Klimt e i giovani Schiele e Kokoschka

Passepartout, 2007

Gustav Klimt, Egon Schiele e Oskar Kokoschka, la triade più rappresentativa dell’età d’oro viennese, è stata capace di scuotere l’arte europea oltre ogni convenzione di stile, forma e contenuto

Tratto da Passepartout (L’apocalisse allegra dell’Europa di mezzo, 2007), in questo estratto Philippe Daverio presenta la mostra “Schiele, Klimt, Kokoschka e gli amici viennesi”, allestita al Mart di Rovereto (2006-2007) e curata da esperti della materia quali, Tobias Natter, Tomas Sharman e Thomas Trummer.
L’esposizione è stata un’occasione importante per approfondire il percorso pittorico di tre grandi artisti austriaci la cui opera si pone in un contesto culturale ricchissimo di innovazioni letterarie, filosofiche, scientifiche e artistiche, appunto, come si presentava la Vienna fin de siècle.  
Con Gustav Klimt (1862-1918), a capo di una folla di artisti, spiccano le due giovani promesse del tempo, Egon Schiele (1890-1918) e Oskar Kokoschka (1886-1980), suoi seguaci promossi dal Maestro con una mostra nel 1908. 
Mentre in gioventù Klimt affida ai simboli dell’antichità greco-latina il nascente fermento del Modernismo viennese (Gli esordi di Gustav Klimt), questa nuova generazione di artisti rifiuta fin da subito le convenzioni accademiche istituite dai "padri" per sondare le sofferenze umane dell’inconscio, oggetto di studio del dottor Sigmund Freud (1856-1939) operativo nella Vienna del tempo (Freud e le oscure architetture viennesi).

Anche Klimt pare allinearsi alle teorie di Freud, anche lui innesca scandali nel mondo puritano e borghese, ma i drammi profondi di un’umanità ignara e diretta verso il baratro è celata sotto le sue superfici auree e variopinte

Capofila della Secessione dal 1897, nel manifesto d’esordio del gruppo Klimt raffigurava la “rivolta contro i padri” attingendo alla figura del prode Teseo, eroe mitologico che sconfisse il feroce Minotauro sotto l’occhio protettore di “Pallade Atena”. L’anno dopo, per il primo numero della rivista d’arte secessionista “Ver Sacrum” (“Primavera Sacra”), l’artista identificava l’icona del suo movimento nella “Nuda Veritas”. 


Gustav Klimt, Nuda Veritas, 1899, olio su tela, 252x56,2 cm., Österreichisches Theatermuseum, Vienna

Una nuda fanciulla filiforme, con i lunghi capelli cadenti su piccoli seni e due fiori sboccianti tra i piedi, volge uno specchio allo sguardo dello spettatore per invitarlo a guardare il suo “vero” volto. Emblemi di rivolta e affrancamento, Teseo libera la gioventù ateniese da un sanguinoso tributo, mentre “Nuda Veritas”, preposta alla “Sacra Primavera”, invita con il suo “specchio dell’anima”, a un inedito viaggio interiore da cui nascerà l’uomo moderno: un “Narciso” in balia di un mondo alla deriva, oramai senza centro. 
All’alba del Novecento, il sofisticato Klimt lasciava gli accademici di stucco davanti alle tre tele realizzate per il soffitto dell'Aula Magna dell’Università viennese ubicata nella prestigiosa Ringstrasse. Commissionate nel 1893, il violento scandalo esplodeva e si perpetuava via via che il pittore presentava i suoi eccentrici lavori: la “Filosofia”, la “Medicina” e la “Giurisprudenza” (Gli esordi di Gustav Klimt). 

Allo specchio della “Nuda Veritas”, Klimt guarda le proprie ossessioni: la Filosofia non rassicura, la Medicina non risana, la Giurisprudenza non risplende 

Nelle sue allegorie il regno cosmico del caos ha il sopravvento sul trionfo della luce. Istinti, angosce, insicurezze, incubi di sesso e di morte, donne sinuose e serpentine, chiomate, snelle, esibite, invitanti, “femmes fatales”, che accendono il desiderio dell’uomo e lo riducono alla paralisi ipnotica. Ne è esempio la “Giuditta” (1901) proposta in due versioni, la seconda di qualche anno dopo, più scura e impenetrabile (Klimt, Emilie Flöge e le donne). 
Bocciate con sdegno dai parrucconi dell'ateneo, Klimt restituiva il denaro alla committenza e acquistava per sé le tre tele. Nel 1945, furono distrutte dalle fiamme.

Tutto questo preannunciava un uragano artistico che, di lì a poco, sommergeva lo stesso Klimt e il suo felice rapporto con la committenza imperiale 

Le tre opere segnano il destino dell’artista e la sua fuga consolatoria nell’aureo sogno dei mosaici di Bisanzio. È il 1903, e dopo il viaggio a Ravenna, Klimt presenta lo straordinario “Fregio di Beethoven” alla “XIV Mostra della Secessione”. Misterioso e dorato, dionisiaco ed apollineo, erotico ed estetico, questi fantasmagorici pannelli mostrano il dolore dell’artista moderno rifugiato nel guscio rasserenante dell’arte (Klimt la Secessione e il Fregio di Beethoven).
In questi anni, Klimt anela all’”opera d’arte totale” e con alcuni colleghi fonda la “Wiener Werkstatte”, una fucina di artigianato artistico per la produzione di oggetti d’uso quotidiano di gusto Modernista. Un marchio di classe per la società colta ed influente, curiosa del nuovo e desiderosa di bellezza: arredi, oggetti, tessuti, vestiti per il bel mondo che aspira a case moderne, come quella degli Stoclet di Bruxelles, committenti di un Palazzo nel quale Klimt esegue il musivo “Albero della vita” (Josef Hoffmann, architetto e designer).


Oskar Kokoschka, 1909

A differenza di Klimt, Oskar Kokoschka cercò ed istigò sempre lo scandalo, compiaciuto di lasciar attoniti i suoi detrattori.
La vita di Oskar Kokoschka non fu facile, principalmente per ragioni economiche di una famiglia che l’artista continuò a sostenere negli anni. Kokoschka frequentò scuole secondarie e scoprendo di eccellere unicamente nel disegno, si specializzava in materia di grafica. Contro la volontà del padre, il giovane fu ammesso all’”Università di Arti applicate” dove, attratto dal nuovo stile di Klimt, inizierà la sua formazione nell'ambito della Secessione viennese, a diretto contatto con il Maestro. Klimt lo presentò al pubblico in occasione della “Kunstschau” del 1908 (Il "Gruppo Klimt" e le Arti applicate). Qui, l'artista si fece notare dalla critica che gli attribuì l'appellativo di “super selvaggio” per le sue opere lontane da ogni ideale di bellezza e grazia, bensì pensate per mettere a nudo gli aspetti più duri e sconcertanti dell'esistenza. 
Mentre Klimt presenta alla “Kunstschau” alcune tele iconiche della sua produzione (“Danae”, “Il bacio”, “La morte e la vita”) e la “Wiener Werkstatte” lancia lo stile Modernista a pilastro di vita, Kokoschka è ancora uno sconosciuto. 


Oskar Kokoschka, Illustrazione pe l'Almanacco della Wiener Werkstatte, 1908

Su ordine della “Wiener”, “il selvaggio” pittore e grafico concepiva un libro importante, un poema illustrato con litografie in quattro colori (I ragazzi sognanti), dedicato a Klimt ed esposto alla “Kunstschau” del 1909. 

Con le litografie e i testi poetici del libro, Kokoschka si era avvicinato al concetto di “opera d’arte totale”

Il soggetto dei “Ragazzi sognanti” era d’amore e trattava la storia tra Kokoschka e la fidanzata Lilith Lang, un rapporto che finiva per il carattere possessivo del pittore. Unico nel suo genere per la commistione di poesie originali ed illustrazioni innovative, il libro fu una novità assoluta nel panorama dell’arte.
Nel 1910, Kokoschka pubblicò un importante pièce teatrale, “Assassino speranza delle donne”, un testo dissonante e allusivo alle turbe psico-sessuali dell’adolescenza. Oggi considerato il primo dramma Espressionista della storia, fin dalla prima messa in scena suscitò scalpore e scandalo. La nuova concezione della sessualità era tratta direttamente dalle teorie della psicoanalisi di Freud.

Kokoschka mette simbolicamente un ordigno nel teatro viennese fin de siècle e manda tutto all’aria. L’Espressionismo entra in scena con irruenza devastatrice 

Lo strafottente giovanotto, che piace molto a Klimt, piace anche al pioniere del Razionalismo architettonico Adolf Loos (1870–1933). Kokoschka diventa il pupillo di Loos che, con Otto Wagner (Otto Wagner, il profeta dello spazio urbano) e Josef Hoffmann (Josef Hoffmann, architetto e designer) era divenuto noto per gli arredi sobri ed essenziali del “Cafè Museum” viennese, sorto di fronte alla Palazzina secesionista di Joseph Maria Olbrich (Un moderno Palazzo per la Secessione viennese). 
Loos, effigiato da Kokoschka nel 1909, caldeggiò amabilmente la pittura del giovane “selvaggio” capace di denudare l’anima umana. L'architetto gli procurò numerosi soggetti per i suoi ritratti e Kokoschka entrò nell’ambiente dell'Avanguardia più radicale, un’ampia platea di scontrosi ed eversivi anti-accademia, come il commediografo Karl Kraus (1874–1936) e il padre della dodecafonia Arnold Schönberg
Viste le doti del giovane, Loos lo incitò a una pittura più “spontanea” e divenne anche suo collezionista scommettendo su tele pressoché invendibili. Per Loos, che aborriva gli ornamenti e promuoveva un’architettura essenziale, Kokoschka non dipingeva la bellezza ma la verità. Il giovane "selvaggio" stava radicalmente radicalmente i concetti chiavi della ritrattistica.


Oskar Kokoschka, Ritratto di Joseph de Montesquiou-Fezensac, olio su tela, 79,5X63,3cm., 1910

Nei suoi ritratti, dove spesso i soggetti non ostentano atteggiamenti garbati e corretti, nulla appare neutrale e “fotografico”; l’artista esalta solo alcuni particolari che rendono l’opera più espressiva, dettagli dove mette su tela il carattere profondo della persona. Con occhio radiografico, Kokoschka guarda dentro i suoi soggetti al pari di uno psichiatra: volti tesi, febbrili e scavati sono resi con colori materici e graffiati che, a tratti, lasciano intravvedere il bianco della tela.
Nel 1910, Kokoschka si trasferiva a Berlino invitato a collaborare con la rivista d'avanguardia “Der Sturm”, per curare il “Ritratto della settimana”: l’artista divenne il primo illustratore del periodico. In Germania iniziò a frequentare i circoli culturali radicali e d'avanguardia, nutrendo particolare ammirazione per Edvard Munch (Art Night. Edvard Munch), per i “Fauves” e per uno dei primi gruppi Espressionisti tedeschi,  “Die Brücke”. Nel 1914, divenne un membro della “Secessione di Berlino”, poi entrò a far parte del “Blaue Reiter”.


Egon Schiele, Autoritratto, 1911

Egon Schiele è il pittore più dannato e sregolato del tempo.
Gustav Klimt, suo amico e mentore, fu certamente il perno dell’evoluzione artistica del giovane. Schiele si era ispirato all’arte del Maestro, ma presto abbandonava le linee ondulate e impreziosite da decorazioni auree e vegetali per approdare ad un realismo più crudo, aspro e duro, soprattutto nei suoi moltissimi autoritratti e nei corpi nudi femminili.
Il giovane Schiele, anche se molto attratto dal carisma di Klimt, era senza dubbio interessato al confronto con la produzione artistica dei suoi contemporanei, gli amici dell’Avanguardia come Kokoschka, Anton Faistauer, Anton Kolig, Carl Moll, Koloman Moser, Max Oppenheimer e Anton Peschka, pittori e decoratori che dalle suggestioni Jugendstil, come lui giunsero a percorrere la strada dell’Espressionismo viennese.
Schiele nasceva quando Klimt era già al lavoro sulla Ringstrasse e come Kokoschka, fu promosso e sostenuto dallo stesso Maestro alla “Kunstschau” del 1909. 

Come Klimt, Schiele era interessato ai corpi, alle nudità e alla sessualità, sia maschile, sia femminile

La vita di Schiele è circondata da un'aura mistica: talento precoce, muore a soli ventotto anni e nonostante la breve vita, il suo corpus di opere è impressionante.
L’infanzia del giovane è presto offuscata dal progredire della malattia mentale del padre e dalla precoce morte, un’esperienza traumatica che segnerà profondamente tutta la sua pittura tetra e malinconica.
Schiele è un iconoclasta per eccellenza, il distruttore della bellezza classica nato sotto il segno di “Eros e Thanatos”, ossia di ”Amore e Morte”, temi spiccatamente freudiani che Klimt aveva espresso nelle sue “Giuditte”. 

Schiele è l’espressionista più tagliente, disperato e visibilmente nevrotico

Con spirito anatomico l’artista ritrae sé stesso e il proprio corpo, la stessa operazione che fa sul femminile, spudoratamente esposto. Lo spazio del foglio o della tela diventa vuoto per evocare il tragico continuo conflitto esistenziale umano.
Schiele era un rivoluzionario, ma aspirava anche alla fama, ai vestiti eleganti e ai patronati influenti. A Vienna, conquistava la protezione dei Lederer, mecenati della Secessione come i Wittgenstein, i Bloch-Bauer, i Primavesi. Il pittore anelava ad essere il "nuovo Klimt" e come il Maestro, si mostrava “sacerdote dell’arte”. Ma lo scandalo lo perseguitava


Egon Schiele, Ragazza inginocchiata che si tira la gonna sulla testa, 1910

Nel 1911, Schiele incontra la modella diciassettenne Wally Neuzil con la quale intreccia una relazione sentimentale. La coppia trascorre lunghi periodi in campagna, nella piccola città boema di Krumau, dove l’artista affronta temi diversi come la città, i bambini e il paesaggio. Risalgono a questo periodo anche una serie di componimenti sul tema della morte, ispirati alle letture di Arthur Rimbaud (Vittorio Giacopini su Arthur Rimbaud).
Presto, Schiele si scontra con gli abitanti del posto che disapprovano fortemente lo stile di vita libertino della coppia. Costretti a lasciare il posto, trovano alloggio in un paesino vicino Vienna, ma anche qui, l’artista viene accusato da un ufficiale della marina di aver sedotto la figlia ancora minorenne. Rinchiuso in prigione per ventiquattro giorni, Schiele annotava nel suo diario:

Devo vivere con i miei escrementi, respirarne l'esalazione velenosa e soffocante. Ho la barba incolta, non posso nemmeno lavarmi a modo. Eppure, sono un essere umano!  anche se carcerato; nessuno ci pensa?
Egon Schiele, Diario dal carcere, 18 aprile 1912

È certo che Schiele aveva solamente mostrato i suoi lavori alla ragazza, fogli di nudi femminili considerati dalle autorità pornografici. I giorni trascorsi in cella costituiscono un'esperienza traumatica e il processo si rivela pieno di rischi.
In cella, il geniale ribelle mette a punto un espressionismo che indaga la psiche con sguardo più disteso, meno autoreferenziale e più umano, come nell’acerba dolcezza di “Donna seduta”. 


Egon Schiele, Donna seduta con un ginocchio piegato, acquerello e matita nera su carta, 46X30 cm., 1917, Národní Galerie, Praga

Nella Vienna del 1918 Kokoschka non c'è più, se ne è andato in Germania e Schiele rimane senza dubbio il più grande, forse il solo quando Klimt viene colto improvvisamente da un ictus e muore. 
Nello stesso anno, il flagello dell’influenza spagnola porta via in tre giorni Egon e la moglie incinta, mentre l’Austria imperiale affonda nella Prima Guerra Mondiale.
La grande stagione della Secessione viennese, come battezzata da Klimt, imbocca il viale del tramonto, mentre Vienna sopravvive instabilmente fino alla diaspora del 1938. 

FOTO DI COPERTINA
Egon Schiele, Autoritratto, 1911