Josef Hoffmann, architetto e designer

"Arte totale" nella Vienna Jugendstil

A inizio Novecento, Vienna vive un’epoca movimentata di grandi cambiamenti grazie a un folto numero di artisti pionieri di un Modernismo che spazzerà via, di lì a poco, l’ecclettismo storicista imperante nell’architettura e nella produzione manifatturiera

A Vienna, cuore pulsante del grande impero asburgico, protagonista indiscusso di questa svolta è Josef Hoffmann (1870-1956), architetto e designer che dal 1897 fu tra i fondatori della Secessione viennese con Gustav Klimt (1962-1918).
La parabola creativa di Hoffmann si sviluppa tra gli ultimi anni dell’Ottocento e l’inizio della prima Grande Guerra, un momento importante nel quale l’architetto partecipa in piena sintonia con il radicale rinnovamento del gusto Modernista che investe l’Europa.

Josef Hoffmann, Sala espositiva per la XVIII Mostra collettiva della Secessione viennese; sullo sfondo, “Pallade Atena” di Gustav Klimt, Vienna, 1903

Hoffmann nasce nella Repubblica Ceca in un’epoca nella quale la rivoluzione industriale mostra tutte le peggiori conseguenze sociali della nuova urbanizzazione: carenza di alloggi nelle città affollate da nuova manodopera, lavoro minorile, povertà diffusa e inquinamento ambientale.
Il giovane diventava architetto nel 1892 presso l’Accademia delle Arti Applicate di Vienna. Qui, Hoffmann scopre le contemporanee teorie degli inglesi John Ruskin (1819-1900) e William Morris (1834-1896), quest’ultimo, fondatore del movimento delle “Arts and Crafts” che voleva riaffermare un artigianato di qualità artistica diffuso in tutti gli ambiti della vita quotidiana, dall’arredo di casa all’oggetto di uso comune, fino all’abbigliamento (Gli esordi di Gustav Klimt). 
Questi movimenti di rinnovamento del gusto, che nascono tra Otto e Novecento investendo anche Vienna, sono una risposta alle vetrine di anticaglie offerte dalle Esposizioni Universali (Ludovico Quaroni: origini dell’Architettura Moderna) invase da una marea di oggetti prodotti da un’industria non ancora in grado di concepire la funzionalità quale fattore intimamente legato alla forma. 

Nel vecchio stile occidentale, l’arredamento era visto come un ornamento che doveva esibire il benessere economico del proprietario e il valore dell'oggetto era direttamente proporzionale alla quantità di tempo necessaria per produrlo    

Hoffmann e i suoi amici secessionisti erano convinti che l’arte potesse "guarire" l’anima umana, una visione condivisa con il suo anziano insegnante d’Accademia, l’eminente architetto viennese Otto Wagner (1841-1918), futuro padre del funzionalismo che caratterizza l’Architettura Moderna (Otto Wagner, il profeta dello spazio urbano). 
Queste concezioni avevano origine nella teoria di “opera d’arte totale” (Gesamtkunstwerk), un termine ottocentesco portato in auge dal compositore e saggista tedesco Richard Wagner, per sollecitare un’esperienza estetica dove tutti i sensi concorrevano a un sentire profondo e armonioso. 
Otto Wagner e poi Hoffmann, che iniziò a lavorare nello studio viennese del maestro nel 1895, ritenevano che il ruolo dell’architetto andasse ben oltre l’arte di costruire edifici, perché il progettare era frutto di una visione d’insieme proiettata al futuro. 

Per entrambi, l’architetto doveva essere anche designer, capace di occuparsi della “totalità” e dnque, degli elementi più piccoli, fino ai minimi dettagli costruttivi

Il disegno geometrico astratto, intrecciato a delicate curve di motivi floreali, tipico dell’architettura e del design di arredo di Hoffmann, deve molto anche a un coetaneo architetto di Glasgow scoperto a Londra durante un viaggio nel 1900: Charles Rennie Mackintosh (1868-1928). Attratto dai suoi disegni e creazioni ispirate all’arte giapponese, Hoffmann invitò Mackintosh a Vienna, nel 1900, per esporre alcuni complementi d'arredo a una mostra della Secessione. Hoffmann, che si occupava degli allestimenti delle periodiche esposizioni secessioniste, aveva già elaborato le idee di Mackintosh nell’allestimento del 1902 (Klimt, la Secessione e il Fregio di Beethoven) realizzato nella nuova Palazzina di Joseph Maria Olbrich (Un moderno Palazzo per la Secessione viennese). 
Anche certi disegni di Hoffmann, caratterizzati da decorazioni floreali semplici di forme astratte devono molto alle tipiche creazioni di Mackintosh.

Josef Hoffmann, Scatola di carta assorbente, Wiener Werkstätte, 1905 

Su queste premesse, Hoffmann e l’amico secessionista, il pittore Koloman Moser (1868-1918), fondano nel 1903 la “Wiener Werkstätte”, un laboratorio artistico finanziato dall’industriale Fritz Wärndorfer, che aveva come scopo principale quello di portare nella vita quotidiana oggetti di grande valore estetico e artistico, come nelle inglesi “Arts and Crafts”. In contrapposizione al modello produttivo industriale in serie, anche la “Werkstätte” diventa officina specializzata in un design di qualità realizzato in stretto contatto con il progettista che seguiva l’intero iter produttivo, dove la macchina facilita, ma non determina lo stile. 

WW, logo della “Wiener Werkstätte”, diventa sinonimo di qualità ed eleganza 

Hoffmann può essere considerato il precursore dell’odierno concetto di "corporate design", vista la sua dedizione all’idea di “opera d’arte totale”. I fondatori della “Werkstätte”, attiva fino al 1932, consideravano il design come sintesi di arte e artigianato, ossia di una manualità specializzata nella creazione di oggetti come mobili, carte da parati, porcellane, vetro, gioielli, moda e tanto altro. Oggetti semplici, pratici e allo stesso tempo raffinati ed eleganti perché prodotti da mani esperte, si andavano così a contrapporre a quelli di un mercato industriale che ancora traeva forme da un gusto sorpassato e di ispirazione storicista. 

Meglio lavorare dieci giorni su un solo prodotto che produrre dieci prodotti in un giorno”, era il motto delle Werkstätte di Hoffmann

Gli artisti figurativi della Secessione viennese, assieme ad architetti come Hoffmann, Olbrich e tanti altri, hanno dato un forte contributo all’avvento del Modernismo
I trent’anni di attività della “Wiener Werkstätte” furono tuttavia segnati da continui problemi economici, fino a sfociare nella chiusura definitiva a causa del generale impoverimento della borghesia viennese, principale acquirente di questi oggetti. 


Josef Hoffmann E Kolo Moser, Carta da imballaggio, Wiener Werkstätte, 1905

Merito della “Werkstätte” fu quello di superare la diffusione degli ornamenti Art Nouveau a favore della funzionalità di forme semplici e sobrie. 
Hoffmann riveste un’importanza basilare in questo lento processo. Fin dall'età di ventinove anni, per quasi quaranta, insegnerà nella Scuola di Arti Applicate di Vienna dove formerà e promuoverà, oltre agli artisti-artigiani delle “Werkstätte”, molte figure di moderni designer, tra i quali le donne la cui presenza in queste scuole all'epoca era tutt'altro che scontata.

Josef Hoffmann, Il sanatorio di Purkersdorf, fronte, 1904-05 

Tra gli edifici di Hoffmann, oltre a una serie di case e ville per l'alta borghesia industriale che lo avviavano ad una brillante carriera di architetto e progettista, spicca il "Sanatorio di Purkersdorf" (1904-’05) e “Palazzo Stoclet” a Bruxelles (1905-1911), opere dove esterno ed interno sono definiti nei minimi dettagli, funzionali ed estetici. 

Josef Hoffmann, Sala da Ping-Pong, Sanatorio di Purkersdorf, 1904-‘05

Il "Sanatorio di Purkersdorf" è un chiaro esempio di “opera d’arte totale”. Costruito tra il 1904 e il ’05, in una zona boscosa ai margini di Vienna, per l'industriale Victor Zuckerkandl, il sanatorio per malattie psichiatriche è integralmente progettato da Hoffmann con il contributo della "Wiener Werkstätte".
L'adozione del calcestruzzo armato, solo per travi e solai, consente all’architetto una distribuzione spaziale complessa ed articolata, con murature disposte in maniera indipendente ai vari piani, finestre disassate per garantire maggiore stabilità ed isolamento termo-acustico, balconi per degenti al secondo piano per assicurare aria pura e stanze di dimensioni differenziate a seconda delle necessità. 

Il rivestimento dell’edificio gioca un ruolo importante per l'architettura viennese a cavallo del Novecento

Sulla strada indicata da Gottfried Semper (1803-1879), gli architetti della cerchia di Otto Wagner, tra cui Hoffmann, sperimentano nuove forme espressive accogliendo l'interpretazione semperiana della parete come “cortina tessile” (Otto Wagner, il profeta dello spazio urbano). Memore di ciò, Hoffmann rinuncia ad ogni riferimento materico e propone le pareti del Sanatorio completamente lisce, solo intonacate di bianco senza alcun rivestimento lapideo, né materiale strutturale a vista. 

Lo spazio interno viene articolato in molteplici vani dove le “travi a vista” variano a seconda dell'ambiente e concorrono alla qualificazione architettonica

L’orditura delle travi, dunque, diventa un elemento morfologico fondamentale delle sale; i disegni geometrici intrecciati sui soffitti, quadrati e rettangoli, vengono ripresi nelle finestre così come negli arredi e le pavimentazioni.
Accanto agli ambienti tecnici dei gabinetti medici, l’architetto predispone sale da soggiorno, lettura, gioco (Ping-pong e Biliardo), concerti e luoghi più appartati per scrivere la corrispondenza. Hoffmann progetta tutti gli accessori, fino agli utensili da cucina e alle posate utilizzate dagli ospiti del Sanatorio.

Josef Hoffmann, Set di posate, Wiener Werkstätte, 1905

Questa capacità di spaziare in campi diversi, dall’architettura alle Arti applicate, è propria di Hoffmann e degli architetti secessionisti viennesi di questo incredibile periodo.
Nella sua autobiografia, Hoffmann descrive l’edificio come “privo di alcuna pretesa artistica e stilistico-decorativa”, un immobile dove l’architetto si sente “assoggettato a una stretta necessità, cioè a esigenze medico-igieniche”.
In questo progetto l’apporto dell’amico, pittore e designer Moser è fondamentale. Il “Sanatorio di Purkersdorf” viene pensato quando la società della “Wiener Werkstätte” era già stata fondata ed era operativa. Dunque, tutti gli arredi e gli accessori, tranne alcune sedie, vengono prodotti e forniti dalla “Werkstätte” stessa, tanto che a volte diventa difficile separare l’opera di Hoffmann da quella di Moser.

Josef Hoffman, Palazzo Stoclet, 1905-’11, Bruxelles

Il progetto più famoso di Hoffmann è "Palazzo Stoclet", costruito nei sobborghi di Bruxelles, a partire dal 1905, per Adolphe Stoclet, banchiere e collezionista d'arte. Hoffmann non ebbe alcuna limitazione nei costi, perché l'intenzione dei committenti, i coniugi Stoclet, era quella di possedere un palazzo suburbano esclusivo per esporre rare collezioni d'arte e dare ricevimenti culturali speciali.


Josef Hoffman, Palazzo Stoclet, fronte giardino, 1905-’11, Bruxelles

Gli ambienti interni sono disposti secondo un principio di libera aggregazione funzionale esibita dall'inedita articolazione esterna. Gli elementi esterni di rilievo, disposti in modo da ottenere un equilibrio dinamico, sono il portico e la torre, sormontata da quattro statue e decorata alla tipica maniera secessionista, fonte d'ispirazione per analoghe soluzioni Art Déco nei grattacieli americani. 
Le superfici esterne sono rivestite di sottili lastre di pietra e gli spigoli sono sottolineati da listelli in bronzo lievemente decorati. 


Josef Hoffman, Sala da pranzo, Palazzo Stoclet, 1905-’11, Bruxelles

Notevole l'allestimento e la decorazione degli interni, fra i quali si impongono il Vestibolo a doppia altezza e l'oblunga Sala da pranzo incrostata di marmi, con un pavimento segnato in lunghezza da due larghe fasce a motivo optical scaccato da cui sorgono, dietro il severo scuro basamento continuo di un mobilio di servizio, le opposte pareti decorate a mosaico da Gustav Klimt. 

Gustav Klimt, Dettaglio della decorazione nella Sala da pranzo, Palazzo Stoclet, 1905-’11, Bruxelles

Qui, il vecchio maestro della Secessione viennese decora le pareti con un ipnotico motivo a girali della fitta ramificazione dorata di un “Albero della vita”: nella trama musiva di intensa vibrazione dorata, fra il bizantino e il giapponese, appare la rigida figura eretta di una donna, “L'Attesa”. Di fronte, sull'altra parete lunga, nell'omologa forma snella e ieratica, l'abbraccio di una coppia: la “Beatitudine”.

Oggi una parte degli oggetti delle “Wiener Werkstätte” e dei progetti di Hoffmann sono visibili al MAK di Vienna (Luoghi e collezioni della Secessione Viennese)
Nel corso degli anni diversi sono i progetti di Hoffman sono stati rieditati grazie a importanti aziende di design, rispettando il disegno originale. Il servizio di posate “Rundes Modell” (1906) furono riprodotte da Alessi nel 2000, mentre il divano e la poltrona “Kubus” sono stati rieditati dalla storica azienda austriaca Wittman.

FOTO DI COPERTINA
Josef Hoffmann E Kolo Moser, Carta da imballaggio, Wiener Werkstätte, 1905