Napoli. La Certosa di San Martino

Il museo Barocco della città

Napoli, la città più popolosa d'Italia e dell'Impero Spagnolo, nel Seicento vide momenti difficili che tuttavia non fermarono lo sviluppo del Barocco nel complesso del suo tessuto urbano, architettonico e culturale

L'eruzione del Vesuvio (1631), la rivolta di Masaniello (1647), e la grande pestilenza (1656), passarono senza intaccare il fasto e il lusso estremo di un'aristocrazia cittadina noncurante della massa disperata di poveri ridotti a vivere ai margini della società.
Il Regno di Napoli prevedeva allora un Viceré in carica per soli tre anni, pochi per prendere decisioni impegnative sul territorio urbano, e in più, la densità abitativa del centro, cresceva vertiginosamente causa un decreto che impediva di abitare fuori le mura per motivi di controllo sociale.

Pertanto, i palazzi seicenteschi di Napoli crescevano in verticale nei stretti vicoli, spesso come schermi, facciate che nascondevano dietro vecchie edifici

Solo i grandi ordini religiosi, riuscirono ad aprire varchi nel tessuto urbano, creando le piazze e i luoghi di ritrovo della vita sociale; e tra gesuiti, teatini, certosini e oratoriani, gli spazi del sacro si infittirono in monasteri, chiese, conventi, ospizi e chiostri, sia maschili, sia femminili. 


Pennacchi di Domenichino e Cupola di Lanfranco, 1631-'43, Cappella di San Gennaro, Duomo di Napoli

Tra i molti luoghi che caratterizzano la Napoli Barocca, la Cappella di San Gennaro (Duomo di Napoli) e la Certosa di San Martino, sono sicuramente quelli dove l'impronta del nuovo stile rimane tutt'oggi più marcata e caratteristica. 
Negli anni Trenta del Seicento, in seguito al consolidarsi della fama di Pietro da Cortona a Roma, i pittori emiliani Domenichino (1581-1641) e Giovanni Lanfranco (1582-1647) si trasferivano a Napoli per eseguire uno straordinario ciclo di  affreschi nella Cappella del Tesoro di San Gennaro (Lanfranco e Domenichino a Sant'Andrea della Valle). Databile dal 1631 al '43, l'impresa iniziata da Domenichino, finì con sua morte improvvisa, lasciando compiute le sole lunette degli altari e i pennacchi della cupola con le "Storie di San Gennaro". A due giorni dalla morte, lo sostituiva l'artista e amico Lanfranco, già attivo a Napoli, che ultimò la cupola con il "Paradiso" (Caravaggio e i caravaggeschi a Napoli).

Il ciclo di affreschi dalla cromaticità accesa, con figure affollate tra putti e angeli disposti in senso vorticoso, rappresentarono l'entrata del Barocco in città 

Come la Roma Barocca fu plasmata dal genio di Bernini, anche Napoli ebbe il suo artista fautore dello stile in chiave partenopea. Si tratta dello scultore e architetto bergamasco Cosimo Fanzago (1591-1678), che nella Cappella di San Gennaro lasciava alcune sculture e soprattutto uno straordinario Cancello monumentale di bronzo dorato, cesellato di intrecci fitomorfi e da un busto bifronte di San Gennaro benedicente (1630-'65). 


Veduta dall'alto della Certosa di san Martino, Napoli

Nel filmato proposto, il giornalista Marco Hagge, illustra la Certosa di San Martino (TGR Bellitalia, 2006), complesso che domina il paesaggio urbano di Napoli, come sospesa tra cielo e mare. Qui, nella chiesa conventuale del grande complesso, tornava la firma di Lanfranco, autore dell'affresco della grande volta gotica (1637).


Interno della Chiesa conventuale della Certosa di San Martino, Napoli

Costruita nel Trecento, il grande complesso monastico della Certosa, ampliato e rimodernato negli ultimi anni del Cinquecento, vide una svolta significativa dal 1623, quando intervenne in qualità di scultore Fanzago che, successivamente, divenne architetto ufficiale del posto in carica fino alla morte.
Fanzago, plasmava il complesso cambiandone definitivamente il volto.


Cosimo Fanzago, dettaglio del Cimitero dei Monaci, Certosa di San Martino, Napoli

Fanzago intervenne dapprima nel Chiostro Grande, adibendo il cortile a "Cimitero dei Monaci" con la più emblematica balaustra del Barocco europeo, in cui l'ornato di scultura e architettura si fondono, giungendo all'apice del macabro nell'infilata di teschi bloccati su perni. 

 
Dettaglio decorativo di marmi intarsiati, Certosa di San Martino, Napoli

Dal 1631, all'interno della chiesa, senza stravolgere la struttura gotica medioevale, Fanzago ricoprì le pareti e il pavimento di un incantevole manto di pietre colorate, incastonate nella tecnica fiorentina del commesso, ossia l'arte dell'intaglio dei marmi. 
Tutta la chiesa, appare rivestita di preziosa pietra policroma, una soluzione decorativa che accentua l'effetto ottico di tridimensionalità dei singoli elementi, dalle paraste al tappeto della navata.


Cosimo Fanzago, dettaglio di sovrapporta nel Cimitero dei Monaci, Certosa di San Martino, Napoli

Intervenendo negli angoli del cortile, Fanzago riscrive l'architettura delle porte, trasformate in un unico complicatissimo partito decorativo da cui sbocciano, come fiori, le mezze figure dei Santi Certosini, vivi e umani e allo stesso tempo, astrattamente ornamentali.

FOTO DI COPERTINA
Veduta dall'alto della Certosa di san Martino, Napoli 

APPROFONDIMENTO
Caravaggio e i caravaggeschi a Napoli
Stanotte a Napoli