Lanfranco e Domenichino a Sant'Andrea della Valle

La prima cupola barocca di Roma

La costruzione della monumentale Chiesa di Sant’Andrea della Valle, iniziava nel 1591, finanziata in larga parte dal cardinale Alessandro Peretti di Montalto, nipote di papa Sisto V

Sant'Andrea della Valle, rappresenta il passaggio definitivo nella pittura romana d'affresco, dal "naturalismo" classico, ancora raffaellesco e alla Guido Reni (1575-1642), ad uno stile più dinamico, quasi "vorticoso", che dai pennelli di Giovanni Lanfranco (1582-1647) anticipa gli esiti del barocco di Pietro da Cortona (1597-1669). 
Alessandro Peretti (1571–1623), era un uomo di potere particolarmente attratto dalle arti, le sue innumerevoli gesta di mecenatismo favorirono artisti ed opere importanti del Barocco romano, Sant'Andrea della Valle ne è l'esempio sommo. 


Chiesa di Sant'Andrea della Valle, Roma

I lavori della chiesa, iniziati su disegni di Giacomo Della Porta (1532-1602), furono ripresi nel 1608 da Carlo Maderno (1556-1629), incaricato di completare l’edificio, ampliando il transetto e innalzando la grandiosa cupola. L’altissima e sontuosa facciata di travertino, risale alla seconda metà del Seicento ed è opera di Carlo Rainaldi (1611-1691) che riprese, in parte, il disegno di Maderno accentuando la plasticità degli elementi costruttivi e chiaroscurali. 

L’interno della chiesa, a pianta longitudinale, in pieno lo spirito controriformista, presenta una vasta navata fiancheggiata da otto cappelle

Nella chiesa, la decorazione ad affresco porta firme importanti: una cappella fu interamente decorata da Mattia Preti (1613-1699), l'abside e i pennacchi della cupola, da Domenico Zampieri, detto il Domenichino (1581–1641) e la cupola da Lanfranco. Ai capitelli del lanternino di questa, decorati con piccole statue di cherubini alati, vi lavorò il giovane Francesco Borromini (1599-1667), arrivato a Roma qualche anno prima e impiegato dallo stesso Maderno nel grande cantiere di San Pietro (Francesco Borromini, una biografia). 

La bellissima cupola realizzata da Maderno e inaugurata il 6 novembre del 1622, inferiore per ampiezza e altezza solo a San Pietro, era stata da subito commissionata a Domenichino che iniziava con l'affrescare il catino absidale e il sott’arco del presbiterio

All’ultimo momento, con la morte del cardinale Alessandro Peretti e del papa bolognese Gregorio XV, grandi estimatori di Domenichino, la cupola fu affidata a Lanfranco (Domenichino: il sentimento "naturale" del classico). 
Per Domenichino fu una tremenda delusione.
Nel 1623, l'artista dipingeva nei pennacchi della cupola i quattro Evangelisti, subito in contrasto con la fantasia barocca di Lanfranco. Domenichino esibisce un "rigore classico" tipico dei modelli espressi dal maestro Annibale Carracci (1560-1609) a Palazzo Farnese, un'influenza particolarmente evidente nella scelta dei “quadri riportati”, ossia nella rappresentazione di scene affrescate ed incorniciate come tele dipinte (Annibale Carracci e Palazzo Farnese a Roma). Il forte effetto illusionistico, tuttavia, restituisce una composizione molto rigorosa e statica, rispetto al "vortice" sovrastante della cupola di Lanfranco.  

Domenichino infatti, sembra voler difendere la sua pittura dall’incombente Barocco ora sul punto di travolgere quel classicismo da lui perfezionato e già molto apprezzato dai collezionisti romani

Lo straordinario velo di melanconia che avvolge gli evangelisti, dai volti espressivi, s'intona alla solennità e alla pulizia di un disegno magistralmente classico. 
Tra il 1624 e il 1627, Domenichino realizza la calotta absidale e il sott’arco del presbiterio, con scene della vita di Sant'Andrea. Il presbiterio e l’abside, sono uno dei massimi esempi di pittura classica e monumentale del Seicento
Nell’arcone absidale, Domenichino rappresenta "San Giovanni Battista che indica ad Andrea e Giovanni la figura di Gesù Cristo", mentre, al centro del catino, "Gesù chiama Pietro e Andrea". 
Sono questi dipinti quasi commossi: Domenichino sembra ripensare e rimpiangere le opere dei grandi maestri, Raffaello e Michelangelo, a cui il suo pennello era stato capace di ridare vita. Non manca nemmeno quel legame tra paesaggio e figure, nelle note "naturalistiche" che ricordano le Storie di Santa Cecilia a San Luigi dei Francesi (1612). 
Le fasce che ripartiscono gli affreschi, in stucco bianco e oro con putti a bassorilievo, furono attribuite al giovane Alessandro Algardi (1598-1664), ma da antichi disegni ritrovati a Windsor, sappiamo che il progetto era di Domenichino.
Infine, tra le finestre dell’abside, Domenichino affresca le sei virtù: Fede, Carità, Religione, Speranza, Fortezza e Preghiera.

All’interno della cupola, decorata dal parmense Lanfranco, tra il 1626 ed il 1628, una straordinaria ed inedita "macchina" d’illusionismo barocco porta il cielo dentro la chiesa 

L'impresa di Domenichino e Lanfranco a Sant'Andrea della Valle, segna la fine del dominio del "classicismo" di scuola bolognese a Roma. L'opera di Lanfranco esercitava una vasta influenza, ispirando direttamente artisti come Mattia Preti e Luca Giordano (1634–1705).
Lanfranco, allievo e collaboratore di Agostino Carracci (1557-1602), dopo la morte del maestro, era inviato a Roma dal duca Ranuccio Farnese che, per impratichirsi con l'affresco, entrava nel cantiere più in voga del momento condotto da Annibale (Annibale Carracci e Palazzo Farnese a Roma), affianco a Domenichino e Guido Reni (Guido Reni e la scuola dei Carracci a Roma).


Correggio, L'Assunzione della Vergine, 1524-'30,  affresco della cupola del Duomo di Parma, diametro 1093x1155cm. alla base, Parma

Ispirato dalla più grande cupola illusionistica fin'ora creata da Correggio (Antonio Allegri, 1489–1534) a Parma, Lanfranco dipinge la "Gloria celeste" in cui la "Vergine Assunta", dal trono di nubi retto da angeli, si volge verso l’alto dove Cristo l’attende. "Sant'Andrea presenta al Salvatore il suo omonimo Andrea Avellino", genuflesso e dall’altro lato, "San Pietro raccomanda San Gaetano da Thiene". Più in là, Adamo ed Eva,  nel mezzo di una moltitudine di Santi, Profeti, Martiri, Vergini e Cherubini, mentre salgono verso la luce del regno di  Cristo.

Lanfranco fu tra i pittori emiliani a Roma, quello più audace nel  predisporre ampi impianti spaziali dominati dallo scorcio e dal dinamismo di masse 

Lanfranco, pittore preferito prima da Papa Paolo V Borghese (1552-1621), poi da Gregorio XV (1621-1623), negli anni romani, almeno fino al 1630, fu molto conteso dalle famiglie nobili di Roma. 
Dal 1634 al 1647, il pittore si trasferì a Napoli per decorare la Chiesa del Gesù Nuovo (1635-'36), la Cappella del Tesoro di San Gennaro (1631-'43) nel Duomo cittadino e nella Certosa di San Martino, "La Gloria dei Beati", affresco del Domenichino lasciato interrotto per la sopraggiunta morte dell'artista. 

FOTO DI COPERTINA
Giovanni Lanfranco, dettaglio della Cupola di Sant'Andrea delle Valle, 1626-'28, Roma

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