Genova. Rubens nella Superba

Genova. Rubens nella Superba

La Chiesa del Gesù e dei Santi Ambrogio e Andrea

Genova. Rubens nella Superba

Tra il 1528 e il 1647, la Repubblica di Genova visse quello che è stato chiamato dagli studiosi, il "Secolo dei Genovesi"

Per oltre cent'anni, "la Superba" vedeva fiorire e crescere un momento irripetibile per la città, uno sviluppo economico, politico e culturale che nel Seicento la vide punto di attrazione  europeo e riferimento artistico per scambi proficui tra pittori, collezionisti e mecenati. 
Fra Cinque e Seicento, questa Repubblica retta dal Doge, scelto ogni due anni dalle grandi famiglie aristocratiche che si alternavano così al governo dello Stato, aumentava in ricchezza, prestigio e potere. 
Dal 1576, i palazzi privati genovesi furono adibiti alla funzione pubblica di “hospitaggio”, ossia divennero luoghi per accogliere le personalità straniere in visita di stato presso la Repubblica. Nascevano così i "Rolli", liste degli alloggiamenti pubblici, oltre cento tra i più importanti e prestigiosi della città, oggi riconosciuti Patrimonio UNESCO (I Rolli di Genova). Questo fasto che culmina con il Seicento Barocco, rappresentò la fisionomia sociale e culturale delle famiglie genovesi nel momento del loro apogeo (Genova. I palazzi dei Rolli nel "Secolo dei Genovesi"). 

L’enorme e straordinario impegno economico di capitali non si riversava solo sui palazzi privati, le grandi famiglie infatti, investirono patrimoni considerevoli anche nel rinnovo degli spazi pubblici per eccellenza, le chiese 

Nelle grandi basiliche, nelle chiese parrocchiali, negli oratori e all’interno dei monasteri, gli aristocratici facevano a gara per accaparrarsi i migliori e più aggiornati artisti sul mercato, messi all'opera in strepitosi cicli ad affresco, in tele di rara qualità e in sculture evocative dei modelli berniniani.
Come succedeva a Roma (Giovan Battista Gaulli e la Chiesa del Gesù), anche a Genova i Gesuiti edificavano la loro Chiesa del Gesù, incastonata nel cuore della città, in piazza Matteotti a pochi passi dalla Cattedrale di San Lorenzo e Palazzo Ducale. 
La più importante fondazione religiosa dell'epoca barocca, motrice principale della Controriforma cattolica fuori dai confini dello Stato, si era insediata a Genova grazie all’impegno, in prima persona, dello spagnolo Diego Laínez (1512–1565) che, studente a Parigi nel 1533, conosceva personalmente il fondatore dell'Ordine, Ignazio di Loyola (1491-1556). Laínez divenne suo discepolo spirituale e dopo la morte del Gesuita, rivesti la carica di Generale dell’Ordine, entrando così a diretto contatto con papi e monarchi europei. 


Pieter Paul Rubens, Prospetto della Chiesa del Gesù, da "I Palazzi di Genova", 1622, vol. II

La nuova Chiesa del Gesù, doveva sorgere in un luogo prestigioso, pertanto i padri decisero di rinnovare una Basilica  di culto antichissima, fondata nel VI secolo e dedicata a Sant’Ambrogio, fin dai tempi in cui la Diocesi di Genova dipendeva da Milano. 
La chiesa, venne progettata nel 1589 dall’architetto e pittore Gesuita Giuseppe Valeriano (1542–1596) che, dopo un periodo passato in Spagna, sovrintendeva ufficialmente le fabbriche dell'Ordine. 
Il rinnovamento dell'antico sito fu reso possibile dall’enorme investimento di padre Marcello Pallavicino, figlio di Agostino e Maddalena Spinola, famiglia che rimase legata a doppio filo per sempre a questo luogo del Barocco cittadino. 


Chiesa della Compagnia di Gesù, interno, Genova

La ricchezza dei marmi policromi e delle dorature che trionfano in tutta la chiesa, dal pavimento, alle colonne, alle cappelle, rendono lo spazio un caleidoscopio cromatico di preziosità barocca. 


Giovanni e Giovanni Battista Carlone, Trionfo del nome di Cristo, Chiesa del Gesù, Genova

La decorazione delle volte della navata centrale e della cupola, sono opera dei fratelli di origini ticinesi, Giovanni (1584-1631) e Giovanni Battista Carlone (1603–1684), titolari di un'importante bottega genovese, che qui affrescarono scene della Vita di Cristo e della Vergine. Nella cupola, al centro delle gerarchie celesti, trionfa il Nome di Gesù, raffigurato nel trigramma JHS, simbolo dei Gesuiti.
Il grande progetto decorativo della chiesa, si concretizzò pienamente anche attraverso le committenze di importanti famiglie aristocratiche genovesi, quali i Durazzo e i Raggio che, nelle cappelle laterali, arricchirono il luogo con grandi capolavori di, Guido Reni (1575-1642) e Simon Vouet (1590-1649). 
La tela di Reni, dedicata all’Assunzione della Vergine (1616), arrivò da Roma grazie all'arcivescovo Stefano Durazzo. 


Guido Reni, Assunzione della Vergine, 1616, Chiesa del Gesù, Genova

Una mirabile Maria avviluppata in una veste bianchissima e circondata da una luce divina e dorata, è contemplata da monumentali apostoli straniti davanti il sepolcro vuoto. 


Simon Vouet, Crocefissione, 1620, Chiesa del Gesù, Genova

Nella grande pala della Crocefissione del francese Vouet, che nel 1620 in piena fase caravaggesca si trovava a Genova (Caravaggio e la sua "cerchia"), emergono dallo sfondo acceso di chiaroscuri, una enorme croce posta di sbieco e un San Giovanni che esprime dolore in un gesto largo, pensato per trascinare l’osservatore in preghiera, fin dentro il quadro ai piedi del Crocifisso. 


La Circoncisione, Pieter Paul Rubens, 1605, olio su tela, Chiesa del Gesù, Genova 

Nella Chiesa del Gesù, pale ed affreschi sono oscurati dai due dipinti del grande fiammingo Pieter Paul Rubens (1577-1640), giunto a Genova la prima volta da Mantova, nel 1604, dopo il ritorno dalla Spagna. In quell’occasione, l’artista riceve dal finanziatore della Chiesa stessa, Marcello Pallavicino, la commissione per la grande pala della Circoncisione, tema cardine della catechesi Gesuita. 

Nel Capodanno del 1606, il dipinto veniva collocato sull’altare maggiore. La qualità e la novità del linguaggio del fiammingo erano tali che, da quel momento, l’arte genovese non fu più la stessa

Dopo Rubens, le tradizioni manieriste toscane e lombarde, alle quali i pittori aderivano ancora, venivano superate grazie ad un uso innovativo del colore e ad un'accentuazione del realismo che il pittore maturava nel suo soggiorno a Roma, davanti alle opere di Caravaggio (1571-1610). Per l'importanza rivestita da Rubens nello sviluppo della pittura seicentesca genovese, e non solo, lo storico dell'arte Giuliano Briganti, definiva l'artista "l'archetipo del "barocco". 

Gesù al centro della scena è disteso su un panno mentre il Sommo Sacerdote incide delicatamente il prepuzio del Bambino che piange. Maria e Giuseppe assistono senza prendere parte. Dall’alto, una schiera di angeli scende dalle nubi e anima di luci la scena 

Rubens sceglie di marcare in modo magistrale i sentimenti e le espressività dei diversi attori con un’intensità tutta giocata sul contrasto tra, la concentrazione del Sacerdote, il dolore di Gesù e la preoccupazione della Vergine che volge il capo altrove.
Nella ricerca dei cromatismi, accesi dalla luce proveniente dal cielo, è chiaro l'interesse di Rubens per Tiziano mentre, nella vivacità dal gruppo di angeli in discesa dalle nubi, la suggestione primaria è quella del Tintoretto

Il momento simbolico dell’attribuzione del nome a Gesù, viene scritto con lettere ebraiche al centro dei raggi della corona angelica

Rubens arrivava in Italia nel 1600 e ripartiva nel 1608, per non farvi più ritorno (Rubens, il principe del Barocco). In otto anni, passava tra Venezia, Mantova, Roma e poi Genova. Dopo la sua partenza, il fratello di Marcello, Nicolò Pallavicino, che aveva stretto una importante amicizia con il fiammingo, tanto da volerlo padrino di battesimo del figlio, nel 1620 richiedeva all'artista un'altra grande pala da porre sull’altare dedicato al fondatore dei Gesuiti: "I miracoli di Ignazio di Loyola".


Miracoli di Ignazio Loyola, Pieter Paul Rubens, 1620, olio su tela, Chiesa del Gesù, Genova 

Quando il dipinto arrivava a Genova, Ignazio era ancora Beato, eppure, Rubens e i Gesuiti stavano già codificando con forza l’iconografia del futuro Santo che si espanderà in tutta Europa. 
Ignazio, in veste sacerdotale, affiancato dai suoi fidati collaboratori, Francesco Saverio e Luigi Gonzaga, alza lo sguardo al cielo per chiedere l’intercessione divina e porre fine alla sofferenza. 
La qualità della pittura di Rubens restituisce la materia delle ricche stoffe, nonché delle carni, soprattutto quelle del corpo livido e inerme del bimbo che giace sul bordo estremo della tela. Solo le preghiere del Gesuita e l’affetto della madre disperata, potranno restituire il piccolo alla vita. 

Sulla sinistra, una donna posseduta dal maligno si agita e grida in direzione d’Ignazio, costituendo l’apice dinamico e tangibile della drammaticità della scena

Rubens operò a Genova dedicandosi, oltre a tele sacre, anche a ritratti di nobili cittadini, tradizione portata avanti dal suo allievo, Antoon van Dyck (1599–1641), giunto in città nel 1621, per unirsi alla fiorente colonia di artisti fiamminghi presenti in loco (Van Dyck, ritrattista di corte). 
Nel 1622, Rubens pubblicava ad Anversa un libro di tavole, prospetti ed alzati, titolato i "Palazzi di Genova", un omaggio che il pittore in veste anomala di "architetto" dedicava all'edilizia genovese espressione del più elegante modello di residenza del perfetto gentiluomo europeo (Rolli Days 2022: a spasso con Rubens). 


Altare della Natività, Tomaso Orsolino, 1623, Chiesa del Gesù, Genova

La Natività di Tomaso Orsolino (1587-1675), è un altro capolavoro della scultura barocca, posto sotto la mensa dell’altare della famiglia Raggio, dove svetta la Crocefissione di Vouet. 
Proveniente da un piccolo paese della regione dei Laghi lombardi, lo scultore realizzò questo presepe intorno al 1623, lavorando il marmo in maniera magistrale. Il linguaggio di Orsolino, intessuto del naturalismo del primo Seicento lombardo, torna evidente nella morbidezza dei volti della Vergine e di Giuseppe e nel virtuoso rilievo che passa, dal tutto tondo delle figure principali, allo stiacciato del fondo, da cui emergono pastori e greggi. 


Altare della Natività, Tomaso Orsolino, 1623, Chiesa del Gesù, Genova

Negli anni in cui Orsolino realizza questo inedito presepe in marmo, è ancora un artista in cerca di stabilità economica sotto la protezione dello zio, anch’egli scultore. Di lì a poco, nel giro di dieci anni, per le sue capacità imprenditoriali e abilità scultoree, acquisterà fama e onori in tutta Europa. 
Il Presepe del Gesù fu concepito per destare sorpresa. Tenuto coperto da un paliotto in stoffa, veniva mostrato ai fedeli solo in occasione del Natale: infatti, i due angeli che lo delimitano, sono "in azione" per arrotolare il tessuto e rivelare così la venuta nel mondo del Figlio di Dio.

La vicenda storica e artistica della Chiesa del Gesù di Genova, non termina con la grande fase decorativa del primo Seicento

A fine secolo, infatti, Genova visse un momento drammatico quando, dal 17 al 25 maggio del 1684, la flotta francese di Re Sole riversò oltre seimila bombe sulla città. Alcune cappelle della Chiesa furono integralmente distrutte, la ricca biblioteca della Casa Professa arsa tra le fiamme e molti degli affreschi dei Carlone, frantumarono al suolo. 


Lorenzo De Ferrari, Cupole, Chiesa del Gesù, Genova

Eppure, pochi anni dopo la tragedia, il pittore Lorenzo De Ferrari (1680-1744), uno degli artisti genovesi più brillanti del Tardo Barocco, realizzava delle bellissime cupolette nelle Cappelle di San Stanislao, San Giovanni Battista e San Francesco Borgia. 

Giocando con elementi aggettanti in stucco, su lastre d’ardesia murate nelle pareti, De Ferrari proiettava angeli e santi nello spazio tridimensionale, rompendo definitivamente i confini  tra realtà e illusione, come nel grande Barocco romano



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La Circoncisione di Gesù
Un capolavoro di Rubens a Genova

L'Altare della Natività di Tomaso Orsolino
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