I segreti di William Turner

Misteri del grande paesaggista romantico

Grande paesaggista romantico, interprete di un “Sublime” immenso e potente, Turner è stato l’anticipatore degli Impressionisti

Ma sul genio inglese di Joseph Mallord William Turner (1775-1851), non è ancora stato detto tutto. Da ultimi studi ed analisi di opere si è scoperto che l’artista  è stato anche un profeta dell’arte. Qui, nel documentario “Il codice segreto di Turner”, storici dell’arte ed esperti della sua opera, dopo anni di ricerche approfondite, hanno proposto nuove interpretazioni dell’artista su scoperte inedite e sorprendenti. Dai titoli criptici delle sue tele, agli elementi anamorfici e antropomorfici che Turner amalgama in dense pennellate, questo affascinante viaggio oltre le apparenze della pittura svela codici nascosti e misteriosi, allusioni alla realtà politica e sociale del tempo che il pittore ottocentesco avrebbe disseminato nella sua opera. 

Per capire profondamente la grande rivoluzione di Turner tra Sette e Ottocento, non si può che partire da due categorie estetiche, il “Sublime” e il “Pittoresco”, concetti teorizzati in Inghilterra che il paesaggio del Romanticismo esaltò fino all'estremo 

Turner si forma in un contesto culturale che, già nel Settecento, sviluppa una particolare predisposizione alla natura in Vedute ben lontane dal “paesaggio classico” di tradizione italiana (Italia. Il paese del Sublime tra Sette e Ottocento). Grazie all’Illuminismo, in Inghilterra l’approccio scientifico al naturale si diffonde presso un'aristocrazia proprietaria di grandi tenute, campi, boschi, laghi e colline descritte e documentate da agrimensori e da giovani pittori come Turner. 
Se per la cultura classica il “bello ideale” è rappresentato dalla regolarità e dalla perfezione, con il “Sublime” la natura si esprime sull’uomo nella sua potenza e immensità grandiosa, come qualcosa che stordisce i sensi e incute terrore, paura del vuoto, dell’oscurità, dell’eternità e della solitudine. 
Nel “Pittoresco”, invece, la bellezza è da ricercarsi nella diversità del naturale, nel suo continuo cambiamento capace di suscitare sensazioni improvvise, inaspettate e piacevoli: ne è esempio il modello del “Giardino inglese”, un paesaggio libero di esprimersi nella sua spontaneità, privo di forzature “ideali” quali reticoli ordinati di aiuole, siepi e punti prospettici di ampliamento visivo. 

Ma chi era William Turner? Dalle poche notizie sull’artista emerge una giovinezza travagliata e una maturità consacrata solo alla pittura 

Turner, nasce a Londra nel quartiere di Covent Garden nel 1775. La madre, a seguito della precoce morte della figlia minore inizia a dare segni di squilibrio mentale, per cui viene ricoverata in manicomio dove muore nel 1804. Per proteggere il figlio di soli dieci anni il padre, di professione barbiere, allontanava il piccolo William da casa per mandarlo a vivere presso uno zio materno a Brentford, piccola cittadina ad ovest di Londra. A dodici anni, Turner mostra precoci doti artistiche per cui il padre lo iscrive a una scuola di disegno: il suo primo acquerello, tecnica che approfondirà tutta la vita, data 1787 e viene esposto nella vetrina del negozio paterno.
Turner ha pochissimi amici, sarà il padre la persona che frequenta di più: con lui vivrà trent’anni e quando nel 1829 il vecchio genitore moriva, per il pittore fu un colpo durissimo che gli procurò depressione. Turner non si sposò mai, solo dopo la morte del genitore si avvicinò a una donna che divenne la sua compagna.

Turner ha avuto fama di personaggio schivo, eccentrico e scontroso, ma una cosa è certa, è nato povero ed è morto ricco

A soli quattordici anni, nel 1789 durante la Rivoluzione francese, l’artista entra alla “Royal Academy of Arts” di Londra e l'anno seguente è ammesso alla prestigiosa Accademia di Sir Joshua Reynolds (1723–1792), pittore di corte fondatore e Presidente della stessa istituzione reale. Reynolds gli insegnava non tanto a copiare gli antichi pittori del passato, ma a capirne e tradurne il sentimento in equivalenti pittorici.
In questi anni di formazione Turner studia prospettiva e pittura sotto la guida di Thomas Malton (1748–1804), acquarellista specializzato in soggetti architettonici e topografici: i suoi primi dipinti riflettono proprio questo gusto per l'architettura, l’amore per il calcolo e la geometria.
La precoce scoperta dei paesaggi del grande pittore seicentesco Claude Lorrain, infine, stimola il suo innato interesse per i valori luminosi e atmosferici delle sue Vedute (Francesca Cappelletti a #Maestri. La pittura di paesaggio del Seicento).


Scena costiera di pescatori che tirano una barca a riva, William Turner, olio su tela, 1803 circa, Kenwood House, Collezione Iveagh Beque, Londra

La biografia di Turner è costellata di viaggi per lavoro e studio. In gioventù, percorre in lungo e in largo l’Inghilterra, visita i paesaggi del Somerset e dello Wiltshire riempendo centinaia di taccuini con schizzi ad acquerelli che poi rielaborerà in studio. Arriverà anche in Scozia, mentre in Galles sarà impiegato come disegnatore topografo nell'isola di Wight. 
La “Scena costiera con pescatori che tirano una barca a riva” rappresenta un soggetto ricorrente del primo periodo Romantico del giovane Turner ancora alla ricerca di motivi pittoreschi; con questa tematica, infatti, l’artista voleva combinare in un’unica rappresentazione la forza della natura e l’attività umana. 

Nella lunga serie di viaggi che avrebbe condotto sistematicamente ogni anno, nel 1802 Turner attraversa la Manica per arrivare a Parigi

Qui, visita il Louvre, vede Lorrain, Tiziano, Correggio, Domenichino, Rubens, Watteau, Rembrandt e Ruisdael, ma non può mancare l’atelier neoclassico dell’attualità, quello di Jacques-Louis David (1748–1825), protagonista indiscusso della “Pittura di storia”. Era questo, infatti, il solo genere artistico, seguito dal Ritratto, con il quale gli artisti dell’epoca dovevano confrontarsi per essere considerati tali. Turner era molto ambizioso e in tutti i modi, per tutta la vita, si confrontò con questo genere nelle innumerevoli esposizioni annuali della Royal Academy a cui partecipava regolarmente. Dal 1790, quando presentava per la prima volta un suo acquarello, fino al 1851, anno di morte, l’artista mancò solo cinque occasioni, perché in viaggio. 
Per esporre nella prestigiosa Accademia Reale, inoltre, dal 1796, Turner adottava la tecnica dell’olio che avrebbe favorito il confronto con le opere dei colleghi: quell’anno, presentava “Pescatori in mare”, riscuotendo un discreto successo.

Turner cercò di affrancarsi nel suo rango di semplice paesaggista per diventare importante come David: ci riuscì dominando la scena per cinquant’anni, ma soprattutto, elevando il “Paesaggio” sullo stesso piano della “Pittura di storia”

Dopo Parigi, Turner approda in Svizzera e qui è attratto dal silenzio monumentale delle Alpi. In “Bufera di neve: Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi” (1812), presentato alla Royal Academy nel 1812, Turner è memore del “Napoleone al passo del Gran San Bernardo”, opera ammirata nello studio di David. 

Bufera di neve: Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi, William Turner, 1812, olio su tela, 145X236,5 cm., Tate Britain, Londra

Sedotto dal mito di Napoleone, come molti artisti di ogni fede politica dell'epoca, Turner fa un parallelismo con l’eroe cartaginese colto da una bufera di neve che diventa il soggetto preponderanza del dipinto. L’iconografia è rivoluzionaria: un tema “storico” viene ibridato con quello “paesistico”. In primo piano, di soldati brulicanti relegati in basso della tela e in balia della forza tiranna degli elementi naturali rappresentano la piccolezza dell'uomo e la sua sostanziale impotenza Sublime nei confronti dell'immensità della natura.

Nella sua vastissima produzione, oltre alle tele realizzate ad olio, spiccano gli acquerelli per i quali Turner divenne uno dei più grandi maestri già in vita 

Il “pittore della luce”, come era chiamato, affrancò la tecnica dell’olio grazie alla maestria raggiunta con l’acquarello; negli anni, questo tipo di pittura, fino ad allora relegata allo schizzo veloce e “non finito”, acquistò presso il pubblico una sua autonomia e valore economico. 
Il primo viaggio in Italia, nel 1819, segna già un primo importante cambiamento nelle opere di Turner. Le dominanti verdi e brune della sua tavolozza vengono abbandonate a vantaggio di quelle rosse, gialle, ruggine e dorate. Ancora una volta, la luce mediterranea produce i suoi effetti accendendo le tele del pittore di un inedito calore, cosa già avvenuta nelle opere degli artisti nordici che soggiornavano in Italia tra Sette e Ottocento (Paesaggisti del nord Europa d'après nature). 
Turner visitò Venezia, Roma e Napoli. L’incontro con il Bel Paese segnò l’immaginazione dell’artista che per i suoi collezionisti dipinse spettacolari e maestose vedute di Roma, dalle quali traspare l’emozione di fronte alle bellezze della Città eterna

Roma vista dal Vaticano, William Turner, 1820, olio su tela, 177x355,5 cm., Tate Britain, Londra

In “Roma vista dal Vaticano”, paesaggio di fantasia, Turner supera l’impostazione classica del paesaggio di Lorrain e inscena un’originale visione ellittica del Colonnato di San Pietro accentuata dalle architetture del Bernini. Il quadro, ancora in bilico tra Storia e Paesaggio, mostra un esplicito omaggio al suo amato Raffaello a trecento anni dalla morte; qui, il sommo urbinate sta dipingendo vicino alla sua Fornarina ritratta nella “Madonna della seggiola” (1514), tela appoggiata a terra. 

Incendio del parlamento inglese, William Turner, 1835, olio su tela, 92,5x123cm., Museum of Art di Cleveland, Stati Uniti

Le opere mature degli anni Trenta sono caratterizzate da un'ampia varietà cromatica e da una suggestiva tecnica di stesura del colore maturata dall’esperienza dell’acquarello. L'immaginazione di Turner stimolata da naufragi, catastrofi naturali, fenomeni atmosferici, con la Sublime veduta di ”Incendio del parlamento inglese” restituisce giochi di luce interessanti scaturiti dai riflessi di acqua, cielo e fuoco. 
Turner assistette di persona al fatto che distrusse il parlamento nella notte tra il 16 e il 17 ottobre del 1834 immortalando il disastro in una serie di schizzi ad acquerello. Lo spazio ellittico della composizione è dominato dal vorticoso turbine di fiamme che rende impercettibili le forme e illimitati i confini spaziali.

Emancipato dal Pittoresco giovanile, ora Turner elabora in studio una pittura a vortici rotanti e mulinelli, adatta ad esprimere e a far percepire la velocità della vita moderna inglese, della sua industria nel suo primo secolo di storia

Turner riesce a cogliere l'attimo in cui un soffio di vento sposta la fiamma verso sinistra, lasciando intravedere le torri biancheggianti dell'Abbazia di Westminster. Nonostante la grande fiamma sia la protagonista assoluta del dipinto, l'artista non tralascia le figure umane risolte in due quinte di spettatori: una assiepata vicino alla riva del Tamigi, l'altra a cavalcioni della balaustra del Ponte di Waterloo

Turner inizia a svincolare il colore dalla forma che sembra quasi sciogliersi e sparire. Forma e spazio vengono definiti da colori puri e non più mischiati 

Nella ricerca dell’effetto di massima luminosità, dagli anni Trenta dell’Ottocento, l’artista sperimentava i contrasti fra i “colori caldi” del fuoco e quelli “freddi” di fumi, aria e acqua, approfondendo l’argomento nel saggio di Goethe “Teoria dei colori” (1810). Per Goethe, mentre i primi suggerivano sensazioni positive, i secondi restituivano alla tela drammaticità e negatività. 

Pur avendo trascorso tre diversi soggiorni piuttosto brevi a Venezia, Turner stabilì un legame molto stretto con la città e i suoi pittori, ma soprattutto, indagò quell’incontro unico di materia fatto di terra e mare 

Nella mentalità inglese dell’epoca, la percezione di un paesaggio moderno come Londra, non poteva reggere il confronto con quello italiano, tanto meno con Venezia. Tuttavia, malgrado le molte Vedute di Londra e Venezia degli anni maturi di Turner obbediscono in parte allo stesso stile, le seconde costavano di più. 


San Giorgio Maggiore dalla Dogana, William Turner, 1819, 22x28cm., acquerello, Tate Britain, Londra

Nel primo soggiorno del 1819, aveva studiato dal vero le tele di Canaletto assorbendone alcuni principi, ma la permanenza in città fu abbastanza sbrigativa. Tornato nel 1833, per circa una settimana, documentava Venezia e approfondiva lo studio sul colore in taccuini; solo nel 1840 si era fermato quasi due settimane e infatti la produzione di opere fu maggiore. 
Se Canaletto esercitò un’influenza sull’idea turneriana di Venezia, non meno importanti furono le fonti letterarie, in particolare, le opere di Shakespeare ambientate nella Serenissima (Il mercante di Venezia e Otello) e le poesie e i drammi in versi di Lord Byron. Di quest’ultimo, la parte conclusiva di “Il pellegrinaggio del giovane Aroldo” (1818), intensificò la passione di Turner per la storia e il paesaggio dell’Italia e in particolare di Venezia. La fama di Turner, negli anni Venti dell’Ottocento, era fondata principalmente su paesaggi di rovine pittoresche, affini a quell’evocazione di Byron di una Venezia ancora bella, malgrado “i suoi palazzi stiano crollando sulle sponde”.

La Dogana e Santa Maria della Salute, Venezia, William Turner, 1843, olio su tela, 62x93cm., National Gallery of Art, Washington

Nel suo ultimo soggiorno a Venezia, Turner usava la stanza dell’Hotel Europa come studio, un alloggio vicino all’imbocco del Canal Grande dalle cui finestre guardava il Campanile di San Marco e la Chiesa della Salute. Vedute eccezionali, che l’artista non manca di annotare nei molti taccuini, studi che rivelano non tanto il fascino di monumenti e piazzette, ma del profilo di una città riflessa nelle acque circostanti. 

Turner sarà il primo fra tutti i pittori, ad usare il bianco originale della tela come base, senza nessun trattamento preliminare

Questa nuova tecnica maturata proprio negli acquarelli di Venezia diverrà un suo marchio di fabbrica, il motivo per cui raffinati collezionisti e mecenati contemporanei pagavano somme importanti per avere una sua veduta veneziana. Tuttavia, i suoi primi stimatori, quelli che conoscevano il Turner degli anni Venti, pur incantati dal “gioco leggiadro e fantastico di colori”, sconcertati dalla difficoltà di distinguere le forme del quadro declinavano l’acquisto.

La sperimentazione continua attuata da Turner, tuttavia, fu la causa principale del deterioramento delle sue tele, cosa che avvenne quando era ancora in vita e di cui se ne accorsero i committenti 

La lunga carriera di Turner, si intreccia all’ascesa del nuovo collezionismo europeo ottocentesco; non avvenne solo un cambio di un gusto, ma cambiò radicalmente il tessuto sociale ed economico della realtà artistica.
In Inghilterra, dopo il 1815, per l’effetto disastroso delle guerre napoleoniche si vengono a formare libere associazioni di collezionisti e artisti a difesa della qualità di un mercato invaso di opere false; le “Art Unions”, inoltre, per aiutare gli artisti in difficoltà indicevano delle lotterie dove i vincitori ricevevano in premio opere contemporanee. 
Se dal 1796, quando Turner iniziava ad esporre, i suoi mecenati erano principalmente i nobili dell’aristocrazia inglese, assieme ai proprietari terrieri della ricca borghesia fondiaria, dopo il 1830 diventava preponderante la figura del nuovo mercante d’arte, per lo più industriali e intellettuali dell’epoca. Turner, che viveva questa realtà, dopo il secondo viaggio in Italia (1829-30), muta radicalmente lo stile anche per captare nuovi acquirenti. I suoi collezionisti, inoltre, spesso si scambiavano le opere e così i quadri passavano di mano in mano e a volte, ritornavano da Turner che li rimetteva nel mercato alzando il prezzo iniziale, come nel caso della collezione del gallerista Sir John Leicester riacquistata dall’artista dopo la morte del proprietario.
Con la maturità Turner diventa famoso; il giovane scrittore, pittore, poeta e critico d'arte inglese John Ruskin (1819–1900), incontrava l’artista nel 1840 e nel 1843, dava alle stampe “Pittori moderni”, incoronando il vecchio romantico a caposcuola del paesaggio moderno.

È proprio per quell’effetto di abbozzo, di quadro “non finito” che la pittura di Turner anticipa l’Impressionismo di quasi trent’anni 

Turner rimase un positivista e da anglosassone non espresse mai alcun giudizio negativo sulla sua patria; seppur considerata dalle nuove forze sociali utopiste la super potenza economica d’Europa che aveva oscurato i cieli con vapori e carbone, il pittore dedicava un’opera emblematica al mito del progresso nato in una Londra grigia e piovosa. 

Pioggia, vapore e velocità, William Turner, 1844, olio su tela, 91x121,8 cm., National Gallery, Londra

In “Pioggia, vapore e velocità”, Turner omaggia l’ingegnere Isambard Kingdom Brunel che, nel 1843, aveva varato il primo treno inglese della Great Western Railway
Una sola macchia rossa inquadra il muso della locomotiva, mentre forme indistinte si dissolvono nella luce grigia e nell’atmosfera pulviscolosa evocando il movimento dinamico dell’azione, qui rafforzata dal taglio diagonale del ponte che conferisce alla scena un’angolazione obliqua. 

La potenza della locomotiva si scontra con quella della tempesta che tuttavia, non ferma il nuovo “cavallo di ferro” lanciato veloce contro le forze naturali e verso lo spettatore

Sulla destra, la presenza della lepre, icona della velocità, è inseguita da due predatori, ancora un’analogia con il treno e la tempesta. 
Dalla superficie vibrante dell’opera emergono da una parte una piccola imbarcazione con delle persone a bordo e dall’altra, alcune che salutano, perché all’epoca, assistere al passaggio del treno era un’occasione di festa.

Il contrasto cromatico crea giochi di luce emblematici: ampie zone di bianco e giallo luminoso da una parte e un grigio-azzurro intenso dall’altra: la natura e l’industria si incontrano e quest’ultima, macchiata di rosso vivo, ribadisce la sua energia 

Per Turner, infine, poter viaggiare a bordo di una macchina che si muove su binari rappresenta un’occasione unica per celebrare la nuova epoca attraverso il suo artefatto più iconico, il treno.

Turner moriva nella sua casa e per volontà testamentaria veniva sepolto nella “Cattedrale di Saint Paul”, accanto a Joshua Reynolds 

La sua ultima esposizione all’Accademia Reale era avvenuta come tutti gli anni regolarmente nel 1851. Dal 1786, mancò solo in cinque occasioni.
Turner lasciò anche una piccola fortuna, tele e acquarelli che, nelle sue intenzioni, dovevano aiutare gli artisti “in disgrazia”, ma andò tutto alla Royal Academy of Arts e allo Stato britannico che non adempirono minimamente alle volontà del pittore. 
Turner voleva fosse costruita una sua Galleria dedicata, ma dopo la sua morte, il parlamento inglese promulgò una legge che permetteva la libera circolazione dei suoi dipinti verso musei stranieri. Iniziò così un processo di dispersione delle opere di Turner e solo nel 1910, ciò che rimaneva del suo lascito fu ospitato alla Tate Gallery che oggi possiede il lascito più grande dell’artista. 
Nel 1984, la Tate istituiva il Turner Prize, un premio di arte contemporanea annuale e nel 1987, apriva una nuova ala del museo per ospitare finalmente le opere del grande paesaggista moderno.

FOTO DI COPERTINA
Dettaglio di Pioggia, vapore e velocità, William Turner, 1844, olio su tela, 91X121,8 cm., National Gallery, Londra