Canaletto e la Veduta: il genio di un maestro

Passepartout, 2005

Tratto da Passepartout (Campagna e città nell'operoso nord-est, 2005), in questo estratto Philippe Daverio visita la mostra “Canaletto. Il trionfo della veduta” (Palazzo Giustiniani, Roma 2005), mettendo in risalto alcune peculiarità del noto pittore veneziano. 
Nel giovanile viaggio a Roma, Canaletto (1697-1768) conosceva la pittura dell’olandese Caspar van Wittel (1653-1736), oggi considerato il padre della Veduta settecentesca e per questo, già molto ricercato dal patriziato romano dell’epoca (Il grande Canaletto).  


Gaspar van Wittel, Veduta della Basilica di San Pietro a Roma, con Castel Sant'Angelo e il Ponte degli Angeli sul Tevere, Museo delle Belle Arti, Rouen, Francia

Per van Wittel il Tevere costituì una vera attrazione, una scoperta continua delle sue sponde e della luce che l’artista rappresentava esprimendo grande fascino per la Città eterna
Per le Vedute, Wittel usava la Camera ottica mettendo appunto un sistema per conferire alle sue tele una proporzione panoramica. L’esaltazione della grandezza del paesaggio era la chiave iniziale per poi procedere alla rifinitura con il trasferimento del disegno sulla tela in studio.

L’opera di van Wittel è legata soprattutto all’inizio del fenomeno del Grand Tour, quando lo stesso non aveva ancora raggiunto l’apice del successo

Arrivato in Italia nel 1674, van Wittel inizia fare Vedute dal 1680 circa, molto presto rispetto agli artisti italiani. Il suo anticipare i tempi è inscindibile dalle sue origini: l’Olanda, paese di Spinoza, delle scienze e delle ricerche avanzate nel campo dell’ottica, aveva una ricca tradizione di “pittura di genere” (Vermeer, la luce, gli interni e la sua Delft).

La capacità di unire la tipica veduta lenticolare olandese con il senso di misura della pittura italiana fu una commistione riuscita che precede con largo anticipo le idee illuministe

Partendo da un dato oggettivo e reale, la Camera ottica offriva a van Wittel l’opportunità di scegliere fra le vedute possibili. Ma l’assenza di un uso scientifico della prospettiva da parte del pittore equivaleva ad annullare qualsiasi gerarchia fra gli elementi compositivi: la veduta finale, quindi, risultava libera da qualsiasi rigidità prospettica e diventava astrazione.
Probabilmente, Canaletto a Roma vide le opere di van Wittel e anche se tra i due non c’è una vera e propria dipendenza stilistica, di sicuro spicca una affinità estetica ed una esplicita analogia di metodo.

Canaletto, Il ponte di Rialto a Venezia, olio su tela, 119x154cm, Museo del Louvre, Parigi

Per catturare efficacemente le sue splendide Vedute di Canal Grande o di Piazza San Marco, anche Canaletto utilizzava la Camera ottica, uno strumento oramai in voga tra i pittori del Settecento.
La Camera ottica era una scatola di diverse dimensioni, Canaletto ne usava una portatile molto agile per sopraluoghi esterni. Come un moderno fotografo percorreva i calli, i campielli e i canali di Venezia, alla ricerca di vedute suggestive, scegliendo con sicurezza le giuste prospettive. Con il suo strumento riporta i dettagli e le linee di forza dei paesaggi veneziani, annotando anche a margine i toni, i colori, le luci e le suggestioni che poi doveva ricordare nell'esecuzione della sua opera in studio. Nel suo atelier, infatti, Canaletto ripassa e disegna sui fogli del quaderno gli appunti presi "en plein air", completandoli con il ricordo e la sua grande esperienza.
Disegnando in successione diverse inquadrature contigue ed accostando ciascun disegno al precedente, otteneva una panoramica. I disegni testimoniano il modo in cui Canaletto pensava e realizzava i suoi dipinti di ampia veduta. 
Ma c’è qualcosa di più. Il suo metodo ci informa anche sulla sua capacità di trasformare lo schema del disegno che traeva origine da uno strumento meccanico, in un nuovo oggetto che nelle mani di pittore diviene altro. 

Le sue tele diventavano un “ricordo”, la cartolina di una sensazione di immersione profonda nel paesaggio. Il pittore rappresentava il "suo vero" quello che stava nella sua testa e nel suo cuore

All'inizio della sua carriera, Canaletto aveva realizzato i suoi primi lavori interamente all'aperto, cosa che riprendeva solo nell'ultimo periodo di attività. 
L’uso della Camera ottica si nota nelle figurine poste a una certa distanza che venivano realizzati con macchie di colore, un effetto causato dalla Camera che sfocava gli oggetti distanti. I suoi quadri, noti e riconosciuti per l'accuratezza con la quale venivano eseguiti, documentano con precisione l’ambiente urbano di cui l’artista ripropone magistralmente edifici, oggetti e figure, non trascurando tutte le sfumature del mutevole rapporto fra la luce e l’architettura. 


Canaletto, Il Molo dalla Piazzetta verso punta della Dogana, con la Chiesa della Salute, 1740-45, olio su tela, 57,7×93,5cm., Wallace Collection, Londra

“Il Molo dalla Piazzetta verso punta della Dogana” mostra in primo piano, a destra la Colonna di San Teodoro, dietro la quale, la Libreria sansoviniana; a sinistra, sullo sfondo, la Chiesa di Santa Maria della Salute di Baldassare Longhena. 
Canaletto si servì  della Camera ottica per realizzare quest’opera. La costruzione prospettica del dipinto è infatti rigorosa: tutte le linee principali del quadro convergono verso un solo punto, posto sulla linea d’orizzonte e quasi al centro della composizione.
Anche le figure che animano il molo sono ordinate in modo da rendere tangibile l’andamento prospettico e perfino la disposizione del selciato, riprodotto con obbiettiva esattezza, rende evidente la profondità spaziale

Canaletto è stato capace di mettere a fuoco ogni dettaglio con impressionante lucidità: nulla è trascurato o trattato come elemento accessorio

Centinaia di particolari e ogni piccola porzione di tela è di per sé un "quadro nel quadro". Per Canaletto, infatti, le architetture non costituivano dei semplici fondali decorativi ma erano i veri soggetti dell’opera. Rispetto ad esse, le figure umane, i barcaioli, i gondolieri, i mercanti, le donne, i bambini che giocano hanno proporzioni ridottissime. Eppure, sono anch’essi studiati con cura meticolosa, sia nell’atteggiamento, sia nelle vesti. 

Il dipinto di Canaletto può dunque essere letto nel suo complesso, con un colpo d’occhio, oppure analizzato, soffermandosi sui dettagli più minuti 

Una qualità che rende le sue opere ancora più apprezzabili agli occhi dei suoi ammiratori. Infatti, il pubblico settecentesco amava la capacità dell’artista di rendere assolutamente credibile la scena rappresentata: lo spettatore, affacciato ad una finestra, guarda curioso la gente che chiacchiera, le coppie e i gruppetti, o che vende la propria mercanzia, o è impegnata nelle proprie faccende. Dopo un primo sguardo sulla superficie della tela, appare anche il cagnolino che vagabonda scodinzolante per il molo. E sono proprio queste macchiette bianche e nere, così apparentemente insignificanti, così prive di ambizione, a racchiudere tutta la misteriosa magia dei suoi dipinti.

FOTO DI COPERTINA 
Canaletto, Il Molo dalla Piazzetta verso punta della Dogana, con la Chiesa della Salute, 1740-45, olio su tela, 57,7×93,5cm., Wallace Collection, Londra