Giovan Battista Gaulli e la Chiesa del Gesù

Il tempio Barocco dei Gesuiti

All'età di trent'anni anni, il mistico spagnolo Ignazio di Loyola (1491–1556) era un "Cavaliere" della Corte Reale di Spagna, una carica elargita per i successi, la fama e gli onori conferiti in battaglia. Ma qualcosa di inaspettato, scosse profondamente la sua vita.

Durante l’assedio di Pamplona, una palla di cannone lo ferì gravemente ad una gamba. Loyola subì due atroci operazioni e durante la lunga convalescenza decise di percorrere la via dello spirito

Nel 1534, con alcuni compagni, Loyola fondava a Parigi la "Societas Iesu", compagnia di religiosi nata per portare la preghiera in Terra Santa. Il proposito iniziale, venne presto ridefinito da Paolo III Farnese (1534-1549) che affidava alla "Compagnia di Gesù", nuovi compiti concepiti su un programma più ampio, volto alla conciliazione di cattolici e protestanti.


Sant'Ignazio di Loyola, Fondazione e Propagazione della Compagnia di Gesù, stampa

L'ordine impartito, di fatto, generava la sola e totale supremazia della chiesa romana, per tanto, i Gesuiti ebbero un ruolo di primo piano negli anni del Concilio di Trento (1545-1563), una funzione strategica che favori la crescita dell’ordine, in numero e potere, anche dopo la morte di Ignazio.

Nel vasto programma di riconquista spirituale attuato dalla Controriforma, il messaggio divino veicolato dall'artista prevedeva, sia la revisione delle strutture chiesastiche, sia  alcune norme "di decoro" per le immagini sacre 

Infatti, la scelta di una chiesa a pianta longitudinale, ossia con un ampio transetto (a T, pianta latina), e non centrale (a +, pianta greca), offriva la possibilità di contenere un numero più alto di fedeli. Questa tipologia, diffusissima dalla fine Cinquecento in poi, soprattutto in epoca Barocca, favorirà il decoro di muri, volte e cupole, con grandi cicli di affreschi concepiti su precisi programmi iconografici, per narrare, meravigliare, sedurre e catturare il fedele.
Ma non è tutto. Per mano di dotti gesuiti come Carlo Borromeo (1538–1584), o cardinali vicini all'ordine come Gabriele Paleotti (1522-1597), la Controriforma, dava indicazioni agli artisti che, dai frescanti ai pittori di pale, dovevano riscoprire un racconto più "decoroso", ed astenersi dal produrre immagini virtuosistiche, come succedeva allora con il dominante Manierismo. 
Su questa strada, nella riscoperta di un sentimento più "vero", e di un linguaggio semplice e chiaro, diretto ad ampie platee, nasceva a fine Cinquecento la scuola bolognese dei Carracci  (Esordio di Ludovico, Annibale e Agostino Carracci), fra i quali la figura di Annibale (1560-1609), sarà centrale nel portare a Roma i primi segnali del Barocco (Annibale Carracci e Palazzo Farnese a Roma).

I lavori per la costruzione della Chiesa Madre della "Compagnia di Gesù", a Roma, iniziarono nel 1568, dodici anni dopo la morte del suo fondatore

I primi progetti, furono affidati da Loyola, nel 1554, all'architetto fiorentino Giovanni Lippi (?-1568), noto come Nanni di Baccio Bigio. Prima di decidere il disegno definitivo, tuttavia, fu chiesto un parere anche a Michelangelo (1475-1564), ma i tempi non erano maturi, necessitava infatti  l'intervento del cardinale Alessandro Farnese (1545-1592), nipote di Paolo III (1534-1549). Questi, costituì un fondo per innalzare l'edificio, consacrato il 25 novembre 1584.
Alla posa della prima pietra, nel 1568, il cardinale Farnese aveva affidato progetti e costruzione ad un architetto manierista di gran fama ed eleganza, Jacopo Vignola (1507–1573). Vignola, predispose una grande navata con un pulpito laterale, per facilitare la predicazione e un altare centrale per la celebrazione dell’eucaristia, tutto secondo prescrizioni del Concilio di Trento. 
L'architetto lavorò alla Chiesa del Gesù fino alla morte, poi gli successe un collega, questa volta anche scultore; e infatti, Giacomo Della Porta (1532–1602), movimentò il disegno degli ordini in facciata del Vignola, per conferire maggior chiaro-scuro. Infine, eresse la cupola e ultimò i lavori nel 1680.

Già nel 1674, iniziano gli affreschi della volta, uno dei capolavori della pittura monumentale romana del tardo Barocco, ultimata in cinque anni

La quasi totale decorazione della chiesa, voluta dal Cardinale genovese Francesco Negrone, fu realizzata da un singolare artista, anche lui natio della "Superba", Giovan Battista Gaulli (1639–1709), detto il Baciccio, diminutivo del nome nella lingua del posto. L'artista, affrescava anche il catino dell’abside, il transetto, la cupola centrale, inserita in quattro formidabili pennacchi, e la Cappella di Sant'Ignazio


Giovan Battista Gaulli, Trionfo del Nome di Gesù, 1674-'79, Chiesa del Gesù, Roma

L'enorme affresco della volta centrale, appare ulteriormente ornato da una esuberante decorazione a stucco, con figure femminili e putti attorno alle finestre, a formare un fregio continuo e a stabilire una stretta continuità tra pittura e scultura. 
Nella titanica e costosa impresa, Gaulli poteva permettersi la collaborazione di artisti all’altezza del compito, decoratori eccelsi quali Antonio Raggi (1624–1686) e Leonardo Reti (notizie 1666-1687), che realizzarono il complesso apparato di figure e decori in stucco, disegnati dall'artista genovese.

Per il programma iconografico, ossia il messaggio figurato del ciclo, Gaulli collaborò con un generale dell’Ordine gesuita, il genovese Giovanni Paolo Oliva, legato da amicizia a Gian Lorenzo Bernini, pure lui coinvolto nell’ideazione dell’opera 

Punto di partenza del programma, la grande volta con il "Trionfo del Nome di Gesù". Al centro, un cerchio luminoso reca il monogramma "IHS", ossia, "Gesù" in greco antico: l'iscrizione emerge nella luce abbagliante che inonda una schiera di angioletti, mentre i raggi toccano i Santi e i Beati issati nel vortice di nubi vaporose. 
A sinistra, i Re Magi adorarono per primi il Nome di Gesù; a destra, esponenti della famiglia Farnese portano un modellino della Chiesa, essendo stato il cardinale Alessandro a promuovere la costruzione dell’edificio. 
Al centro, la Chiesa allontana nell’ombra i Vizi e i dannati, spingendo gli "Angeli ribelli" oltre la cornice dorata e quindi fin sulla decorazione a stucco della volta. 

La “cosmica drammaticità”, di questi corpi in caduta libera sui fedeli, viene rafforzato dal contrasto coloristico del chiarore divino, contro i toni bruni, rossi e azzurri delle figure

Nelle rientranze delle finestre, le statue in stucco, appaiono timorosamente rivolte alla scena dipinta, con la funzione di accostare il regno dello spirito a quello della materia, oltre che a rappresentare, ognuna, le regioni del mondo raggiunte dai missionari gesuiti. 
Straordinario, i bozzetti preparatori dell’affresco (Galleria Spada, e Collezione Privata, Roma) che mostrano, distintamente, le parti affrescate comprese delle ombre dipinte, prodotte dagli stucchi.
Qui, la concezione illusionistica che fonde architettura, colore e massa plastica, sposa quel “bel composto” che Bernini (1598-1680) realizzava, poco prima, nella Cappella Cornaro (La Cappella Cornaro di Bernini). 
Nel catino absidale, Gaulli affresca la "Gloria dell’Agnello Mistico" e nella cupola, "La Gloria del Paradiso", mentre nei pennacchi, sono raffigurati i quattro Evangelisti del Nuovo Testamento. Gli episodi della vita di Sant’Ignazio e di San Francesco Saverio, trovano spazio nei transetti.
Gaulli intervenne anche in uno dei gioielli della chiesa, la Cappella di Sant’Ignazio con le spoglie del Santo, dove affresca la cupola. Alla progettazione e decorazione della Cappella, si susseguirono della Porta, Pietro da Cortona (1597-1669), e soprattutto Andrea Pozzo (1696-1700), pittore gesuita e frescante del tardo barocco (Andrea Pozzo e la Chiesa di Sant'Ignazio) che, fra il 1695 e il 1699, condusse un cantiere di oltre cento maestranze, chiamate ad orchestrare la sovrabbondante messa in opera di oro, lapislazzuli, alabastro, marmo, onice, ametista e cristallo.
Le spoglie del Santo, furono poste in un'urna di bronzo dorato cesellata da Alessandro Algardi (1595-1654), situata sotto il grande altare di marmi scuri e oro, con ai lati, quattro gruppi scultorei forgiati da artisti di diverse provenienze. I francesi, Pierre Le Gros il Giovane (1666-1719; La Religione trionfa sull'Eresia), e Jean-Baptiste Théodon (1645–1713; Il trionfo della Fede sull'Idolatria), il genovese Angelo De Rossi (1671–1715; Approvazione della Compagnia del Gesù) e il romano Bernardino Cametti (1669–1736; La canonizzazione di Ignazio).
Sopra l’altare una grande tela, dello stesso Pozzo (Sant'Ignazio riceve da Cristo il vessillo con il trigramma ”IHS”), vincitore nel 1695, del pubblico concorso per ridisegnare l’altare. 
La tela, in realtà, è un sipario, che copre la nicchia con la statua di Sant’Ignazio. 

Ogni giorno, nel tardo pomeriggio, la grande tela scende, con un complesso sistema di bilancieri, fino a scomparire del tutto e mostrare ai fedeli, in un incavo appositamente progettato da Pozzo, la grande statua dorata del Santo 

La Cappella di Sant'Ignazio, restituisce una delle pochissime "macchine barocche" ancora oggi funzionati, a riprova che tutto l’altare, diventa quel “teatro” di sapore berniniano nel quale viene rappresentato l’itinerario di santità di Ignazio.
Nella Chiesa del Gesù, Gaulli supera tutte le aspettative dei Gesuiti ed entra, a pieno titolo, nella grande tradizione decorativa di volte di chiese e palazzi nobiliari romani, iniziata nel Cinquecento da Michelangelo e Raffaello e culminata nel Seicento con i  Carracci e Pietro da Cortona (Cortona a Roma: i toscani nell'Urbe).

FOTO DI COPERTINA
Giovan Battista Gaulli,  dettaglio della Volta della Chiesa del Gesù, Roma

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