maria Maddalena penitente con due angeli, 1622, olio su tela, 222x200cm., Musei Vaticani, Città del Vaticano

Nel 1622, Guercino portò a termine una grande tela per l'altare maggiore dell'appena ricostruita Chiesa di Santa Maria Maddalena delle Convertite al Corso: Maddalena penitente con due angeli
Ristrutturata su fondamenta antiche, nel 1585 dall'architetto Carlo Maderno e restaurata nel 1617 per un incendio, la Chiesa di Santa Maria Maddalena venne distrutta dai francesi nell'Ottocento, mentre la tela del Guercino entrava alla Pinacoteca Vaticana.

In penitenza, una sensuale Maria Maddalena s'inginocchia e piange, con le mani giunte in preghiera. Un angelo le mostra uno dei chiodi usati nella crocifissione di Gesù, mentre l'altro indica una coppia di cherubini in cielo

La celebre pala, di formato quadrangolare, è un esempio del graduale passaggio, nello stile di Guercino, da una pittura vibrante e di contrasti "alla Caravaggio", a una maniera più classica.
Le luci suggestive e contrastate di un fantastico tramonto romano, con un cielo che richiama potentemente il colore del "neo venetismo" diffuso nella pittura barocca di questi anni, ancora ricorda gli esiti dell'Aurora.
A sinistra, il paesaggio appare sfumato in profondità fino all'orizzonte, mentre a destra, le tre figure che emergono dall'ampia porzione di cielo costituiscono un cambio di registro. Qui, infatti, Guercino è a al punto di svolta, come si evince dagli  ampi e movimentati panneggi che avvolgono le figure solide di impianto e di una definizione scultorea anomala. Lo stile classico, da ora in poi, caratterizzerà la produzione del maestro emiliano che comunque continuerà a distinguersi dai suoi contemporanei. 


Guercino, Madonna con Bambino Benedicente, 1629, olio su tela, 104x135cm., Pinacoteca Civica, Cento (Ferrara)

Madonna con Bambino Benedicente (1629), è un altro dipinto importante che testimonia la nuova fase di Guercino, la transizione artistica dal naturalismo giovanile, alla maturità classica.

Una giovane Madonna tiene dolcemente sollevato il Bambino in atto di benedire. Il tavolo su cui poggia il putto, la finestra di piccoli cerchi piombati, di cui uno rotto che riflette l'azzurro del cielo, e il muro spoglio, con un taglio di luce diagonale, rende la composizione di una bellezza enfatica e ideale tipicamente barocca

In questa tela, Guercino calcola con estrema raffinatezza e precisione lo spazio pittorico, ora pulito e terso. La dolcezza e raffinatezza dei due protagonisti, ben definiti, nello scambio di affettuosità quotidiane ma signorili, sono ingredienti basilari del dipinto. 

La luce diventa un medium per evidenziare il simbolismo delle figure avvolte in un'atmosfera spirituale serena e armoniosa

Essa penetra dalla finestra e taglia di netto, in diagonale, un'ombra sul muro dietro alla Madonna con il Bambino. Un'altra fonte luminosa, colpisce le figure frontalmente. restituendo la morbidezza degli incarnati. 

FOTO DI COPERTINA
Ritratto di Guercino, dettaglio, stampa del Settecento

APPROFONDIMENTI
Alessandro Zuccari. Il Barocco in pillole
Guercino
Guido Reni
Lanfranco