Luoghi e collezioni della Secessione Viennese

Passepartout, 2007

Tratto da Passepartout (L’apocalisse allegra dell’Europa di mezzo, 2007), in questo estratto Philippe Daverio visita alcuni luoghi particolari che a Vienna detengono capolavori d’arte e oggetti originali di proto-design prodotti nella Vienna fin de siècle.
Prima tappa, il regno del primo design nato tra Otto e Novecento, il “Museo di Arti Applicate” della città (oggi MAK), fondato nel 1863 dall’imperatore Francesco Giuseppe I come “Museo Imperiale e Reale Austriaco per l’Arte e l’Industria”.
L’imponente edificio della Ringstrasse conserva una pregevole collezione d'arte e artigianato artistico, unica nel suo genere, in buona parte proveniente dalla “Wiener Werkstätte” (1903-1932), come un capolavoro Jugendstil di Gustav Klimt (Il "Gruppo Klimt" e le Arti applicate): il modello realizzato per il fregio di “Palazzo Stoclet”, rivestito di lamine in oro (Josef Hoffmann, architetto e designer). 
Ma non è tutto. Qui, infatti sono conservati esemplari tardo ottocenteschi, come la prima “Sedia n. 14” (1859) di Michael Thonet la cui particolare curvatura del legno massello, che consentiva forme sinuose ed eleganti, veniva realizzata tramite la tecnica semi-meccanizzata a vapore. Questa lavorazione messa a punto da Thonet assume una certa rilevanza durante il passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale: la sedia Thonet, infatti, puntava sulla riduzione del numero di pezzi e del tempo necessario al montaggio. 

Obiettivo primario del circolo artistico “Wiener Werkstätte” era quello di introdurre nella vita quotidiana oggetti di elevato valore estetico ed artistico

I progetti pionieristici della fucina fondata nel 1903 dall’architetto Josef Hoffmann (1870-1956), con Klimt e Koloman Moser (1868-1918) lasciano un’impronta indelebile negli sviluppi futuri del design austriaco e tedesco. La “Wiener” diventa nota per l'altissima qualità e originalità di oggetti in legno, vetro, porcellana, argento e tessuto. Il laboratorio, nel periodo di maggior successo, disponeva di punti vendita anche a New York, Berlino e Zurigo.

Josef Hoffmann, Coppe e bicchieri della Serie B, 1910, cristallo soffiato decorato con bronzite nera smerigliata

Di Hoffmann, Daverio presenta i servizi di posate in argento martellato, i cestelli in metallo e gli originali vasi in cristallo soffiato, di perfetto stile Jugendstil, prodotti all’esterno della “Wiener”. Il design di Hoffmann, per lo più realizzato in bianco e nero, si caratterizza per la semplicità e l’astrazione geometrica delle tipiche forme quadrettate, un motivo ispirato dal lavoro del designer scozzese Charles Rennie Mackintosh (1868-1928). 
Daverio fa notare come la fortuna di certe forme di decorazione del designer austriaco, membro della “Wiener”, Dagobert Peche (1887-1923), abbiano influito nell’operato di artisti e architetti italiani come Balsamo Stella (1882-1941) e Gio Ponti (1891-1979). 
Interessante il confronto tra la produzione dello scultore e ceramista austriaco, operante nella “Wiener”, Michael Powolny (1871-1954) e la nuova pittura ricca di colore che Klimt applicava nei suoi ritratti e paesaggi dopo gli anni Dieci del Novecento. 
Daverio finisce il suo excursus nella Vienna delle Arti applicate dentro il “Castello del Belvedere”, uno dei capolavori dell'architettura barocca settecentesca progettato da Johann Lucas von Hildebrandt (Vienna. I fasti di un'eredità italiana). Costruito per il principe Eugenio di Savoia, dal 1903 il complesso accolse la “Galleria d'Arte Moderna”, la prima sede pubblica esclusivamente dedicata alle correnti austriache, in particolare la Secessione viennese. Qui trovano posto anche opere di Egon Schiele, Oskar Kokoschka (Klimt e i giovani Schiele e Kokoschka), Vincent van Gogh, Claude Monet e Giovanni Segantini.
Cuore della collezione del Belvedere, ben ventiquattro dipinti di Gustav Klimt tra i quali il famoso "Bacio" (1908-09), dove l’artista si fonde con la sua musa Emilie Flöge in un abbraccio di oro e pittura preziosa (Klimt, Emilie Flöge e le donne). 
Chiude il filmato un grande dipinto Espressionista del viennese Maximilian Oppenheimer (1885-1954), dal titolo “La sinfonia”, dove l’artista raffigura Gustav Mahler mentre dirige la sua “Orchestra Filarmonica di Vienna”.

Il lavoro di Mahler, sia come compositore, sia come direttore d’orchestra, nella sua veste di amico e mentore di giovani musicisti e della musica moderna, lasciò un’impronta indelebile nella percezione dei suoi contemporanei

Portato a compimento tra il 1926 e il 1952, il dipinto fu ispirato dalla prova generale del Quarto Movimento della IV Sinfonia di Mahler, eseguita dai Wiener Philharmoniker, prova a cui Oppenheimer, lui stesso violinista, ebbe modo di assistere uscendone fortemente impressionato.

Oppenheimer, raffigura Mahler al centro della tela mentre dirige, con i suoi inconfondibili occhialini sul naso spigoloso, un’orchestra di musicisti dell’epoca qui fedelmente ritratti

L’opera appartiene alla serie dei dipinti musicali di Oppenheimer, tele nelle quali l’artista riesce a trasferire in modo convincente l'esperienza sensoriale, memore di quell’”arte totale” che aveva inaugurato la stagione secessionista.
Certi dettagli, come il modo in cui i violinisti posizionano le mani sulle corde dello strumento per eseguire un pizzicato, denotano la conoscenza musicale profonda del pittore che, anche in questo caso, rende udibile la dimensione sonora.
Nel 1938, dopo l’invasione della Germania di Hitler, Oppenheimer fu costretto a lasciare la sua patria per l’esilio a New York dove finirà i suoi giorni.

FOTO DI COPERTINA
Josef Hoffmann, Coppe e bicchieri della Serie B, 1910, cristallo soffiato decorato con bronzite nera smerigliata