Ideale classico e paesaggio nel Seicento italiano

Una mostra a Bologna del 1962

Per la quinta Biennale d'Arte del 1962, l'Archiginnasio di Bologna ospitava una mostra che diverrà pietra miliare per gli studi sulla tradizione artistica del “paesaggio classico”, un genere nato a Roma grazie all’incontro di pennelli bolognesi e francesi: si tratta di “L'Ideale classico del Seicento in Italia e la pittura di paesaggio”. 
Per l’occasione, la rubrica culturale della Rai, Arti e Scienze, dedica questo breve e prezioso filmato curato dal giovane filosofo e scrittore Emilio Garroni (1925-2005) che, nell’introdurre “Capolavori del Seicento a Bologna”, si sofferma sul frenetico allestimento dell’architetto e pittore Leone Pancaldi (1915-1995). In quegli anni, infatti, Pancaldi iniziava una prolifica collaborazione con il curatore della mostra Cesare Gnudi (1910-1981), distinguendosi per la singolare capacità di allestire sia eventi estemporanei d’arte antica, sia interi musei, suoi futuri campi d’intervento.

Nel servizio, Garroni restituisce il clima culturale attorno cui ruotava “L'Ideale classico”, con brevi e mirate interviste rivolte ai suoi artefici e promotori, nomi importanti per gli studi storico artistici di area bolognese

A partire da Gnudi, all’epoca docente di storia dell’arte e Soprintendente alle Arti di Bologna, qui Garroni intervista anche una serie di esperti e studiosi importanti, ognuno specializzato in un momento o un artista particolare presente in mostra: il critico Francesco Arcangeli (1915–1974), il collezionista inglese Sir Denis Mahon (1910-2011), l’allora direttore del Museo del Louvre Germain Bazin (1901-1990). Affianco al professore Gnudi, coinvolti nella grande mostra furono anche Gian Carlo Cavalli (1915-2010), Carlo Volpe (1926-1984) e Andrea Emiliani (1931-2019). 
La mostra del 1962, si poneva come naturale prosecuzione di altre esposizioni importanti della Biennale d’Arte dedicate alla riscoperta della pittura bolognese: quella su Guido Reni (1954) curata da Gnudi, quella sui tre Carracci (1956) da Mahon, e quella sui “Pittori del Seicento emiliano” (1959), affidata ad Arcangeli. Il recupero critico della componente classica e del suo ruolo nell'arte moderna del paesaggio sfociava nella mostra in questione e approdava, qualche anno dopo, nella monografica dedicata a Guercino (1968), il cui catalogo di opere fu oggetto approfondito da parte di Mahon.

Annibale Carracci, Fuga in Egitto, 1603 ca., olio su tela, Galleria Doria Pamphilj, Roma

L’esemplare esposizione iniziava il suo percorso dalle opere mature di Annibale Carracci (1560-1609), l’artista bolognese che riportava nel paesaggio della campagna romana il sentimento poetico dell’Antico, secondo la strada indicata da Raffaello nella sua ultima stagione di vita (Annibale Carracci: Natura e Ideale). 
Il Carracci, presente a Roma dal 1595, nella lunetta eseguita per la cappella di Palazzo Aldobrandini, restituiva una composizione solenne e armoniosa tra paesaggio e figure, una sintesi allora sconosciuta ai fiamminghi presenti a Roma.

Il paesaggio naturale, osservato “en plein air”, veniva poi filtrato e rielaborato secondo un concetto di “bellezza ideale”, identificata nei parametri classici di ordine, equilibrio e sintesi formale

La lezione di Annibale, assorbita dagli allievi Domenichino(Domenichino: il sentimento "naturale" del classico), Francesco Albani e Guido Reni (Guido Reni e la scuola dei Carracci a Roma) tornava in paesaggi esaltati da tutta la verità della luce, dei colori e degli effetti atmosferici. Esiti modernissimi subito colti ed ampliati dal francese Claude Gellée (1600-1682), noto come Claude Lorrain, in scene di struggente nostalgia evocanti il trascorrere incessante del tempo, delle ore del giorno e delle stagioni.
Come lui, residente quasi tutta la vita nella città Eterna, anche Nicolas Poussin (1594-1665), massimo esponente del paesaggio classico, capace di conferire al genere la stessa dignità della “pittura di storia”. I paesaggi di Poussin, qui approfonditi dalle conoscenze di Mahon, trascendono il dato naturale per diventare idea, immagine della ragione, oggetto di solenne contemplazione e trasposizione in termini filosofici della vita interiore dell’uomo.

È molto importante vedere le opere di Poussin vicino ai quadri dei pittori italiani sui quali il francese si è affermato
Germain Bazin

Con queste parole, Germain Bazin (1901-1990), allora direttore del museo del Louvre, qui intervistato, sottolineava non solo l’importanza dell’artista francese, ma anche quella della grande tradizione classicista che nel Seicento, in Italia e soprattutto a Roma, convive e si fonda con l’arte Barocca. 
Nel cortile dell’Archiginnasio di Bologna, infine, Garroni intervista Mahon e Arcangeli. Quasi d’obbligo una domanda su Poussin rivolta al collezionista inglese, mentre Arcangeli, qui parla del cognato dell’artista francese, Gaspard Dughet (1615–1675), del quale ha curato la sezione in mostra. 
Per Mahon non ci sarebbe stato Poussin senza il contatto con l’arte classica dei bolognesi a Roma, mentre per Arcangeli, anche competente di contemporaneo, il classicismo apparentemente freddo del pittore francese, afferma, avrà terreno fertile nell’Ottocento con Camille Corot e Paul Cézanne. 

L'Ideale Classico del Seicento in Italia e la pittura di Paesaggio
Palazzo dell'Archiginnasio, Bologna, 
8 settembre - 11 novembre 1962


Catalogo della mostra: AA. VV. L'ideale classico del Seicento in Italia e la pittura di paesaggio. Edizioni Alfa, Bologna, 1962

APPROFONDIMENTO
I Caravaggio di Sir Denis Mahon
Annibale Carracci e Palazzo Farnese a Roma

FOTO DI COPERTINA
Da sinistra, Emilio Garroni, Denis Mahon e Francesco Arcangeli, Archiginnasio, Bologna 1962