Klimt e l'arte italiana: fra tradizione e modernità

Klimt e l'arte italiana: fra tradizione e modernità

Una mostra del 2022

Klimt e l'arte italiana: fra tradizione e modernità

Tra Otto e Novecento, per gli artisti austriaci l’arte italiana era al tempo stesso un aspetto imprescindibile della formazione e un fardello che rallentava il cammino verso la modernità

Nata dalla collaborazione fra il Belvedere di Vienna, la Klimt Foundation, la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e co-prodotta da Arthemisia, Klimt. La Secessione e l'Italia è una mostra curata da Franz Smola, Sandra Tretter e Maria Vittoria Marini Clarelli qui intervistata. Allestita presso il Museo di Roma a Palazzo Braschi, l’esposizione ripercorreva le tappe dell’intera parabola artistica di Gustav Klimt (1862-1918), sottolineando il ruolo di cofondatore della Secessione viennese e, per la prima volta, indagava sul suo rapporto con l’Italia, i suoi viaggi e i suoi successi espositivi.
Quando, nel 1879, Klimt fondò con il fratello Ernst (1864-1892) e con Franz von Matsch (1861-1942) la Künstler-Compagnie, a Vienna dominava ancora lo storicismo e, fra gli stili del passato cui si ispiravano l’architettura e la decorazione interna degli edifici che sorgevano lungo la Ringstrasse, spiccava il Rinascimento italiano, che fu infatti per i tre giovani artisti un riferimento essenziale.

La protesta della Secessione, fondata nel 1897 con il motto “A ogni tempo la sua arte, all’arte la sua libertà”, segnò l’abbandono di questi modelli, ma non per questo Klimt smise di interessarsi all’Italia

I viaggi del 1899 e del 1903 furono infatti le occasioni per scoprire, fra Venezia e Ravenna, un’altra arte, quella dei mosaici paleocristiani e medievali, dei vetri murrini e degli smalti bizantini. 

Al chiaro di luna, attraversiamo le pianure intorno al delta del Po. Ravenna, vera meta del viaggio, è raggiunta. Per Klimt è un momento decisivo: i mosaici rutilanti d’oro delle chiese ravennati suscitano in lui un’impressione incredibile e decisiva. Da allora in poi, il fasto e una certa rigida opulenza entrano nella sua arte ricca di sensibilità
Maximilian Lenz

Oltre a essere il Paese che Klimt visitò più spesso, l’Italia è stata per lui anche una meta espositiva di primaria importanza. Partecipò infatti due volte alla Biennale di Venezia, nel 1899 nella sala austriaca e nel 1910 con una straordinaria mostra personale, ventidue dipinti scelti dall'artista per offrire una sintesi dei suoi ultimi dieci anni di attività. 
All’Esposizione Internazionale di Roma del 1911 fu l’indiscusso protagonista del padiglione austriaco progettato da Josef Hoffmann (1870-1956) dove espose tra gli otto dipinti Il Bacio (1907-1908) e nel 1914 inviò un’opera alla II edizione della Secessione romana.

Le recensioni e i resoconti prevalentemente positivi apparsi sui giornali dell’epoca, e non ultimo, l’acquisto di due importanti opere da parte degli enti culturali pubblici italiani, indicano che nessun altro Paese al di fuori dell’Austria comprendeva l’arte del maestro viennese come l’Italia

Klimt esercitò in questo contesto artistico un influsso diretto: pittori come Felice Casorati, Vittorio Zecchin (Vittorio Zecchin e la Secessione a Venezia), Galileo Chini, recependo la portata innovativa del linguaggio klimtiano molto più dei pittori viennesi del loro tempo, sono stati i più fedeli interpreti della sua "pittura a mosaico", ma alle sue composizioni si è ispirato anche uno scultore come Giovanni Prini.  
Il decorativismo acceso, l'elegante stilizzazione della nuova arte generarono, tuttavia, non soltanto consensi ma anche resistenze e critiche alle forme della modernità proposte dall'artista viennese. La ragione principale la esponeva il direttore della Galleria Internazionale di Ca’ Pesaro

L’arte di Klimt è antipatica al nostro tempo perché l’oltrepassa e prepara il tempo di domani
Nino Barbantini

Da segnalare tra le voci più autorevoli dell'epoca, il giudizio espresso dal critico letterario e d'arte Emilio Cecchi: 

Klimt è figlio di una tradizione artistica che si esprime tutta nella più squisita decorazione che oggimai si produca in Europa: ma pretende esaltare questa tradizione, esasperarla a significati trascendenti. E rappresenta, veramente, l’ornamentale che vuole innalzarsi a potenza, il tessuto che tenta di diventar quadro, la materiale analisi paziente che tenta di rifondersi in sintesi di sublimismo fumoso

Klimt e gli artisti della sua cerchia sono rappresentati in mostra da oltre duecento opere tra dipinti, disegni, manifesti d’epoca e sculture, prestati eccezionalmente da musei che custodiscono l’eredità artistica klimtiana, assieme a collezioni pubbliche e private. 
Quattordici sezioni scandiscono il percorso espositivo, tra le quali focus specifici sui primi viaggi a Roma, sul design nel contesto della Secessione viennese, sul genere paesaggistico e, in particolare, sulla figura femminile. 

Il lavoro di Klimt è, infatti, indissolubilmente legato alla sua speciale maestria nella ritrattistica

Dai primi anni del 1890, l'artista esegue sempre più commissioni di ritratti per i circoli della classe borghese, distinguendosi per l’esecuzione realistica tecnicamente brillante e dettagliata. Nel "periodo aureo" dei primissimi anni del Novecento poi, sedotto dalla visione dei mosaici bizantini crea opere iconiche come Giuditta I (1901), in cui Klimt fa per la prima volta un uso massiccio della foglia d’oro combinata con la pittura a olio, secondo un procedimento molto complesso.
Nella ritrattistica i mezzi creativi di Klimt mutano rapidamente: la produzione segnata dalla "visione musiva" rappresentata da capolavori come Le tre età della donna (1905) e Adele Block-Bauer I (1907) veri e propri mosaici dipinti, si chiude verso il 1909. Nei dipinti successivi, la distinzione fra il trattamento “musivo” dei corpi, delle vesti e del fondo si attenua, fino al magma che caratterizza La Morte e la Vita (1910-‘11)  e, tra le opere in mostra, La sposa (1917-'18 ), ultimo e incompiuto dipinto che per la prima volta lascia la Klimt Foundation.
Tra i capolavori concessi in prestito anche Amiche I (o Le Sorelle,1907), Signora in bianco (1917-'18), Amalie Zuckerkandl (1917-'18) e Ritratto di Signora (1916-'17), trafugato dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza nel 1997 e recuperato nel 2019 (Flavio Caroli e i misteri di “Ritratto di signora”).

Aldilà della maestria di Klimt in questo genere, il ritratto femminile era molto popolare all'epoca

Numerosi membri della Secessione viennese, come Otto Friedrich, Friedrich König, Max Kurzweil o Josef Maria Auchentaller, ne sono un eccellente esempio con i loro ritratti estremamente attraenti delle signore viennesi. Contribuiscono al racconto di questo periodo artistico anche dipinti e sculture del Museo Belvedere, firmati da artisti della Secessione quali Josef Hoffmann, Koloman Moser, Carl Moll, Johann Victor Krämer, Wilhelm List, Franz von Matsch e molti altri (Luoghi e collezioni della Secessione Viennese). 

Al Museo di Roma, inoltre, rivivono anche i tre celebri dipinti conosciuti come Quadri delle Facoltà (La Medicina, La Giurisprudenza e La Filosofia), allegorie realizzate da Klimt tra il 1899 e il 1907 per il soffitto dell’Aula Magna dell’Università di Vienna e rifiutate da quest’ultima perché ritenute scandalose (Gli esordi di Gustav Klimt). Andate perdute nel 1945 durante un incendio scoppiato al castello di Immendorf in Austria, queste opere in cui l'autore iniziava a rinunciare completamente all'illusionismo spaziale, sono state ricostruite digitalmente da un gruppo di lavoro coordinato dal Belvedere nell’ambito del progetto su Klimt di Google Arts & Culture, partendo da alcune immagini fotografiche in bianco e nero e ricorrendo al machine learning e all’intelligenza artificiale.
In mostra anche la ricostruzione a grandezza naturale del sensazionale dipinto murale ideato da Klimt per la XIV Mostra della Secessione viennese del 1902: un fregio lungo più di 34 metri, esteso per un’altezza di circa due metri su tre pareti, dove l'artista sviluppava un complesso programma di immagini che può essere visto come un’interpretazione visiva della Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven. Conservato e non demolito come i murali di altri artisti, il fregio negli anni Settanta viene venduto alla Repubblica d'Austria e trova la sua definitiva dimora nei sotterranei del Palazzo della Secessione viennese, dove è tuttora conservato (Klimt la Secessione e il Fregio di Bethoven). 

MOSTRA
Klimt. La Secessione e l'Italia. Museo di Roma, Palazzo Braschi, 2021-2022

FOTO DI COPERTINA
Gustav Klimt, La Poesia (dettaglio), Fregio di Beethoven, 1902, Palazzo della Secessione, Vienna