Rubens, il Principe del Barocco

Festa Barocca, 1980-1982

Dalla serie Festa Barocca, di Folco Quilici e Jean Antoine (Barocco e brume, 1980-1982), il filmato estratto presenta l'artista Pieter Paul Rubens (1577-1640) negli anni in cui, di ritorno dall'Italia (1608), dava il via alla diffusione del linguaggio Barocco nel Nord Europa. 
Nato in Germania e trasferito in giovane età ad Anversa con la madre, Rubens studiava nelle botteghe di pittori fiamminghi soggiornati a lungo in Italia, come Otto van Veen (1558-1629) e Jan Brueghel il Vecchio (1568-1625), membro della prolifica famiglia di artisti di Bruxelles, conosciuto per la maestria di pennello nel restituire l'epidermide di velluti e fiori.

Di formazione umanistica, Rubens era un uomo di mondo, un brillante signore cosmopolita con capacità diplomatiche inconsuete che lo avvicinarono a principi, re e cardinali. Plurilingue, estremamente generoso, ma anche astuto e ironico, Rubens rappresenta quella figura di artista intellettuale seicentesco che dipinge, scambia e colleziona opere d'arte, scrive e teorizza, fin anche di architettura

Rubens era innamorato del "Belpaese". 
Partito per l'Italia nel 1600, a ventitre anni, vi soggiornò ininterrottamente per altri otto, appagando la sua sete umanistica fin dalla corrispondenza scritta in toscano. Il nome “Pieter Paul” poi, datogli dal padre perché nato il giorno prima della festa dei Santi patroni di Roma, conferma una passione già di famiglia, dato che il genitore era laureato in giurisprudenza tra Roma e Bologna. Il suo viaggio a Roma, infine, era preparato dalle frequentazioni della "Gilda dei romanisti", una sorta di confraternita fondata nel 1572 ad  Anversa, che si riuniva per parlare, seduta a tavoli imbanditi, di scoperte archeologiche e moderna pittura romana.


Peter Paul Rubens, dettaglio di Autoritratto con il figlio Albert, olio su tela, Casa Rubens, Anversa

In Italia, alla corte del Duca di Mantova Vincenzo I Gonzaga, Rubens coltivò la diplomazia e a Genova, ebbe la fortuna di lavorare a gran richiesta con le più importanti famiglie, come gli Spinola e i Doria (Genova. Rubens nella Superba). Giunto a Roma, infine, strinse subito amicizia con i cardinali Del Monte e Scipione Borghese, all'epoca i principali committenti e già collezionisti dell'emergente Caravaggio (1571-1610). 

Probabilmente, Rubens era stato inviato a Roma dallo stesso Gonzaga, che lo aveva accolto e nominato "pittore di corte" e diplomatico

Nel Belpaese, Rubens viaggiò tra Venezia, Mantova, Roma e Genova e in questi spostamenti, disegnava, copiava, studiava e collezionava dipinti di Tintoretto e Tiziano. A Roma, luogo in cui visse anche con il fratello maggiore, l'antiquario e librario, Philip Rubens, il pittore era di casa a Via Margutta, dove stringeva amicizia con il grande paesaggista, anche lui di Anversa, Paul Bril (1554-1626). All'epoca, quella che ancor oggi è la "strada romana degli artisti", già ospitava una folta congrega di pittori fiamminghi che popolavano l'Urbe fin dal Cinquecento.
Nella Roma del primo Seicento, Rubens soggiorna in due tappe (1601-1602; 1605-1608). Inizialmente, oltre allo studio dell'antico e dei classici Michelangelo e Raffaello, l'artista coglie uno dei grandi cantieri pittorici di Roma, la volta di Palazzo Farnese che Annibale Carracci (1560-1609) stava affrescando con la sua scuola di pittori emiliani (Annibale Carracci e Palazzo Farnese a Roma). 
L'elaborazione della rivoluzionaria pittura del Caravaggio, da parte di Rubens, non sarà immediata, ma già nel secondo soggiorno, l'artista avrà modo di ammirare le tele del lombardo nelle chiese (Caravaggio e La Cappella Contarelli) e soprattutto, nelle collezioni dei cardinali  Del Monte e Scipione Borghese (I Caravaggio di Scipione Borghese). 


Pieter Paul Rubens, Compianto di Cristo morto, 1603, Galleria Borghese, Roma

Il "Compianto di Cristo", è un’opera romana raffinata che condensa ed evidenzia la summa dei più disparati influssi elaborati dal fiammingo: dal colorismo tizianesco di scuola veneta, al Manierismo romano nei chiari rimandi alla classicità antica del sarcofago, fino al "naturalismo" lombardo, e anche caraccesco, nel particolare della lacrima di Maria Maddalena che, a seno nudo, toglie lo sguardo dal Cristo morto. 


Pieter Paul Rubens, Ritratto di Giovanni Carlo Doria a cavallo, 1606, olio su tela, 265×188cm., Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, Genova

Nel 1603, Rubens andava in missione per il duca di Mantova presso il re di Spagna e nel 1606, approdava a Genova. Nella Superba, dipingeva straordinari ritratti di nobili, tra cui quello equestre di Giovanni Carlo Doria, figlio del Doge, realizzato per celebrare l'investitura a Cavaliere dell’Ordine di San Giacomo, conferitagli dal re di Spagna Filippo III. 

Il movimento impetuoso del cavallo, il dinamismo della sciarpa, delle fronde degli alberi, dei raggi di luce che squarciano le minacciose nubi in cielo, rivelano la potente poetica Barocca di Rubens

Il pittore, rendere la forza e l’energia del cavallo e nello stesso tempo, bilancia la figura del cavaliere che con due dita nelle redini, controlla l'animale e domina la scena. 
Nella Chiesa dei Gesuiti a Genova, inoltre, Rubens lasciava in loco la "Circoncisione" (1605), una pala d'altare dove la lezione di Caravaggio si palesa nei contrasti di luci e che avrà grande influenza nell'evoluzione del Barocco genovese (Genova. Rubens nella Superba).
Nel 1608, Rubens lasciava Roma in gran fretta per le gravi condizioni di salute della madre. Sperando invano di tornare, negli anni spedirà puntualmente le sue opere in Italia realizzate su precisa richiesta dei suo affezionati committenti.  

Durante la sua carriera, anche di viaggiatore, Rubens acquisì la fama di "principe dei pittori e pittore dei principi", per il suo frequente lavoro con clienti reali

Ad Anversa, Rubens riveste fin da subito cariche di prestigio e diventa "pittore di corte" (1609) presso gli Arciduchi Alberto e Isabella. Oltre ad Alberto VII d'Asburgo, cardinale e arcivescovo austriaco, all'epoca "Principe sovrano dei Paesi Bassi meridionali" (1598-1621), ad Anversa Rubens godeva della fama del padre negli ambienti dell'avvocatura e della municipalità cittadina. 


Pietre Paul Rubens, Ritratto di Clara Serena Rubens, 1616, olio su tela, Collezione Principato del Liechtenstein

Al suo rientro dall'Italia, Rubens sposa Isabella Brant dalla quale ha tre figli: la primogenita Clara Serena, morta a dodici anni per la peste del 1620, viene ritratta con le guance rosee e paffute in evidente somiglianza con i visi riprodotti dall'artista della madre. 
Ma le perdite non finivano qui. Rimasto vedovo nel 1626, Rubens ricorreva a seconde nozze con la giovanissima modella Helena Fourment (1630), madre di altri cinque figli, anche lei ritratta più volte in gruppi familiari di intensa felicità domestica, o in sensuali nudi e anche lei, morta prematura nel 1633. 


La Casa di Rubens, oggi museo Rubenshuis, Anversa 

Ad Anversa, Rubens progettava la sua nuova dimora per la numerosa famiglia, accanto al suo vasto atelier che avrà tantissimi allievi, tra i quali il prediletto Antoon van Dyck (1599-1641).
Nella sua casa, Rubens fa trapelare le doti di "architetto innamorato dell'Italia". In quegli anni, infatti, l'artista dava alle stampe il libro, "Palazzi di Genova" (1622), un trattato di architettura in ricordo delle sontuose e "superbe" dimore aristocratiche che aveva visto sorgere. L’influenza del Belpaese, appare evidente soprattutto nel giardino, un Pantheon semi circolare con statue, tra le quali figura un busto di Seneca che il pittore portò con sé di ritorno da Roma.

Il Regno degli Arciduchi, assicurava ad Anversa un periodo di crescita sociale ed economica; i ricchi mercanti investivano denaro nelle loro collezioni d'arte private e le chiese locali, venivano rinnovate 

Rubens era allora la firma più in voga. Tra il 1610 e il '12, riceve la prestigiosa commissione per due grandi pale d'altare destinate alla Cattedrale di Anversa ("La Deposizione" e "Innalzamento dalla croce"), e nello stesso tempo, si occupa di altre due chiese importanti, sia in veste di pittore, sia di architetto: San Carlo Borromeo e San Paolo


Pieter Paul Rubens, I miracoli di San Francesco Saverio, 1617-'18, olio su tela, 535x395cm., Kunsthistorisches Museum, Vienna

La facciata della chiesa gesuita di "San Carlo", viene solitamente riferita a Rubens, assieme ad un ciclo d'affreschi della volta di cui l'artista realizzò trentanove schizzi preparatori, messi in opera, con van Dyck, nel 1620. Il prezioso ciclo, scomparso nell'incendio del 1718, non toccò le due pale destinate all'altar maggiore della Chiesa: "I miracoli di Sant'Ignazio di Loyola" e "I miracoli di San Francesco Saverio, oggi al Museo di Vienna.

Ignazio di Loyola e Francesco Saverio, furono canonizzati nel 1622, dunque, le pale di Rubens rivestono una particolare importanza per la diffusione dell’iconografia dei Santi fondatori Gesuiti, prima della data di santificazione

Rubens si era ispirato alle incisioni della "Vita beati Ignatii Loyolae", pubblicata a Roma nel 1609, alla quale aveva lui stesso partecipato. 


Pieter Paul Rubens, Adorazione dei Pastori, 1609, olio su tela, 400x294cm., Chiesa di San Paolo, Anversa

La chiesa di San Paolo, che qui vediamo nel filmato, dedicata ai padri domenicani, conserva ancor oggi tre tele di Rubens ("La disputa del Sacramento", "La Flagellazione", "L'Adorazione dei Pastori"), tra cui spicca un'Adorazione dei Pastori, dove l'artista, fresco del secondo soggiorno romano, omaggia Caravaggio nei forti contrasti luminosi. È questa una seconda versione, eseguita un anno prima per la Chiesa di San Filippo a Fermo (1608), ma ingrandita rispetto alle misure abituali delle pale dell'epoca. Nel suo quadro più caravaggesco, nonostante continui in maniera sempre personale ad elaborare Tiziano, Veronese e Tintoretto, Rubens si rifà a "La Notte" di Correggio (1489-1534), nell'uso della luce divina che esce dal piccolo Gesù, comune a molte pale sacre del Barocco. Grazie ad Annibale Carracci, che gli svelava anche l'artista parmense, Rubens aveva elaborato il modo per disporre composizioni dinamiche fatte di solide figure michelangiolesche. 


Pieter Paul Rubens, L’arrivo di Maria De Medici a Marsiglia, 1622–'25, dettaglio olio su tela, 394x 295cm., Museo del Louvre, Parigi 

Nel 1622, Rubens ottiene l'incarico per la grandiosa serie delle  "Storie di Maria de' Medici", ciclo da collocare nel Palazzo del Lussemburgo, a rappresentare la regina di Francia che, in quanto seconda moglie di Enrico IV, diventa reggente in attesa della consacrazione del figlio, futuro Luigi XIII.

Rubens inventava il prototipo di quel genere detto "allegorico politico", tipico del Barocco, dove il fatto reale veniva idealizzato per mezzo di inserti tratti dalla mitologia classica

La scena, inquadrata dal basso, a livello del mare, mostra la sovrana accolta dalla figura allegorica della Francia che si inchina al suo cospetto, mentre la Fama Alata, dipinta di un giallo dorato, annuncia al re e a tutta la nazione l’arrivo della regina a suon di trombe. Anche un gruppo di divinità marine, tra cui Nettuno e le Sirene, assistono all'evento. Un vascello riccamente decorato mostra le insegne regali; a destra, un'architettura classica e sotto, i servitori con baldacchino per accompagnare la regina.
Tutta la serie è realizzata con pennellate larghe, nonostante il modellato delle figure sia costruito con grande dovizia di dettagli, dell’incarnato delle figure, alle vesti preziose e ai nudi sensuali della parte inferiore. 
Le tele sono molto fredde rispetto ai toni caldi e sensuali del pennello di Rubens, ma è questa una precisa scelta dell'artista per un'opera di carattere ufficiale, un ciclo cerimoniale di Stato, al quale, tra l'altro, hanno concorso numerosi aiuti. 

Gli anni Venti e Trenta del Seicento, costituiscono il momento delle maggiori commissioni di prestigio per Rubens, un'attività frenetica che affiancava la continue missioni diplomatiche tra Londra e Madrid

Alle grandiose pale de "L'Adorazione dei Magi" (1609, poi modificata nel 1629; Museo Reale di Belle Arti, Anversa), della "Vergine Maria circondata da Santi" (1634; Chiesa di San Giacomo, Anversa), e del "Trittico di Sant'Ildelfonso" (1630-1631; Kunsthistorisches Museum, Vienna), si aggiunge il lavoro per  otto cartoni destinati ad arazzi che fecero il giro d'Europa (Madrid, Prado; Parigi, Louvre).  
Da non dimenticare, inoltre, due cicli decorativi commissionati dai sovrani di Inghilterra e Spagna. Quello per il soffitto della Banqueting House (1629-1636), commissionatogli da Carlo I, con "Apoteosi" del padre, Giacomo I, fu abbozzato a Londra e completato ad Anversa per motivi di spazio.

Alla fine, Rubens tornava a casa, da Londra, con la nomina di "Cavaliere" e  lasciava il suo posto di "pittore di corte" al prediletto van Dyck 

Nel 1636, Rubens veniva chiamato a realizzare centododici dipinti per la Palazzina Reale di Caccia di Filippo IV, la Torre de la Parada, sorta vicino Madrid. Ultimati nel 1638, l'artista inviava in Spagna gli schizzi eseguiti ad olio, con scene tratte dalle Metamorfosi di Ovidio. Dei circa quaranta dipinti oggi esistenti, quindici sono di mano dello stesso artista e il resto, fu lasciato alla sua folta bottega di Anversa. 
Anche per questa serie, nessuno sforzo fu risparmiato. I miti dell'antichità emergono con immediatezza, i personaggi fanno sentire il peso delle carni e dei sentimenti, il classico si fonde con le esuberanze barocche e il ritmo infinito di fastosità decorativa, viene risolta in uno stupefacente realismo che fa da scenario alla trasfigurazione della materia.

FOTO DI COPERTINA 
Pieter Paul Rubens, Autoritratto con il figlio Albert, olio su tela, Casa di Rubens, Anversa

La Casa di Rubens Anversa